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Otto cose da ritenere delle elezioni federali del 2023

Gerhard Pfister, presidente del centro, è intervistato dai giornalisti
Gerhard Pfister, presidente del Centro, ha vissuto una storica domenica elettorale: il suo partito ha superato il PLR per la prima volta, diventando la terza forza politica del Paese dietro all'UDC e al PS. Peter Klaunzer/Keystone

L'ecologia politica perde colpi, la migrazione si conferma il motore del successo della destra conservatrice e Il Centro supera in numero di seggi il Partito liberale radicale*: ecco i principali insegnamenti di questa domenica elettorale. Analisi.

1) L’onda verde appartiene al passato

L’ecologia politica non raccoglie più successo, né in Svizzera né altrove in Europa. La sconfitta dei Verdi e del Partito verde liberale rispecchia le difficoltà incontrate dai partiti ecologisti in seno all’Unione Europea. In calo nei sondaggi, è probabile che subiscano una battuta d’arresto anche alle elezioni europee del giugno 2024.

Durante la campagna elettorale del 2019, il clima e l’ambiente avevano dominato il dibattito pubblico e avevano provocato una grande mobilitazione a sinistra dello spettro politico, in particolare con l’organizzazione degli scioperi per il clima. Quest’anno non è stato così.

La tendenza sembra paradossale, in un momento in cui gli eventi meteorologici estremi sono in aumento e il cambiamento climatico continua a inquietare moltissima gente in Svizzera. Tuttavia, il fatto che faccia caldo in ottobre non è la preoccupazione principale della popolazione, una parte crescente della quale fatica ad arrivare a fine mese. L’emergenza climatica potrebbe anche generare un senso di impotenza in seno all’elettorato.

In definitiva, le formazioni ecologiste non sono riuscite a rendere “attraente” il cambiamento climatico. Al contrario, hanno sofferto a causa delle azioni estreme condotte dai movimenti climatici più radicali, che suscitano incomprensione e persino rabbia in ampie fasce della popolazione.

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2) L’UDC ha sfruttato con successo il suo tema prediletto

Le immagini dell’isola di Lampedusa, confrontata con un enorme afflusso di persone migranti dal Nord Africa, hanno fatto il giro del mondo e hanno riportato la politica di asilo in primo piano nel corso di quest’anno elettorale. Una manna dal cielo per l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che ha incentrato la maggior parte della campagna elettorale sul suo tema prediletto, la lotta all’immigrazione.

Con l’aumento delle richieste di asilo (12’188 tra l’inizio di gennaio e la fine di giugno, il 43% in più rispetto al 2022), che si aggiunge alla presenza di 65’000 persone rifugiate dall’Ucraina, l’UDC ha potuto sfruttare le crescenti preoccupazioni di una parte della popolazione.

Brandendo lo spettro di una Svizzera con 10 milioni di abitanti sui suoi manifesti, l’UDC non ha usato mezzi termini, attirandosi le critiche della Commissione federale contro il razzismo. Resta il fatto che questo messaggio molto chiaro ha avuto un effetto mobilitante sulla base del partito in un periodo di insicurezza a livello internazionale.

L’UDC ha inoltre trovato un capro espiatorio ideale in Elisabeth Baume-Schneider, la nuova ministra socialista incaricata dell’immigrazione. Questa tattica vincente, sperimentata già più volte in passato, ha permesso all’UDC di cancellare la sconfitta del 2019 e di avvicinarsi nuovamente al risultato record del 2015.

3) Il PLR non ha saputo convincere sull’immigrazione

Con lo slogan “Duro, ma giusto”, anche il Partito liberale radicale (PLR, destra liberale) ha fatto della politica migratoria uno dei suoi temi prioritari durante la campagna elettorale. A differenza dell’UDC, il PLR ha insistito sulla necessità di mantenere la libera circolazione delle persone per attirare in Svizzera una manodopera europea qualificata, insistendo al contempo sulla necessità di combattere il “turismo sociale” e il “caos dell’asilo”.

Con questa posizione e con gli attacchi sorprendentemente virulenti a Elisabeth Baume-Schneider, il PLR non ha voluto lasciare il campo libero alla destra conservatrice su questo tema. Tuttavia, l’elettorato ha chiaramente dato più credito alle soluzioni proposte dall’UDC.

