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Un nuovo programma dell’OMS per accelerare la risposta alle crisi sanitarie

Donna con mascherina e ventaglio
Il 2020 è stato segnato dal nuovo coronavirus. L'inizio delle vaccinazioni suscita speranze per il 2021, ma le regole internazionali per lo scambio di risultati e benefici della ricerca scientifica rimangono carenti. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), con sede a Ginevra, prevede di dare vita a un nuovo sistema per condividere campioni clinici nel quadro della lotta contro il Covid-19. Cerchiamo di capire come potrebbe funzionare tale sistema e quali sono gli ostacoli da superare.

“A volte i virus compaiono in paesi che non dispongono delle risorse sufficienti per sequenziarli e classificarli”, dice a swissinfo.ch Sylvie Briand, direttrice del dipartimento Preparazione mondiale ai rischi infettivi dell’OMS. “Se questi paesi riescono a far trasportare i virus in altri paesi dotati delle tecnologie più all’avanguardia e delle capacità di ricerca più sofisticate, a beneficiarne è il mondo intero e le cose avanzano più velocemente”.

I vaccini, per esempio, potrebbero essere sviluppati più rapidamente per combattere gli agenti patogeni, cioè quegli agenti biologici infettivi che causano malattie o disturbi.

Il nuovo programma di condivisione era stato annunciato per la prima volta a novembre. Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, aveva affermato che “un sistema concordato a livello globale per la condivisione di campioni clinici e materiali patogeni agevolerebbe il rapido sviluppo di contromisure mediche, che vanno considerate beni comuni globali”.

Secondo Ghebreyesus, “questo nuovo approccio includerebbe un deposito per materiali ospitato dall’OMS in una struttura svizzera sicura, un accordo che preveda la condivisione volontaria di materiali – con l’OMS che può facilitarne il trasferimento e l’utilizzo – e una serie di criteri in base ai quali l’OMS stessa li distribuirà”.

Briand afferma che l’OMS ha già incaricato un gruppo di collaboratori di lavorare sul progetto. L’esperta ha rivelato a swissinfo.ch che, inizialmente, gli sforzi si concentrerebbero sul Covid-19, ma l’obiettivo sarebbe quello di dedicarsi, in un secondo momento, anche ad altri “agenti patogeni emergenti”. Secondo Briand, l’OMS vanta già una certa esperienza nel campo, in particolare per quanto riguarda i depositi per i virus del vaiolo e per l’influenza. Creati in seguito alla pandemia influenzale del 2009, questi depositi hanno dato vita a una rete di laboratori che permette lo scambio di campioni di virus per la ricerca.

In questa “fase ancora estremamente embrionale” le autorità governative elvetiche hanno preferito non commentare le dichiarazioni di Ghebreyesus secondo cui la Svizzera avrebbe offerto un laboratorio sicuro per appoggiare l’iniziativa. Una fonte informata ha però confermato che sono in corso trattative in questo senso e che, in linea di massima, la Svizzera è pronta a mettere a disposizione una struttura con queste caratteristiche. “Siamo pronti, ma stiamo trattando per capire quali sarebbero le implicazioni e che forma assumerebbe il tutto”, ha precisato la stessa fonte a swissinfo.ch.

Da uno studioCollegamento esterno recente condotto dal Geneva Graduate Institute’s Global Health CentreCollegamento esterno è emerso che un nuovo sistema richiederebbe anche nuovi accordi di governance per garantire la “condivisione rapida ed equa, a livello internazionale, di campioni patogeni… prima che si scateni la prossima grande epidemia”.

Mancano gli standard

“L’accesso internazionale ai campioni è fondamentale per capire gli agenti patogeni e sviluppare farmaci e vaccini per controllarli, ma si è rivelato difficile garantire un’equa condivisione dei benefici con i paesi di origine”, hanno affermato gli autori dello studio. “Con l’insorgere delle recenti epidemie (Ebola, Zika, MERS e SARS-CoV-2), questo problema ha suscitato attenzione e preoccupazione sempre maggiori, ma il sistema internazionale per affrontarlo continua a essere totalmente inadeguato”.

Suerie Moon, co-direttrice del Global Health Centre e co-coordinatrice dello studio, ritiene che l’iniziativa dell’OMS potrebbe rivelarsi importante. “In mancanza di regole, una biobanca di questo genere potrebbe rappresentare il primo passo per dare vita a un quadro internazionale”, ha dichiarato a swissinfo.ch. “Da sola non è sufficiente, perché è necessario che i diplomatici si riuniscano, ma potrebbe fungere da catalizzatore”.

Condividere i benefici

Il rapporto del Graduate Institute sottolinea quanto sia importante condividere i benefici, come vaccini e farmaci, e i campioni di laboratorio per permettere alla ricerca scientifica di realizzarli. “Gli scienziati continueranno a condividere liberamente il frutto del loro lavoro se ritengono di non essere trattati in maniera corretta in termini di benefici?” si chiede la stessa Moon. “Temo di no, e il sistema collasserebbe”.

