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Politica europea, la Svizzera si deve svegliare

Le relazioni bilaterali rischiano di finire su un binario morto. jokerphoto.de

La via bilaterale della Svizzera mette sempre più in difficoltà l’Unione europea. È giunto quindi il momento di riconsiderare l’opzione Spazio economico europeo, afferma l’esperto di politica europea Dieter Freiburghaus.

In occasione della recente visita a Bruxelles della presidente della Confederazione Doris Leuthard, il presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy e quello della Commissione Manuel Barroso hanno chiesto a Berna di integrare maggiormente il diritto europeo nelle future trattative.

Per migliorare i rapporti bilaterali e facilitare la gestione degli oltre 120 accordi, è stato inoltre istituito un gruppo di lavoro composto da esperti.

swissinfo.ch: In materia di politica europea, la Svizzera si trova in un vicolo cieco, perché la via bilaterale non sembra più percorribile. Come potrebbe uscire da questa situazione?

Dieter Freiburghaus: La scelta della Svizzera è effettivamente una via a senso unico che potrebbe trasformarsi in un vicolo cieco. Non abbiamo grandi margini di manovra.

Non credo però che un giorno sarà semplicemente scritta la parola fine. Se non formuliamo nuove richieste all’Ue e seguiamo le consegne di Bruxelles, possiamo continuare sulla via bilaterale. Ma la nostra posizione diventerà sempre più scomoda. A un certo punto dovremo quindi considerare le alternative.

swissinfo.ch: La Svizzera e l’Ue hanno nominato un gruppo di lavoro che avrà il compito di valutare le varie opzioni per semplificare i rapporti bilaterali. Come giudica questa soluzione?

D.F.: Da due anni, l’Ue afferma di non essere più soddisfatta delle soluzioni bilaterali. Queste sono complicate, lente, visto che la Svizzera non riprende automaticamente le norme europee. Ciò significa che nella Confederazione è in vigore un altro diritto anche se ci troviamo nel mercato interno.

La situazione particolare di cui gode la Svizzera non è più soddisfacente per l’Ue. Gli Stati membri hanno sempre più difficoltà a capirla.

La Svizzera è stata molto restia a soddisfare le richieste dell’Ue, specialmente per quanto riguarda l’adozione automatica delle norme europee. Il gruppo di lavoro è stato dunque istituito per discutere costantemente e in maniera schietta sulle aspettative dell’Ue.

swissinfo.ch: La pressione dell’Ue diventerà maggiore?

D.F.: La pressione è palese ed è aumentata continuamente. Ora è chiaro che l’Ue è particolarmente insoddisfatta e che la Svizzera non riuscirà più a svicolare facilmente.

swissinfo.ch: La via bilaterale per Bruxelles ha le ore contate?

D.F.: Bruxelles continuerà a concludere degli accordi bilaterali con Stati terzi. L’Ue lo fa continuamente e in grande quantità. Con la Svizzera, però, il numero di trattati ha raggiunto un tetto massimo ed è molto superiore che con altri Stati.

La partecipazione elvetica al mercato interno dell’Ue è talmente intensa che non possiamo continuare così. Lo status particolare della Svizzera – con 120 accordi bilaterali diversi – non viene più accettato dall’Ue.

swissinfo.ch: La Conferenza dei governi cantonali, così come l’Ue, parla di un accordo quadro. Potrebbe essere una soluzione?

D.F.: Se ne discute da due anni. L’Ue vuole che tutti i trattati siano legati a un accordo istituzionale unico. Questo accordo presuppone però l’adozione automatica del nuovo diritto europeo e ciò significherebbe l’entrata della Svizzera nello Spazio economico europeo (SEE).

L’adesione allo SEE, anche se si andò incontro agli interessi elvetici, è stata respinta dall’elettorato elvetico nel 1992. 16 anni dopo, la Svizzera vuole un accordo quadro che contenga delle soluzioni su misura. Così, ci si rende semplicemente ridicoli sulla scena europea.