In un periodo di piena occupazione, il PLR non ha inoltre potuto contare su un altro tema forte di mobilitazione. La cattiva gestione di Credit Suisse, rilevato dalla rivale UBS, ha dal canto suo certamente contribuito a danneggiare l’immagine del partito, storicamente molto legato alla piazza finanziaria svizzera.

Di conseguenza, il partito fondatore della Svizzera moderna ha perso colpi in queste elezioni e non è riuscito a invertire un declino che dura da tempo. Mentre all’inizio degli anni Ottanta otteneva il sostegno di quasi un quarto dell’elettorato, oggi il PLR convince poco più di un elettore su sette.

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4) Il Partito Socialista ha beneficiato solo in minima parte del malcontento sociale

Per la campagna elettorale del 2023, il Partito socialista è tornato alle sue origini: la lotta per il potere d’acquisto delle famiglie. Il ritorno dell’inflazione e l’annuncio di un nuovo consistente aumento dei premi dell’assicurazione sanitaria (cassa malati) un mese prima dalle elezioni federali hanno riacceso i riflettori sulle questioni sociali. A sinistra, il PS è così riuscito a sottrarre qualche voto ai Verdi.

Ma sebbene i premi dell’assicurazione sanitaria siano di nuovo la preoccupazione principale del popolo elvetico, davanti all’immigrazione, il PS ha beneficiato solo marginalmente del crescente malcontento di una parte dell’elettorato della classe media.

A differenza dell’UDC sull’immigrazione e dei Verdi sul riscaldamento globale, il Partito socialista non è necessariamente visto come la forza politica più competente nel complesso settore delle assicurazioni sanitarie.

In un Paese che si basa molto sulla libertà individuale, le proposte di una cassa malati unica e di premi assicurativi basati sul reddito sono considerate dalla maggioranza dell’elettorato come un intervento statale eccessivo. Il PS è senza dubbio profeta a sinistra, ma continua a far fatica a reclutare oltre le sue aree tradizionali.

5) L’avanzata del Centro mette in discussione la formula magica

Il Centro ha superato il PLR in Consiglio nazionale e diventa la terza forza politica nella Camera bassa, anche se solo in base al numero di seggi. In termini percentuali, il PLR è ancora davanti, seppur di poco, al Centro.

Ciò significa che il Centro, a seconda delle interpretazioni, potrebbe rivendicare un secondo seggio in Consiglio federale. Secondo la formula magica praticata dal 1959, i tre maggiori partiti del governo svizzero detengono ciascuno due seggi e il quarto uno.

Ignazio Cassis, ministro degli esteri svizzero, non gode dei favori dell’opinione pubblica, ma non deve temere per il suo seggio. Secondo una regola non scritta, i consiglieri federali in carica vengono rieletti. Dalla fondazione dello Stato federale nel 1848, questa regola è stata violata solo tre volte.

Lo stesso Partito popolare democratico (PPD), da cui è nato Il Centro, ha beneficiato di questo principio quattro anni fa, quando è stato superato per pochi voti dai Verdi. Nel 2021, il PPD si è unito con il Partito borghese democratico sotto un nuovo nome, ritrovando una certa stabilità.

Una cosa è certa: nell’attuale costellazione, Il Centro sarà ancor più intraprendente e si attesterà come la forza politica principale nel mezzo dello scacchiere politico. Sotto la presidenza di Gerhard Pfister, si è liberato della sua proverbiale discrezione. In Consiglio nazionale, si conferma il partner di coalizione più importante del PLR e dell’UDC, che insieme non hanno la maggioranza. Nel Consiglio degli Stati, dovrebbe rimanere la forza principale, anche se per avere una visione chiara bisognerà aspettare i risultati del secondo turno in programma in diversi Cantoni.

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6) Nonostante le crisi globali la partecipazione alle urne non è stata enorme

La Svizzera, una democrazia modello, è stanca della politica. Attestatasi al 46,6%, l’affluenza alle urne nel 2023 è stata leggermente superiore a quella del 2019 (45,1%). Tuttavia, come è sempre successo negli ultimi decenni, più della metà delle persone con diritto di voto non si è recata alle urne. E questo in un momento in cui le crisi non accennano a diminuire e il potere d’acquisto continua a ridursi in Svizzera.

