Il parlamento affosserà la candidatura della Svizzera al Consiglio di sicurezza dell’ONU?
Dal 2011, la Svizzera promuove la propria candidatura al Consiglio di sicurezza dell'ONU. La resistenza politica interna che si appella alla neutralità elvetica ha finora trovato finora poco sostegno. Ma gli equilibri potrebbero cambiare.
Nel 2023 la Svizzera vorrebbe ottenere un mandato di due anni come membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU, occupando uno dei due seggi assegnati all’Europa occidentale. La decisioneCollegamento esterno è stata presa otto anni fa dal Consiglio federale (governo svizzero). In vista dell’elezione che si terrà nel 2022 all’Assemblea generale dell’ONU, la Svizzera sembra avere qualche possibilità di successo: finora, Malta è infatti l’unico Stato concorrente.
La piccola e neutrale Svizzera siederà al tavolo della grande politica mondiale? Per l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), si tratta di uno scenario inconcepibile: la Svizzera non può essere nel Consiglio di sicurezza poiché in quanto paese neutrale non può prendere decisioni relative alla guerra o alla pace, ritiene il principale partito elvetico.
L’UDC ha tentato di combattere la decisione del governo in parlamento. Tra le varie cose, ha chiesto che fosse il legislativo a decidere in merito alla candidatura elvetica. Una propostaCollegamento esterno che nel 2013 non aveva però raccolto una maggioranza politica.
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La neutralità come modello di successo
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Grazie alla neutralità, la Svizzera è stata risparmiata dai conflitti. Oggi, pratica una neutralità più attiva, che talvolta solleva interrogativi.
Nell’estate 2018, l’UDC ha tuttavia ottenuto improvvisamente sostegno. I media svizzeri hanno riportato le crescenti critiche emerse tra i ranghi dei partiti di centro. Mentre il Partito popolare democratico (PPD) è diviso, una maggioranza del Partito liberale radicale (PLR) si dice contraria alla candidatura.
In un suo contributo pubblicato all’inizio dell’anno sul settimanale della destra conservatrice Weltwoche, il presidente del PPD Gerhard Pfister ha affermato che quando il governo ha iscritto la Svizzera nell’elenco dei candidatiCollegamento esterno, il mondo era diverso da quello odierno. “Da allora, gli Stati Uniti, la Russia e la Cina hanno vieppiù ignorato gli organismi e gli accordi internazionali, tornando alla politica di potere che gli Stati europei perseguivano prima della Prima guerra mondiale. Il Consiglio di sicurezza diventa il palcoscenico di una nuova grande politica di potere”.
Anche Paul Widmer, ex ambasciatore e professore di relazioni internazionali all’Università di San Gallo, sostiene che il parlamento dovrebbe consigliare al governo di ritirare la candidatura. La Svizzera dovrebbe accontentarsi di ciò che fa la sua forza, ovvero il fatto di “mettere la sua neutralità al servizio della comunità internazionale”, ha scritto sul domenicale NZZ am Sonntag.
Mandato “compatibile” con la neutralità
I sostenitori della candidatura non vedono invece alcuna contraddizione con la politica di neutralità. In quanto paese neutrale, la Svizzera è “relativamente indipendente” e quindi può cercare soluzioni consensuali, argomenta il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAECollegamento esterno).
Già oggi, la Svizzera deve condividere le decisioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, ha affermato Frank Grütter, capo della Divisione Nazioni Unite e organizzazioni internazionali del DFAE, alla Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca SRF. Con un seggio, la Svizzera potrebbe partecipare a queste decisioni.
In un rapportoCollegamento esterno richiesto dal parlamento, e presentato nell’estate 2015, anche il governo scrive che “un mandato della Svizzera nel Consiglio di sicurezza è pienamente compatibile con il diritto e la politica della neutralità della Svizzera”.
L’UDC non molla
Con una nuova mozioneCollegamento esterno, l’UDC chiede di rinunciare definitivamente alla candidatura svizzera al Consiglio di sicurezza dell’ONU. La proposta verrà verosimilmente discussa giovedì 20 giugno dai rappresentanti della Camera del popolo (Consiglio nazionale). E questa volta, potrebbe ricevere più sostegno rispetto al 2013 e, forse, ottenere una maggioranza.
