#Mantenimentodellapace: qualcuno deve iniziare la pace come la guerra
La guerra in Ucraina e le festività fanno sorgere un'eterna domanda: cosa possiamo fare per la pace? Scoprite la newsletter della nostra serie #Mantenimentodellapace.
Le parole che lo scrittore austriaco Stefan Zweig rivolse all’industriale tedesco Walther Rathenau nel 1914, poco dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale, non hanno perso nulla della loro urgenza: “Qualcuno deve iniziare la pace come la guerra”.
Ma chi è che inizia la pace?
È dalla caduta del Muro di Berlino che non ci sono tensioni geopolitiche così forti nel mondo come oggi. L’invasione russa dell’Ucraina ha messo fine alla pace in Europa dopo due decenni e ha fatto vacillare le certezze. Gli Stati rivedono le loro politiche di sicurezza, si formano nuovi blocchi e il multilateralismo è sempre più in crisi.
Anche la Svizzera neutrale è alle prese con la sua identità. La promozione della pace, della sicurezza e dell’uguaglianza nel mondo è un pilastro centrale della sua politica estera; la mediazione nei conflitti è considerata una specialità della sua diplomazia.
Che cosa si può fare contro la guerra?
Nella nostra serie #Mantenimentodellapace incontriamo persone che si impegnano a favore della promozione della pace.
Tra loro c’è Iris Probst, 29 anni, che ha seguito un addestramento presso l’esercito svizzero per partecipare alla missione di pace in Kosovo. La giovane donna non è un’eccezione: la promozione della pace in Svizzera sta diventando sempre più femminile. André Stirnimann, tenente colonnello dello Stato maggiore dell’esercito svizzero, afferma che “si annunciano anche delle mamme”.
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SWISSCOY: più donne per più pace
Laurent Götschel, presidente di Swisspeace, la maggiore organizzazione non statale per la promozione civile della pace in Svizzera, ha dedicato tutta la sua vita professionale alla pace. La ricerca in quaest’ambito sta facendo passi avanti, spiega in un’intervista a swissinfo.ch. A livello di negoziati, ad esempio, è diventato evidente che portare tutte le parti in conflitto al tavolo delle trattative non è di solito una buona idea.
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“Lo Stato altruista non esiste”
Fa una differenza se a governare sono degli uomini o delle donne? Con la politologa Leandra Bias abbiamo discusso di quanto la guerra sia una questione maschile e di quanto il coinvolgimento mirato delle donne contribuisca alla promozione della pace. Bias è convinta che il genere giochi un ruolo importante. Uno studio ha dimostrato che quando le donne sono coinvolte nei negoziati di pace in veste di mediatrici o firmatarie il rischio di ricadere nel conflitto diminuisce in maniera significativa, e la pace in media dura 15 anni più a lungo.
Chiunque partecipi a negoziati di pace si trova di fronte a un dilemma etico. “Se si ha l’incarico selezionare un terzo delle persone detenute in un terribile campo presidiato dalle milizie croate in Bosnia affinché venga rilasciato, con che criteri si sceglie?”, si chiede Pierre Hazan. Il consulente presso il Center for Humanitarian Dialogue ha appena pubblicato il libro “Negoziare con il diavolo” dove racconta le sue esperienze nell’ambito della mediazione.
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“Negoziare con il diavolo”, ciò che serve per mediare la pace
Ci siamo anche occupati del tanto decantato impegno della Svizzera per la promozione della pace, giungendo a un bilancio non solo positivo. Al più grande successo – la mediazione nella guerra d’Algeria – ha fatto seguito una serie di fallimenti in Afghanistan, Sudafrica e durante la guerra delle Falkland.
Oggi, la Svizzera dei “buoni uffici” è un attore tra tanti e anche altri Stati considerano questo ambito diplomatico come uno strumento della loro politica estera.
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Dove la Svizzera ha saputo portare la pace
Il seggio della Svizzera nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a partire dal 2023 è anche un tentativo di contrastare questa perdita di influenza e prestigio a livello internazionale. Ma le capacità di conciliazione e di negoziazione della Confederazione potranno fare la differenza di fronte a un ordine geopolitico sempre più bipolare? Le ambizioni della diplomazia elvetica sono ad ogni modo grandi: la delegazione vuole niente di meno che salvare il diritto internazionale.
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Come la Svizzera potrebbe contribuire a ripristinare la credibilità delle Nazioni Unite
Il diritto internazionale e il multilateralismo sono minacciati dalle grandi autocrazie, dalla Cina, dalla Russia e dai loro alleati. Quanto è stabile la struttura di questi Stati costruiti sul controllo e sulla censura? Cosa succederebbe se Putin o Xi Jinping dovessero cedere il potere?
Per l’analista politico Brian Carlson, specializzato in Cina e Russia, vi sono poche possibilità che le due autocrazie subiscano scossoni importanti. Sebbene la questione legata alla successione non sia regolata in nessuno dei due Paesi, è probabile che i sistemi rimangano tali e quali. Carlson prevede che il bipolarismo della costellazione geopolitica si accentuerà ulteriormente.
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“I sistemi di oppressione sopravviveranno a Putin e a Xi”
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