Qual è la ragione di questo silenzio da parte della maggioranza dell’elettorato? La causa principale dell’astensione potrebbe risiedere nell’inerzia insita del sistema svizzero. L’avanzata del 3% di un partito è considerata quasi un terremoto politico. I rapporti di potere rimangono però quasi sempre invariati. A maggior ragione nel Governo, un bastione di stabilità.

E se il Parlamento, un po’ più a sinistra o un po’ più a destra, dovesse prendere una decisione sgradevole, chi si è astenuto ritiene di poterlo richiamare all’ordine con un referendum.

7) Il grande dibattito di idee non ha avuto luogo

La campagna elettorale è stata ben lontana dai momenti di tensione politica e dagli attacchi d’antologia osservati in altri Paesi. I partiti hanno presentato i loro programmi basandosi sui loro temi prediletti, senza invadere troppo il territorio delle formazioni avversarie. Non ci sono stati nemmeno veri e propri dibattiti di fondo sulle principali questioni politiche del momento. Il crollo di Credit Suisse e le relazioni con l’Unione Europea sono state assenti dalla campagna elettorale.

Tuttavia, questa non è un’eccezione, ma piuttosto la regola nella tranquilla Svizzera. A parte i vivi dibattiti sull’immigrazione nel 2015 e l’incidente nucleare di Fukushima nel 2011, le campagne sono spesso blande. Si tratta di una caratteristica intrinseca della democrazia diretta svizzera: con delle votazioni federali che si tengono quattro volte l’anno, i partiti hanno molte altre occasioni per spiegare le loro posizioni sui vari temi.

Resta il fatto che, come ogni quattro anni, questa campagna elettorale ha permesso ai partiti di creare un legame con il popolo. Ogni persona candidata ha dovuto dare sé stessa e stringere centinaia, se non migliaia, di mani nella speranza di mantenere o conquistare un seggio a Berna. Un momento raro e prezioso, anche in una democrazia svizzera spesso definita un esempio di vicinanza tra la gente e chi la rappresenta.

8) La Quinta Svizzera, un elettorato sempre più corteggiato

Oltre 220’000 cittadini e cittadine di nazionalità svizzera residenti all’estero sono iscritti in un registro elettorale. La tendenza della diaspora elvetica è che sempre più persone fanno ritorno in patria. In questo senso, è legittimo che partecipino a votazioni e a elezioni.

L’elettorato della Quinta Svizzera è in rapida crescita. Negli ultimi 30 anni è più che triplicato e se fosse un Cantone avrebbe diritto a sei seggi nel Consiglio nazionale. I partiti si contendono quindi sempre più i voti di chi vive all’estero. Il PS, l’UDC, il PLR e il Centro sono attivi da tempo presso la diaspora e dispongono di sezioni internazionali. Queste hanno già consentito ad alcuni candidati di ottenere i voti necessari per accedere al Parlamento.

Il Partito verde liberale è stato l’ultimo dei grandi partiti a creare una sezione internazionale pin vista di queste elezioni. Si tratta di un buon abbinamento, perché il profilo politico degli svizzeri e delle svizzere all’estero coincide in larga misura con quello dei Verdi Liberali: in media, sono progressisti in ambito ecologico, difendono una società liberale e sono favorevoli a una politica estera aperta.

Poiché l’elettorato all’estero vota maggiormente in funzione dei valori, è forse anche più fedele a un partito. Nell’anno elettorale 2023, è così stato al centro di numerosi interventi parlamentari. C’è persino stato un vero e proprio sprint finale a favore della Quinta Svizzera.

* Questo articolo è stato leggermente modificato il 25 ottobre, dopo che l’Ufficio federale di statistica ha corretto i risultati registrati dai partiti pubblicati il giorno delle elezioni. Il cambiamento più importante è che il PLR risulta davanti al Centro in termini percentuali e non il contrario. La distribuzione dei seggi è rimasta invariata. In questo articolo potete trovare più dettagli sullo sbaglio.

A cura di Mark Livingston

Traduzione di Luigi Jorio

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