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Il 10 settembre 200, la Svizzera è stata ufficialmente accolta in seno alle Nazioni Unite, dopo che nel marzo dello stesso anno il popolo elvetico aveva approvato a stretta maggioranza l’adesione all'organizzazione internazionale. Una decisione storica, da ripercorrere attraverso le nostre teche.
«La nostra neutralità non significa egoismo, non ci chiude gli occhi davanti alla povertà e all'ingiustizia, non ci impedisce di alzare la voce per denunciare l’ineguaglianza. La nostra neutralità si coniuga con la solidarietà tipica del nostro popolo».
È con queste parole, che l’allora presidente della Confederazione Kaspar Villiger si è rivolto all'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, il 10 settembre 2002. «Ecco gli svizzeri. Vi abbiamo aspettato a lungo», ha dichiarato l’allora segretario generale Kofi Annan. Visibilmente commosso, il consigliere federale Villiger si è detto dal canto suo sorpreso dall'accoglienza calorosa riservata alla Svizzera in questa giornata storica.
La Svizzera è stato uno degli ultimi paesi al mondo ad entrare a far parte delle Nazioni Unite. Nel 1986, una prima proposta di adesione viene respinta dal popolo. Il dibattito è rilanciato una decina di anni più tardi, ma è soltanto il 3 marzo 2002 che un’iniziativa popolare in tal senso è accettata dalla maggioranza del popolo, con il 54,6% di voti.
Ma come mai il paese che ha partecipato attivamente alla Società delle Nazioni prima della Seconda guerra mondiale, che ha ospitato la sua sede e che dal Dopoguerra conta sul proprio territorio molti organismi dell’ONU, è stato così a lungo riluttante ad aderire alle Nazioni Unite?
Professore di studi internazionali a Ginevra, Victor-Yves Ghebali spiega che la Svizzera è rimasta scottata dall'esperienza fatta in seno alla Società delle Nazioni e delusa dal suo fallimento: «Quando si trattò di applicare sanzioni contro l’Italia per l’aggressione all'Etiopia, la Svizzera stette al gioco suscitando il risentimento italiano, mentre le altre nazioni non applicarono nemmeno le sanzioni». Risentiamolo in questo archivio del 1997 di Radio Svizzera Internazionale, la “madre” di swissinfo.ch.
La ragione principale è però legata al concetto di neutralità coltivato a partire dal Dopoguerra dalle autorità svizzere. Una neutralità pensata in modo assoluto e che era difficilmente conciliabile con una partecipazione alle Nazioni Unite.
Cronologia
1920: viene creata a Ginevra la Società delle Nazioni, a cui aderiscono in seguito 58 paesi. Il 56,3% degli uomini svizzeri accettano in votazione federale la proposta di adesione della Confederazione.
1945: 51 paesi firmano la Carta delle Nazioni Unite a San Francisco.
1946: A Londra si tiene la prima riunione dell’Assemblea generale dell’ONU a Londra. La Società delle Nazioni viene ufficialmente sciolta.
1948: la Svizzera ottiene un posto di osservatore alle Nazioni Unite.
1986: il 75,7% degli svizzeri respingono la proposta del governo di aderire all’ONU.
1994: la proposta di creare truppe di caschi blu al servizio delle Nazioni Unite viene bocciata dal 57,2% degli svizzeri.
1996: in seguito agli attacchi della comunità ebraica americana, il governo e il parlamento istituiscono una commissione di esperti indipendenti per far luce sul comportamento della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale.
1998-2001: il rapporto Bergier della commissione di esperti demitizza la neutralità della Svizzera: aveva collaborato con la Germania nazista durante il conflitto, ma anche con gli Alleati.
2002: il 3 marzo un’iniziativa popolare in favore dell’adesione all’ONU viene approvata dal 54,6% dei votanti. Il 10 settembre, la Svizzera diventa il 190esimo membro delle Nazioni Unite.
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