Poco dopo l’incidente nucleare di Fukushima, cinque anni fa, il governo svizzero suscitò scalpore annunciando di voler rinunciare all’atomo. Ma si dovrà ancora aspettare l’attuazione di questa decisione: la Camera bassa del parlamento mercoledì non ha più voluto limitare la durata di vita di tali impianti. Solo quella di Mühleberg chiuderà presto i battenti.
La Camera del popolo ha fatto retromarcia mercoledì rispetto alle proprie decisioni del 2014 riguardo alla Strategia energetica 2050, il piano del governo e del parlamento per traghettare il Paese fuori dal nucleare, promovendo le energie rinnovabili. Con 131 voti contro 64, ha rinunciato a limitare a 60 anni l’esercizio delle centrali più vecchie, come Beznau I e II (chiusura, rispettivamente, nel 2029 e nel 2031).
La maggioranza di destra della Camera bassa ha ritenuto inutile e prematuro chiudere impianti sicuri e in grado di funzionare. Inoltre ciò evita il rischio che i gestori reclamino risarcimenti di danni e interessi in caso di una disattivazione prematura.
Fine di Mühleberg
I dadi sono invece già tratti per una delle cinque centrali nucleari della Svizzera. La Società elettrica bernese (BKW) ha annunciato mercoledì che disattiverà il proprio impianto di Mühleberg il 20 dicembre 2019. In un comunicato, la società precisa che inizialmente rimuoverà tutto il combustibile nucleare e lo immergerà nella piscina di disattivazione del combustibile esaurito. Ciò dovrebbe richiedere circa nove mesi. La disattivazione definitiva potrà quindi iniziare nel settembre 2020.
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La Svizzera produce circa il 40% della sua energia grazie alle sue cinque centrali nucleari.
Messa in servizio alla fine del 1972, l’impianto bernese di Mühleberg è la seconda più vecchia centrale nucleare ancora funzionante al mondo, dopo quella di Beznau I, che si trova nel cantone di Argovia (1969).
A causa di microfessure riscontrate nell’impianto, Mühleberg è da anni oggetto di forti opposizioni.
(Traduzione dal francese)
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