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Perché il voto per corrispondenza non è una soluzione facile

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In Svizzera il voto per corrispondenza è già in funzione dagli anni Novanta. Keystone

Di fronte alla pandemia di coronavirus, gli elettori preferiscono sempre più votare per corrispondenza, piuttosto che recarsi nei locali elettorali. Ma i casi di Stati Uniti, Polonia e Svizzera dimostrano che l'introduzione e il mantenimento di questo strumento di voto comportano potenziali insidie.

Per votare, gli elettori norvegesi hanno bisogno di un pezzo di carta, tre buste e un francobollo valido. Devono iscrivere la loro scelta sul foglio bianco (nome del partito o del candidato, sì o no in caso di referendum), contrassegnare la prima busta come “busta di voto”, aggiungere alcune informazioni personali (nome, data di nascita, indirizzo) sulla seconda e indirizzare la terza alla commissione elettorale del loro comune di residenza in cui sono registrati. E, per finire, con tanto di francobollo, spedire il tutto via posta.

Il sistema norvegese di voto per corrispondenza è probabilmente il più liberale del mondo, ma non è l’unico. Più di 50 paesi dispongono di normative che consentono il voto per posta per elezioni e referendum. Era così già prima dell’inizio della pandemia di Covid-19, che ha reso il voto a distanza quasi una necessità per garantire la sicurezza sanitaria.

A seguito della pandemia, “almeno 70 paesi hanno rimandato scrutini previsti”, rileva Nana Kalandaze di International IDEA, un’agenzia intergovernativa di sostegno alla democrazia che monitora elezioni e referendum in tutto il mondo.

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Oltre che per questioni di sicurezza sanitaria, molte elezioni o referendum sono stati annullati poiché non era possibile svolgere campagne elettorali o dibattiti pubblici normali. Nonostante la pandemia, scrutini hanno comunque avuto luogo in 56 paesi – spesso attraverso voti per corrispondenza organizzati in modo affrettato.

“Alcuni paesi stanno ora cercando di introdurre rapidamente una qualche forma di voto per corrispondenza, ma in questo modo sorgono spesso ostacoli e insidie”, avverte Kalandaze.

Stati Uniti: attacchi presidenziali

Negli Stati Uniti, il voto per corrispondenza risale alla fine del XIX secolo e può ora farvi ricorso l’83% degli elettori americani in tutti gli Stati. Venti dei 50 Stati americani hanno reso più facile votare a distanza nelle elezioni presidenziali di quest’anno a causa della pandemia. 

Altri sviluppi

Secondo ERIC, un osservatorio elettorale non governativo, il tasso di possibili casi di frode elettorale – come il doppio voto o il voto per conto di una persona deceduta – si situa sullo 0,0025%, il che corrisponde a 376 schede su 14,6 milioni di voti espressi per corrispondenza negli Stati Uniti.

Ma la pandemia ha innescato un dibattito tra i partiti sul voto per corrispondenza, promosso dallo stesso presidente, Donald Trump, e dai repubblicani al potere. 

Trump ha twittato a luglio che “Le elezioni del 2020 saranno totalmente truccate se il voto per corrispondenza sarà consentito, e tutti lo sanno”. È uno degli oltre 70 attacchi che ha fatto da marzo contro questo sistema di voto.

Con la sua crociata contro il voto per corrispondenza, Trump sta “complicando gli sforzi degli stessi repubblicani di far affluire i loro elettori alle urne in numerosi stati chiave come la Pennsylvania, l’Ohio e l’Iowa”, osserva Amy Gardner, giornalista di politica del Washington Post. Questo perché molti elettori più anziani, che tendono a votare per i repubblicani, difficilmente vorranno andare alle urne di persona, visto che il coronavirus continua a diffondersi.

Joe Mathews, corrispondente per la democrazia da Los Angeles, ritiene che, mettendo in discussione il voto per corrispondenza, “il presidente vuole minare il processo elettorale in quanto tale, gettando le basi per sostenere che le elezioni sono state truccate, se dovesse perdere a novembre”.