È chiaro per tutti che l’accordo quadro corrisponde all’adesione al SEE. Secondo me, dobbiamo quindi riesaminare questa variante.

swissinfo.ch: La via bilaterale viene messa in discussione anche in Svizzera. Così, il laboratorio di idee liberale Avenir Suisse ha recentemente affermato che l’adesione a Ue o SEE va riconsiderata. Come valuta questa proposta?

D.F.: I recenti sondaggi hanno dimostrato che la popolazione elvetica non è pronta a discutere l’adesione all’Ue. In più c’è la destra che diffonde con martellante insistenza le sue ragioni. Al momento, quindi, il discorso è ancora tabu.

Dopo che per anni l’UDC (Unione democratica di centro, destra conservatrice ndr.) ha potuto screditare l’Ue senza una vera opposizione da parte dei politici borghesi, ora non si può semplicemente riprendere il tema dell’adesione. Ci servono dapprima dieci anni di SEE.

Con ciò non voglio affermare che lo SEE diventerà per noi realtà, ma dobbiamo almeno considerarlo un’opzione. Infatti, se la via bilaterale non dovesse più essere percorribile, dovremmo almeno avere valutato delle soluzioni alternative. Da due anni stiamo trattando innumerevoli dossier senza giungere a una conclusione perché l’Ue sta bloccando le discussioni.

swissinfo.ch: Il 18 agosto il governo svizzero presenterà un rapporto sulla politica di integrazione europea della Svizzera. Cosa si aspetta?

D.F.: Dopo la visita della presidente della Confederazione Doris Leuthard a Bruxelles ci può attendere, così come è avvenuto con il rapporto sulla sicurezza, che il governo chieda più tempo.

D’altra parte è chiaro che i partiti borghesi vogliono evitare che il rapporto esca in prossimità delle elezioni nazionali 2011. Questi stanno ripetendo da tre elezioni federali che l’Europa è tabu, perché sono divisi sull’argomento.

Jean-Michel Berthoud, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento, Luca Beti)

Politologo, esperto di politica europea e dei rapporti tra Svizzera e Europa.

Nato nel 1943, ha studiato musica, economia e politica a Berna, San Gallo e Berlino.

Nel 2009, ha pubblicato il libro «Königsweg oder Sackgasse? Sechzig Jahre schweizerische Europapolitik», per l’editore NZZ libro.

Dopo il ‘no’ del popolo elvetico nel 1992 all’adesione allo Spazio economico europeo, per regolamentare i rapporti con l’Unione Europea la Svizzera ha optato per un modello di cooperazione bilaterale.

Nel 1999 la Svizzera e l’UE, formata allora da 15 paesi, hanno concluso un primo pacchetto di accordi bilaterali, che hanno permesso innanzitutto di garantire una reciproca apertura dei mercati.

Gli Accordi bilaterali I, entrati in vigore nel 2002, concernono i seguenti settori: libera circolazione delle persone, appalti pubblici, ostacoli tecnici al commercio, agricoltura, ricerca, trasporti terrestri e trasporto aereo.

Nel 2004 Berna e Bruxelles hanno concordato un secondo pacchetto di accordi bilaterali, destinati a rafforzare la cooperazione in altri settori.

Gli Accordi bilaterali II, entrati in vigore tra il 2005 e il 2008, riguardano l’adesione della Svizzera ai trattati di Schengen e Dublino, la fiscalità del risparmio, i prodotti agricoli trasformati, i media, l’ambiente, la statistica, la lotta contro la frode, le pensioni, nonché l’educazione e la formazione professionale.

Dopo l’approvazione da parte del popolo svizzero del protocollo aggiuntivo sulla libera circolazione delle persone, gli accordi bilaterali sono stati estesi nel 2006 anche ai 10 paesi che hanno aderito all’UE nel maggio 2004.

L’8 febbraio 2009 il popolo elvetico ha approvato il rinnovo dell’accordo di libera circolazione delle persone con l’Ue e la sua estensione a Bulgaria e Romania.

Il 19 luglio 2010, Svizzera e Ue hanno istituito un gruppo di lavoro con il compito di valutare le varie opzioni per migliorare i rapporti bilaterali.

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