Moon cita l’esempio degli scienziati cinesi che, alle prime avvisaglie di Covid-19 nel loro paese, avevano condiviso online i dati relativi al sequenziamento del genoma. Stando a Moon, questo è stato l’inizio dello sviluppo dei vaccini, soprattutto da parte di Pfizer/BioNTech, il cui vaccino ha già ottenuto l’autorizzazione ed è in via di somministrazione in alcuni paesi. Tuttavia, è improbabile che gli scienziati che inizialmente avevano condiviso i dati facciano lo stesso anche con gli enormi benefici, soprattutto finanziari, che derivano dal vaccino.

Inoltre, i paesi in via di sviluppo tendono a restare indietro, specialmente quando si scatenano focolai epidemici. Il rapporto del Graduate Institute, per esempio, cita le parole di una persona intervistata per lo studio: “In generale, quando giunge il momento di sedersi al tavolo dei negoziati bilaterali i paesi in via di sviluppo sono l’anello debole della catena. Pertanto, quando un paese colpito da un’epidemia ha bisogno di un farmaco o di qualche terapia e i suoi cittadini scendono in piazza per ribellarsi, l’unica cosa che può fare è chiedere aiuto. Se la risposta è ‘D’accordo, io ti aiuto, ma non avrai accesso e non potrai avanzare rivendicazioni’, non gli resta che accettare”.

Per la pandemia in corso Moon parla di “nazionalismo dei vaccini”, con i paesi più ricchi che si azzuffano per concludere accordi bilaterali con le compagnie farmaceutiche. COVAX, il programma dell’OMS di condivisione dei vaccini, attualmente rappresenta l’unica opzione possibile per garantire che i paesi in via di sviluppo non vengano tagliati fuori. Secondo Moon, inoltre, l’OMS sarebbe ben posizionata per contribuire a migliorare la condivisione equa di agenti patogeni e benefici. “L’OMS si trova in un’ottima posizione per riunire gli attori chiave, in quanto lo ha già fatto in passato” grazie all’accordo quadro relativo allo scambio di virus influenzali e all’accesso ai vaccini (Pandemic Influenza Preparedness FrameworkCollegamento esterno – PIP) del 2011, frutto di lunghi negoziati. Uno dei principi cardine di tale accordo sancisce che la condivisione di agenti patogeni e di benefici debba avvenire su base paritaria, poiché “tutti hanno interessi validi”, afferma Moon.

Laboratorio svizzero sicuro

Moon ritiene inoltre che la Svizzera sarebbe il paese adatto per mettere a disposizione strutture sicure per sviluppare una nuova biobanca dell’OMS: è un paese neutrale, è una “potenza media affidabile”, è dotata di infrastrutture scientifiche e di ricerca altamente sviluppate e ospita la sede dell’OMS.

Tuttavia, stando alle informazioni in nostro possesso la Svizzera conta solamente un numero limitato di laboratori di livello 4 (ad alta sicurezza) dove poter immagazzinare questo tipo di agenti patogeni. Poiché la maggior parte dei campioni è pericolosa, si rivelano indispensabili laboratori di questo livello.

Le strutture svizzere comprendono un laboratorio allestito inizialmente per far fronte al virus di Ebola presso l’Ospedale universitario di Ginevra (HUG), un laboratorio a Spiez nella Svizzera centrale e uno a Zurigo. Quello di Spiez vanta la più alta capacità di immagazzinamento e competenze più vaste, anche in materia di campioni nucleari, chimici e biologici.

Secondo la nostra fonte, il contributo svizzero al programma dell’OMS coinvolgerebbe uno o più di questi laboratori a seconda delle necessità e del risultato delle trattative.

Briand afferma che l’approccio dell’OMS è pragmatico e l’intenzione è quella di partire con qualcosa di concreto, seppur modesto, per poi espandersi. La prima priorità consiste nel garantire un deposito fisico, ragion per cui sono state avviate le trattative con la Svizzera. Queste ultime si stanno rivelando complesse: riguardano infatti questioni di natura tecnica, logistica e anche legale. Pertanto, tutto dipende da quanto tempo richiederanno.

Quando aveva annunciato l’iniziativa, Ghebreyesus aveva sottolineato la necessità di lanciare rapidamente un programma di questo tipo. “Speriamo sia solo una questione di mesi”, chiosa Briand.

Anche Moon sottolinea l’impellenza del progetto. “Attualmente non disponiamo di un sistema affidabile per la condivisione di agenti patogeni e benefici”, afferma. “In queste condizioni il mondo è più vulnerabile alla prossima pandemia”.


Traduzione dall’inglese: Stefano Zeni

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