Cosa ci aspetta: prospettive per la politica svizzera nel 2022
Protezione del clima, protezione degli animali, protezione della gioventù, protezione del paesaggio: l'anno prossimo, la Svizzera si interrogherà spesso sul suo approccio nei confronti del creato. Nei suoi rapporti con l'estero, la Confederazione oscillerà invece tra il prestigioso ruolo di mediatrice internazionale e la difficile situazione di isolamento all'interno dell'Europa.
Il nuovo anno inizia con un menu piuttosto copioso per le elettrici e gli elettori. Infatti, il 13 febbraio saranno chiamati alle urne per esprimersi su due iniziative. L’una chiede il divieto della sperimentazione sugli animali e sugli esseri umani, l’altra la proibizione della pubblicità sui prodotti del tabacco. Inoltre, al voto ci sono due referendum, il primo relativo a un pacchetto di misure di aiuto per i media, il secondo contro l’abrogazione della tassa di bollo federale per le grandi aziende.
La protezione dell’ambiente e del clima sarà di nuovo al centro dell’attenzione della politica nel 2022. Tre delle quattro iniziative popolari pendenti in Parlamento e che probabilmente verranno sottoposte al verdetto popolare nei prossimi 12 mesi riguardano temi ambientali. La quarta, lanciata dalla sinistra, chiede una riduzione dei premi dell’assicurazione sanitaria di base per la classe media.
Dopo aver respinto la legge sul CO2 nel giugno 2021, il popolo dovrà esprimersi su un’iniziativa – detta iniziativa per i ghiacciai – che chiede di azzerare le emissioni di gas ad effetto serra e l’impiego di combustili e carburanti fossili entro il 2050. Le ripercussioni sul portamonete delle cittadine e dei cittadini di una simile decisione potrebbero però giocare di nuovo un brutto scherzo agli ambienti ecologisti che vogliono accelerare la transizione energetica, una svolta che dovrebbe permettere alla Svizzera di raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima.
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Dopo i pesticidi, l’allevamento intensivo
Il mondo agricolo si sta, dal canto suo, preparando a una nuova battaglia. Come le due iniziative sui pesticidi, respinte alle urne nel 2021, anche l’iniziativa contro l’allevamento intensivo divide il mondo contadino.
La maggior parte teme un’impennata dei prezzi della carne svizzera nel caso in cui l’iniziativa volta a inasprire la legge sulla detenzione degli animali venisse approvata alle urne. Dall’altra parte ci sono gli allevatori e le allevatrici che si battono per un’agricoltura più ecologica e rispettosa del benessere degli animali. Tra chi è favorevole ci sono anche organizzazioni ambientaliste che denunciano la pratica assurda di importare ogni anno migliaia di tonnellate di foraggio dal Brasile, promuovendo così la distruzione della foresta tropicale.
Infine, la terza iniziativa “ecologica” vuole ancorare nella Costituzione federale la protezione del paesaggio attraverso una limitazione del diritto di costruzione al di fuori delle zone edificabili. Ogni anno, sostiene il gruppo promotore, vengono realizzati 2’000 nuovi edifici fuori zona, ciò che favorisce l’espansione disordinata degli insediamenti e la cementificazione del territorio. L’iniziativa tocca corde sensibili degli svizzeri e delle svizzere. Quasi dieci anni fa, il popolo aveva accettato a sorpresa un’iniziativa volta a frenare la costruzione di nuove case secondarie.
Battaglia per la leadership a sinistra
I partiti politici affilano le armi in vista dell’appuntamento elettorale dell’autunno 2023. La lotta per conquistarsi la leadership a sinistra si farà probabilmente dura. Stando all’ultimo barometro elettorale della Società svizzera di radiotelevisione SSR SRG, con il 13,2 per cento delle intenzioni di voto, il Partito dei Verdi è la quinta forza politica in Svizzera e si piazza a ridosso del Partito socialista (15,8%), del Partito liberale radicale (13,6%) e dell’Alleanza del Centro (13,3%).
Una posizione, quella dei Verdi, che giustifica le loro mire nei confronti di un seggio in Consiglio federale a scapito dei loro alleati. Lo scontro tra di due amici storici evidenziato in novembre dall’intenzione da parte di Verdi e PS di lanciare due iniziative, sostanzialmente analoghe, che chiedono la creazione di un fondo per la transizione ecologica.
