Nuove regole che suscitano speranze e interrogativi
Il governo svizzero ha recentemente allentato le regole per l'ottenimento del visto al fine di agevolare il ricongiungimento di famiglie siriane con i loro parenti in Svizzera. swissinfo.ch sonda gli umori tra gli espatriati dello Stato dilaniato dalla guerra.
«È un’ottima cosa: ora la procedura è molto più semplice», sostiene Ashti Amir, un siriano di Aleppo che vive vicino a Berna con la moglie e tre figli.
Amir ha faticosamente tentato di rimanere in contatto con i parenti che, a causa del conflitto, sono divisi fra la Siria e i paesi confinanti. Non ha avuto notizie di uno dei suoi fratelli e di altri parenti di Aleppo per circa un anno.
In seguito alle recenti decisioni del governo, afferma di aver parlato con sua sorella, fuggita in Turchia con i suoi bambini, e con sua cognata della possibilità di venire in Svizzera.
Il 4 settembre, la consigliera federale Simonetta Sommaruga ha annunciato due decisioni importanti concernenti i rifugiati siriani. Dando seguito a una richiesta dell’Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR), la Svizzera prevede di accogliere nel corso dei prossimi tre anni un contingente di 500 siriani la cui situazione è estremamente vulnerabile.
Inoltre, è stata ampliata la cerchia di famigliari a cui è data la possibilità di richiedere un visto per raggiungere la Svizzera e ricongiungersi così con i parenti. Tra gli aventi il diritto, oltre al coniuge e ai figli minorenni, figurano ora anche figli maggiorenni, genitori, nonni, nipoti, fratelli e sorelle.
Stando alle Nazioni Unite, oltre due milioni di persone sono fuggite dalla guerra civile siriana; la maggior parte ha trovato rifugio nei paesi vicini. A queste si aggiungono 4,25 milioni di rifugiati interni.
La guerra ha ucciso più di 100,000 persone negli ultimi 30 mesi.
La Svizzera ha accolto più di 70 persone tramite l’agenzia ONU per i rifugiati dal 2012 e prevede di accoglierne altri 500. Un primo gruppo di persone in fuga dal conflitto arriverà in Svizzera il mese prossimo.
La Catena della solidarietà, il sistema di raccolta fondi della SRG SSR, ha raccolto 13 milioni di franchi in favore di progetti di aiuto destinati alle vittime della guerra civile siriana.
Centinaia di interessati
La ministra di giustizia e polizia ha dichiarato che le procedure verranno accelerate e allentate.
«Dal punto di vista della necessità di salvare vite umane velocemente, questa decisione è molto più importante [rispetto alla quota di 500 rifugiati] e invia un segnale alle altre nazioni», sostiene Beat Meiner, segretario generale dell’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati.
Quando il visto turistico giunge a scadenza dopo 90 giorni, un siriano, per rimanere, può presentare una richiesta di residenza o di asilo. A causa del conflitto, al momento i richiedenti respinti non sono rinviati in Siria e viene loro concesso il soggiorno temporaneo.
Non si sa quante famiglie siriane raggiungeranno la Svizzera. Le nuove regole, infatti, sono rivolte unicamente ai famigliari di siriani che vivono già nella Confederazione e che possiedono un permesso di residenza o la nazionalità svizzera. La misura, quindi, esclude i residenti temporanei e le loro famiglie. Si stima che in Svizzera ci sono circa 6’000 siriani, di cui 1’600 in possesso di un permesso di soggiorno.
Meiner sostiene che «centinaia» di siriani residenti in Svizzera potrebbero tentare di fare immigrare i parenti. «Abbiamo ricevuto molte chiamate da siriani in Svizzera interessati a questa possibilità», spiega.
Altri sviluppi
Sospesi nel deserto della Giordania
«Solo persone benestanti»
Gli espatriati siriani incontrati da swissinfo.ch hanno generalmente salutato la decisione, ma molti sottolineano l’ostacolo costituito dall’impegno finanziario necessario per accogliere la famiglia in Svizzera, dove il costo della vita è alto.
«Non è facile. Innanzitutto c’è il biglietto aereo, poi l’assicurazione e l’alloggio. Solo le persone benestanti possono accogliere la famiglia», sostiene Ali Zeda, un meccanico siriano che vive a Prilly con la moglie e quattro figli. «Sarebbe molto meglio se gli svizzeri aiutassero i siriani laddove si trovano, ad esempio in Libano, Egitto o Giordania».
