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Pedofili: la Svizzera vota su un divieto professionale

Un orsetto di peluche come simbolo dell'innocenza violata dei bambini vittime di pedofilia. Keystone

Il tema di maggiore impatto emotivo dell'appuntamento alle urne del 18 maggio è senza dubbio la proposta di vietare in perpetuo ai pedofili di lavorare con i bambini. Il voto è il punto di arrivo di una campagna durata dieci anni e iniziata con una controversia nella cittadina di Bienne.

Sostenuta in particolar modo dall’Unione democratica di centro e dal Partito popolare democratico, l’iniziativa popolare «affinché i pedofili non lavorino più con i fanciulli», dopo l’acceso dibattito in parlamento di un anno fa, è stata a lungo confrontata con un’opposizione quasi inesistente. Nessun partito aveva voglia di essere accusato di difendere i pedofili.

A metà marzo, però, il consigliere nazionale Andrea Caroni – esponente del Partito liberale radicale (PLR) – si è impegnato in prima persona e ha lanciato un comitato per il “no”.

L’iniziativa, promossa dall’associazione di genitori Marche Blanche (marcia bianca) vuole modificare la Costituzione federale in modo che “chi è condannato per aver leso l’integrità sessuale di un fanciullo o di una persona dipendente è definitivamente privato del diritto di esercitare un’attività professionale od onorifica a contatto con minorenni o persone dipendenti.”

Per essere approvata, l’iniziativa deve ottenere sia la maggioranza assoluta dei voti, sia un voto favorevole nella maggioranza dei cantoni. Gli avversari della proposta ritengono che sia formulata in modo troppo restrittivo e non tenga conto del principio della proporzionalità. A loro avviso il controprogetto indiretto, sotto forma di una revisione del Codice penale approvata dal parlamento in novembre, offre una protezione adeguata ai bambini.

Secondo l’Ufficio federale di statistica, nel 2012, in Svizzera 1203 persone sono state accusate di atti sessuali con minori. I casi non dichiarati sono probabilmente molto più numerosi.

 

Secondo le stime una donna su quattro e un uomo su dieci in Svizzera hanno subito abusi sessuali durante la loro infanzia. La cifra include avvenimenti unici e abusi senza contatto fisico, come l’esibizionismo.

 

Due terzi delle vittime sono bambine, un terzo bambini. L’età più a rischio si situa tra i 7 e i 12 anni.

(Fonte: Associazione svizzera per la protezione dell’infanzia)

Nuove sanzioni

Durante i tre anni da quando i promotori dell’iniziativa hanno consegnato alla Cancelleria federale le firme necessarie, le due camere del parlamento non sono riuscite, nonostante i lunghi dibattiti, a presentare una raccomandazione congiunta di voto, come sono solite fare.

I tentativi precedenti di rendere più severe le norme contro i pedofili erano falliti, finché le scorso novembre, di fronte all’approssimarsi del voto sull’iniziativa, il parlamento ha ridiscusso la questione del divieto professionale e ha adottato nuove sanzioni contro i pedofili.

Le sanzioni previste dalla revisione del Codice penale – differenziate in base alla gravità del reato e  applicabili anche in caso di violenza contro i bambini senza sfondo sessuale – prevedono un divieto di attività professionali a contatto con bambini per la durata di 10 anni, divieto che può essere prorogato di cinque anni e in alcuni casi reso perpetuo. I giudici potranno anche vietare ai pedofili condannati di prendere contatto con le vittime e bandirli da alcuni luoghi pubblici.

Il governo federale, soddisfatto del controprogetto indiretto, ha raccomandato ai votanti di respingere l’iniziativa, perché imprecisa, incompleta e contraria ad alcuni principi della legislazione svizzera e internazionale.

I promotori dell’iniziativa non vogliono però che il divieto di esercitare un professione a contatto con i bambini sia lasciato alla discrezionalità dei giudici, perché ritengono che il sistema legale si sia dimostrato incapace di proteggere i bambini. Il caso di Bienne del 2004, all’origine dell’iniziativa, ne sarebbe solo l’esempio più eclatante.

«Miglior» candidato

All’epoca, un insegnante condannato per abusi sessuali su un bambino si era candidato con successo, dopo aver scontato la sua condanna, a un posto di insegnante a Bienne, che prevedeva attività con bambini di sei anni.

 

Dopo essere venuta a conoscenza del caso, l’associazione Marche Blanche organizzò una marcia di protesta e lanciò una petizione chiedendo le dimissioni dell’uomo. La direzione della scuola difese però la sua decisione, argomentando che si trattava del «miglior» candidato per il posto.

 

Il caso venne sollevato più tardi da due deputati in parlamento, senza suscitare grandi reazioni. Dopo aver assistito all’insuccesso di due iniziative parlamentari, Marche Blanche ha deciso di appellarsi al popolo, consegnando nell’aprile del 2011 le firme necessarie per un voto nazionale.

