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Politica d’asilo: la Svizzera esce «gran vincitrice» dalla collaborazione con l’UE

Redazione Swissinfo

La Svizzera è di gran lunga il paese che più di tutti in Europa beneficia della possibilità di rinviare i richiedenti verso i cosiddetti paesi di primo asilo. È quanto emerge da un rapporto pubblicato recentemente dall’Unione Europea.

L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), la cui sede si trova significativamente a Malta, paese agli avamposti dell’Unione Europea, ha pubblicato in luglio il suo rapporto annualeCollegamento esterno. Tra le altre cose, il documento presenta le cifre relative al principale strumento di cooperazione migratoria attualmente in vigore nell’UE, l’accordo di Dublino. Anche la Svizzera ha ratificato questo accordo. La terza versione (Dublino III) è attualmente in discussione in parlamento.

Etienne Piguet è professore di geografia all’Università di Neuchâtel e vicepresidente della Commissione federale delle migrazioni. Le sue ricerche sono incentrate sui flussi e le politiche migratorie, l’integrazione e l’asilo e più in generale sulla geografia della popolazione.

Contrariamente ad altri strumenti di politica migratoria europea che stanno ancora muovendo i primi passi, come il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI), Dublino non è un meccanismo di solidarietà tra gli Stati più o meno toccati dall’arrivo di migranti. Il suo scopo è di impedire che una richiesta d’asilo possa essere presentata successivamente in più paesi. L’obiettivo è quindi di evitare un sovraccarico del lavoro amministrativo e una dilatazione a tempo indefinito delle procedure.

Dublino vuole evidentemente anche essere uno strumento dissuasivo: per un richiedente la cui richiesta è stata respinta, non è più possibile evitare il rimpatrio scegliendo un altro paese d’esilio.

Il principio di questo accordo è semplice: la domanda d’asilo è trattata nel primo paese in cui il richiedente ha soggiornato legalmente o dove – ed è il caso più frequente – è entrato senza documenti validi. Esistono delle eccezioni per ragioni famigliari. Ad esempio, un richiedente giunto in Svizzera dopo essere transitato dall’Italia, può presentare la domanda d’asilo nella Confederazione se ha già dei parenti che vivono qui. 

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Dei vincenti e dei perdenti

Non essendo uno strumento basato sul principio di solidarietà, Dublino crea inevitabilmente dei vincenti e dei perdenti tra i paesi d’accoglienza. Alcuni Stati sono obbligati a riammettere dei richiedenti l’asilo che avevano lasciato il loro territorio. Altri possono invece evitare di aprire delle pratiche, rinviando i richiedenti nel paese di transito. Paragonando le cifre pubblicate dall’EASO e da Eurostat con quelle dell’Ufficio federale delle migrazioni, è così possibile stilare il bilancio per la Svizzera.

Il verdetto è senza appello. Prima di tutto si constata che la Svizzera rinvia – tramite Dublino – molti più richiedenti di quelli che deve accettare. Nel 2013, la Confederazione ha trasferito 4’165 persone e ha dovuto «riprenderne» solo 751. La differenza tra queste due cifre – 3’414 – equivale all’«utile netto di Dublino».

Etienne Piguet ritiene che sia presuntuoso credere che la Svizzera possa voltare le spalle all’Europa senza nessuna conseguenza. Keystone

L’Italia riceve la grande maggioranza dei trasferimenti svizzeri (2’527 contro 8 in senso inverso). Ciò si spiega prima di tutto con la posizione geografica dell’Italia, in prima linea sulla rotta delle migrazioni. Lo stesso vale per la Spagna, in seconda posizione, con 401 trasferimenti dalla Svizzera (1 solo in senso inverso). Da notare che in seguito alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e del Tribunale amministrativo federale, la Svizzera rinvia solo eccezionalmente dei richiedenti l’asilo verso la Grecia.

Che la Svizzera tragga dei benefici dall’accordo di Dublino è risaputo. Ogni anno, del resto, l’Ufficio federale delle migrazioni lo sottolinea con soddisfazione. E il governo svizzero ha fatto altrettanto in un recente rapporto. Meno conosciuta è invece la posizione occupata dalla Svizzera nel sistema nel suo insieme, se paragonata agli altri 30 paesi associati a Dublino, come mostra questo grafico.

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Da esso emerge che la Svizzera è, assieme alla Germania, lo Stato che approfitta maggiormente della possibilità di rinviare i richiedenti verso il primo paese di transito. Se si paragonano i trasferimenti col numero delle domande depositate nel corso dell’anno, la differenza è spettacolare. Di fatto, la Svizzera è il solo paese che grazie all’accordo di Dublino riesce a ridurre sostanzialmente (di circa il 20%) il numero di domande d’asilo da esaminare.

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Le conseguenze di una rescissione

In Svizzera, l’accordo di Dublino è stato spesso pesantemente criticato dagli ambienti ostili alla collaborazione con l’Europa. Le garanzie giuridiche offerte ai richiedenti e la limitazione dei periodi di detenzione sono visti come degli ostacoli per procedere ai rinvii. Secondo altri, invece, l’accordo dovrebbe essere applicato con maggiore energia e gli altri paesi europei non adempirebbero sufficientemente ai loro obblighi di riammissione nei confronti della Svizzera. Un postulato adottato dal Consiglio nazionale nel 2013 va ad esempio in questo senso.

La Convenzione di Dublino è stata siglata il 15 giugno 1990 ed è entrata in vigore il primo settembre dello stesso anno per i primo 12 Stati firmatari (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Gran Bretagna). Nel 1997 hanno aderito all’accordo anche l’Austria e la Svezia e nel 1998 la Finlandia. Il trattato è stato esteso anche al di fuori dell’UE, segnatamente all’Islanda, alla Norvegia e alla Svezia. La Confederazione lo ha approvato il 5 giugno 2005 (54,8% di sì) ed è entrato in vigore il 12 dicembre 2008.

Dublino è lungi dall’essere un sistema perfetto. Questa politica può essere criticata sia per la sua mancanza di solidarietà, sia per il suo carattere tecnocratico. Le cifre che abbiamo presentato mostrano però che le affermazioni secondo cui la collaborazione con l’UE è sfavorevole per la Svizzera o che gli altri paesi dell’UE non rispettano le regole del gioco, non reggono alla prova dei fatti.

Anzi. Queste cifre mostrano a che punto sarebbe presuntuoso credere che la Svizzera possa voltare la schiena all’Europa senza che non vi sia nessuna conseguenza. Anche se non è giuridicamente legato all’accordo di libera circolazione delle persone, messo in pericolo dal voto del 9 febbraio, l’accordo di Dublino rappresenta una spada di Damocle per la Svizzera. In caso di rescissione da parte dell’UE, la Svizzera non potrebbe più trasferire dei richiedenti l’asilo verso un paese di transito o di soggiorno. Ma vi è di più: la Svizzera diventerebbe molto più attrattiva per quelle persone che si sono viste respingere la domanda d’asilo da un paese dell’UE. Il risultato sarebbe che ogni anno si dovrebbero trattare migliaia di domande d’asilo supplementari. 


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