Raymond Arbach, un siriano che vive in Svizzera da 30 anni, gli fa eco: «Ho cugini che sono costantemente in pericolo, ma non posso usufruire del nuovo regolamento perché non avrei i mezzi per occuparmi di loro. Costano tanti soldi e semplicemente non posso permettermelo».
Amir, che lavora come consulente per i rifugiati siriani in Svizzera, sostiene che un aiuto supplementare potrebbe giungere da singoli individui. Sostiene di conoscere alcuni svizzeri a Berna e Basilea che si sono offerti di alloggiare rifugiati siriani nelle loro case. Una possibilità a cui verrà dato seguito.
Vivere in un limbo
I lettori di swissinfo.ch hanno reagito numerosi alle nuove decisioni del governo.
«Gli svizzeri hanno più senso etico e umanitario di qualsiasi paese arabo», ha scritto un lettore sulla pagina Facebook in lingua araba. “Non ho trovato nessun paese del Golfo disposto ad aprire le porte ai nostri fratelli siriani. Dio benedica questo paese [la Svizzera].”
Altri sostengono che la Svizzera dovrebbe dare priorità ai siriani che hanno presentato una richiesta d’asilo e che vivono in Svizzera in attesa di una decisione da parte delle autorità.
«Gli svizzeri dovrebbero dapprima concedere permessi di soggiorno a coloro che vivono qui da tre anni, e solo allora dovrebbero dare il via libera all’immigrazione», scrive un altro lettore.
Tra marzo 2011 e luglio 2013, 372 siriani hanno ottenuto lo statuto di rifugiato e a 758 è stato concesso soggiorno temporaneo. Circa 2’825 dossier sono attualmente al vaglio dell’Ufficio federale della migrazione, che riceve da 50 a 100 nuove richieste ogni mese.
Ma alcuni siriani che hanno chiesto asilo in Svizzera lamentano il fatto di vivere in un limbo senza uno statuto chiaro e senza la possibilità di lavorare. Sostengono inoltre che ai loro dossier non viene data la priorità necessaria. Altri sono scontenti di vivere per anni in centri d’accoglienza per richiedenti l’asilo.
Manifestazione
La settimana scorsa circa 300 siriani richiedenti l’asilo hanno manifestato in modo pacifico di fronte all’Ufficio federale della migrazione vicino a Berna per protestare contro le «inspiegabili riserve» delle autorità nei loro confronti. Pare che una dozzina di loro abbia iniziato uno sciopero della fame.
«Perché hanno bisogno di così tanto tempo per rispondere alle nostre richieste? Non possiamo vivere una vita degna o integrarci bene in Svizzera con un permesso di soggiorno N [domanda in fase di elaborazione, tale che non permette al richiedente di svolgere un impiego]. Abbiamo urgentemente bisogno di un permesso di soggiorno solido e duraturo», dichiara il manifestante Esam Al-Omar.
Questa situazione può generare gravi conseguenze. Uno specialista svizzero di aiuto ai rifugiati ha dichiarato, sotto la copertura dell’anonimato, che i siriani, tra cui tanti giovani, arrivano in Svizzera colmi di speranza ma cadono in depressione a causa della lunga attesa e devono essere seguiti da uno psichiatra.
Nella loro protesta, i dimostranti hanno fatto riferimento al caso della Svezia, che all’inizio di settembre è diventato il primo paese europeo a concedere soggiorno permanente a tutti i rifugiati siriani presenti. Il paese scandinavo ha accolto circa 15’000 rifugiati siriani nel 2012 e nel 2013.
Mario Gattiker, il direttore dell’Ufficio federale della migrazione, ha incontrato i manifestanti promettendo loro che le domande inoltrate prima del 2009 saranno liquidate entro la fine dell’anno. Un’altra riunione è in programma questa settimana a proposito delle richieste presentate dopo il 2009.
L’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) ha annunciato in giugno nel suo Piano di risposta regionale per la Siria per il 2013 di essere alla ricerca di 10’000 posti di accoglienza umanitaria e 2’000 posti di reinsediamento per siriani in stato di urgente necessità.
Da allora, Germania e Austria hanno assegnato, rispettivamente, 5’000 e 500 posti di accoglienza umanitaria.
Anche Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Spagna, Svezia e Svizzera hanno offerto dei posti. In totale, si sono impegnati ad offrire complessivamente oltre 1’650 posti di reinsediamento, di cui 960 per il 2013. Gli Stati Uniti hanno indicato di essere disposti a prendere in considerazione un non specificato numero di casi supplementari.
(Traduzione di Francesca Motta)
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