 

Marche Blanche è già riuscita in passato a convincere i cittadini a sostenere le sue proposte. Nel 2008 il 52% dei votanti ha approvato un emendamento costituzionale che abolisce la prescrizione per i reati sessuali o pornografici compiuti contro i bambini sotto i 12 anni. In precedenza, le vittime avevano 25 anni di tempo per sporgere denuncia.

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Dibattito

Durante il dibattito parlamentare Natalie Rickli, deputata al Consiglio nazionale dell’Unione democratica di centro, ha difeso strenuamente l’iniziativa.

 

«In fondo è triste che i cittadini debbano attivarsi e lanciare simili iniziative perché la politica non si attiva autonomamente. Eppure la sicurezza è uno dei compiti principali dello Stato», ha affermato.

 

«Dobbiamo difendere la società e in particolare i bambini e le persone dipendenti dai criminali recidivi. Proprio di questo si occupa l’iniziativa. Se un pedofilo è condannato, non deve più lavorare con bambine o persone dipendenti, sia professionalmente, sia nel tempo libero».

 

Nello stesso dibattito Isabelle Chevalley, deputata dei Verdi liberali, si è detta d’accordo con il principio che le persone condannate per reati gravi di pedofilia non debbano più lavorare con i bambini, ma ha anche rilevato come la formulazione dell’iniziativa sia troppo limitata.

 

«L’iniziativa che ci è sottoposta comporta delle lacune. Bisogna prima di tutto essere coscienti del fatto che la stragrande maggioranza dei casi di abuso sessuale su minori avviene nella cerchia familiare. E in questi casi l’iniziativa purtroppo non serve a niente. Ci sarebbe voluto un testo di legge più ampio, che proteggesse davvero la maggioranza dei bambini vittime di abusi».

 

Chevalley ha inoltre avvertito che l’iniziativa potrebbe colpire anche giovani coppie in cui uno dei partner è appena sotto l’età di protezione di 16 anni, poiché il divieto di esercitare professioni a contatto con bambini è automatico, senza discrezionalità.

 

Christine Bussat, fondatrice di Marche Blanche, ha respinto questa critica, affermando che casi simili in Svizzera non finiscono in tribunale. Il Codice penale svizzero stabilisce un’eccezione alla punibilità dei rapporti sessuali con una persona minore di 16 se la differenza d’età tra le persone coinvolte non eccede i tre anni.

 

Monika Egli-Alge dell’Istituto forense della Svizzera orientale (Forio), una psicologa che offre terapie ai pedofili e compie analisi di rischio per i tribunali, ritiene invece che un divieto professionale automatico sia un passo nella direzione sbagliata.

 

«A mio avviso è importante fare qualsiasi cosa per proteggere i bambini dagli abusi sessuali di qualsiasi tipo. Per quel che riguarda la pedofilia, è importante creare servizi che offrano aiuto a chi lo vuole ricevere e che siano in grado di esaminare e riconoscere chi è un pericolo per la società», dice.

 

«Nel quadro della legislazione vigente è già oggi possibile gestire chi rappresenta un pericolo per i bambini. Le sanzioni esistono, ma bisogna anche applicarle. Ciò richiede decisioni coraggiose da parte dei tribunali e delle autorità.

Il 17 marzo inizia il processo relativo al caso più noto ed eclatante di abuso sessuale seriale in Svizzera.

 

L’imputato 57enne ha ammesso di aver abusato durante più di 29 anni di oltre 100 bambini e adulti disabili. Gli abusi sono venuti alla luce solo quattro anni fa.

 

Le prove contro l’uomo, che ha lavorato come infermiere in otto centri di residenza svizzeri per disabili mentali, includono fotografie e ore di materiale video registrato da lui stesso.

 

Il processo riguarda 33 casi di abuso di adulti e bambini con disabilità fisiche e mentali. I casi rimanenti (relativi a altre 91 vittime) sono caduti in prescrizione prima della modifica di legge del 2008.

 

Il 21 marzo 2014 è stato condannato a 13 anni di prigione.

Cinque importanti organizzazioni giovanili e dell’infanzia respingono l’iniziativa contro i pedofili, sottolineando che è anticostituzionale ed insufficiente.

In un comunicato comune diramato l’8 aprile, la Federazione svizzera delle associazioni giovanili (FSAG), Jungwacht Blauring, il Movimento Scout svizzero, SATUS Svizzera e la Fondazione svizzera per la protezione dell’infanzia insistono sul fatto che le misure di prevenzione sono molto più efficaci e esprimono il loro appoggio alle misure adottate dal parlamento a fine 2013.

«L’iniziativa dà l’impressione di offrire una protezione totale contro i delinquenti sessuali. Si tratta però di una sicurezza illusoria. La realtà mostra che gli autori sono riconosciuti colpevoli solo nel 5% dei casi».

(Traduzione dall’inglese, Andrea Tognina)

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