Polonia: tentativo dell’ultimo minuto

Anche in Polonia il voto per corrispondenza è diventato una questione di estrema faziosità. Mentre la prima grande ondata della pandemia si era abbattuta in aprile, il governo polacco ha voluto ad ogni costo favorire la rielezione del presidente Andrzej Duda (del partito populista Legge e Giustizia) nel termine previsto del 10 maggio. Dato che la presenza degli elettori non era possibile nei locali elettorali, in seguito al divieto di grandi riunioni, il governo ha deciso di accelerare l’introduzione di una nuova legge elettorale che permettesse il voto per corrispondenza.

“Fondamentalmente tutto è stato fatto male”, dice Magdalena Musial-Karg, professoressa di scienze politiche all’Università Adam Mickiewicz. Allo scopo di ottenere la vittoria in un’elezione controversa, il governo ha cercato di aggirare la Commissione elettorale nazionale lanciando il voto per corrispondenza, aggiunge la politologa.

Un tale cambiamento durante un processo elettorale in corso è proibito dalla legislazione dell’UE. Da notare inoltre che l’ente postale polacco, incaricato di inviare le schede elettorali, non disponeva degli indirizzi di milioni di elettori.

Alla fine, dopo l’intervento della Commissione elettorale nazionale lo scrutinio del 10 maggio è stato rinviato all’ultimo minuto, per due turni, a giugno e luglio. Duda ha poi ottenuto una stretta vittoria sul suo sfidante, il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski.

Assieme ad un collega, Magdalena Musial-Karg ha recentemente pubblicato un resoconto del tentativo del governo polacco di accelerare le votazioni per corrispondenza. I due politologi vi osservano che “la Svizzera ha impiegato 30 anni per testare e sviluppare il voto per corrispondenza, mentre la Polonia ha cercato di farlo in soli due mesi”.

Svizzera: accuse e aumento dell’affluenza alle urne

In effetti, la Svizzera detiene il record del maggior numero di votazioni per corrispondenza al mondo: i suoi elettori sono chiamati più volte all’anno alle urne per esprimersi su numerosi temi. Ma il voto per corrispondenza in Svizzera ha una tradizione meno lunga rispetto agli Stati Uniti: è stato introdotto negli anni Novanta.

“All’inizio la legge permetteva solo ai malati di spedire il loro per posta”, ricorda Hans-Urs Wili, che per molti decenni ha diretto la sezione dei diritti politici della Cancelleria federale. Ma dagli anni Novanta, in seguito ad un’iniziativa dei parlamentari René Rhinow del Partito liberale radicale e di Eva Segmüller del Partito popolare democratico, questa possibilità è stata concessa a tutti gli elettori. Oggi, secondo le statistiche della Posta Svizzera, oltre l’80% dei partecipanti a elezioni e referendum esprime il proprio voto per corrispondenza.

Durante il suo mandato di ministro della giustizia, l’ex leader dell’Unione democratica di centro Christoph Blocher ha ripetutamente affermato che il voto per corrispondenza “viene falsificato”. Nel 2006 ha quindi chiesto al Consiglio federale di inviare a tutti i Cantoni una circolare federale che imponeva una serie di misure precauzionali. Ad esempio, tutte le buste per il voto per corrispondenza dovevano contenere la clausola seguente: “Chi non vuole esercitare il proprio diritto di voto deve strappare la propria scheda prima di cestinarla!

Tuttavia, alla fine i Cantoni sono stati in grado di dimostrare che le accuse di frode erano infondate e la clausola federale è diventata non vincolante un anno dopo. Ma il suo ritiro non è mai stato comunicato ufficialmente al pubblico.

Wili afferma che l’introduzione del voto per corrispondenza ha contribuito ad un aumento dell’affluenza alle urne media del 15% a livello nazionale e ha addirittura raddoppiato l’affluenza alle urne nel cantone di Ginevra.  

Come negli Stati Uniti, le frodi elettorali sono estremamente rare in Svizzera: in oltre 40 anni di regolari votazioni, i funzionari hanno registrato solo cinque tentativi di manipolare il voto a livello locale. E come negli Stati Uniti e in molti altri paesi, proseguono i dibattiti sul modo migliore per votare, tra cui sul voto elettronico, che solleva a sua volta interrogativi a livello di sicurezza e segretezza.

Traduzione di Armando Mombelli

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