I socialisti vogliono smorzare ogni velleità dei concorrenti ecologisti puntando su uno dei loro cavalli di battaglia, le pensioni. Infatti, sosterranno il referendum lanciato dall’Unione sindacale svizzera contro l’ultima riforma dell’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS) che prevede un aumento dell’età pensionabile per le donne da 64 a 65 anni. Il popolo verrà probabilmente chiamato alle urne nell’autunno 2022, un anno prima delle elezioni a livello federale.
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Barometro elettorale, stabilità politica nella pandemia
L’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) continua ad essere saldamente in prima posizione, anche se è rimasta orfana del suo tema faro, l’immigrazione. L’UDC continuerà a puntare sull’opposizione alle misure sanitarie dettate dal Governo per mobilitare la base elettorale. E ciò, nonostante i reparti di cura intensiva siano quasi al completo e due sconfitte alle urne sulla legge Covid-19 negli ultimi mesi.
Inoltre, il maggiore partito del paese riparte all’assalto del servizio pubblico audiovisivo con un’iniziativa volta a ridurre di quasi la metà il canone radiotelevisivo. Nel 2018, il popolo aveva respinto alle urne un’iniziativa dell’UDC che voleva abolire completamente il canone. Il nuovo progetto sembra molto più pericoloso rispetto alla “No Billag” visto che, rispetto a quattro anni fa, la SSR, a cui appartiene anche SWI swissinfo.ch, non gode più dello stesso sostegno dei partiti al governo.
Il dossier europeo, uno spauracchio
In politica estera, la Svizzera si muove su due scene completamente diverse. Da una parte, si è candidata a un posto nel Consiglio di sicurezza dell’ONU e vuole mettere a disposizione i suoi buoni uffici per mitigare le tensioni geopolitiche tra Russia, Cina e Stati Uniti. Dall’altra non riesce a sbloccare le trattative con il suo partner commerciale più importante: l’Europa.
Nel 2022, la questione europea rimarrà il nodo gordiano della politica estera svizzera. Il maggio scorso, il Consiglio federale ha interrotto i negoziati sull’accordo quadro con l’UE che duravano da sette anni.
Ora, la Confederazione intende ritornare a sedersi con l’UE al tavolo delle trattative. Il processo negoziale si prospetta però irto di ostacoli.
I primi nodi sono venuti al pettine già dopo il primo incontro a metà novembre tra il ministro degli esteri svizzero Ignazio Cassis e il vicepresidente della Commissione europea responsabile del dossier Maros Sefcovic. L’UE ha chiesto alla Svizzera di elaborare una tabella di marcia entro il prossimo incontro che doveva svolgersi durante il Forum economico mondiale di Davos (WEF). Tuttavia, il rinvio del WEF a causa della situazione pandemica non aiuterà il Governo svizzero. Infatti, quello tra UE e Confederazione sembra un discorso tra sordi.
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Ignazio Cassis, un uomo a immagine della Svizzera
Intanto il tempo passa e la pressione di Bruxelles non si attenua. Ad esempio, la Svizzera resta esclusa dai programmi europei di ricerca Horizon. Per uscire da questa impasse, in novembre la Commissione di politica estera del Consiglio nazionale ha suggerito di assegnare un secondo miliardo di coesione destinato a progetti di sviluppo in Europa dell’Est accompagnati da Berna. Un atto quasi disperato che però non ha trovato una maggioranza in Parlamento, ma che evidenzia la cacofonia di voci in Svizzera rispetto al dossier europeo. Il ministro della finanza, Ueli Maurer, ha indicato che con questa proposta la Svizzera si rendeva solo ridicola di fronte all’UE.
Il Consiglio federale ha incaricato l’ex segretario di Stato per la migrazione Mario Gattiker di analizzare le differenze legali fra i due sistemi giuridici, ma anche di discutere con attori in Svizzera. Dovrà cioè sondare il campo per stabilire quali adattamenti del diritto elvetico rispetto alla legislazione europea potrebbero trovare una maggioranza nella Confederazione. Sembra essere la nuova strategia del Governo volta a chiarire le questioni controverse per ogni singolo accordo, una strategia che però difficilmente troverà i favori di Bruxelles.
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La Svizzera rischia molto con l’UE
Glamour e paillette sulla scena internazionale
Nel 2022, la diplomazia elvetica cercherà di finire sotto il fascio dei riflettori internazionali. Nel mese di luglio, la Svizzera accoglierà a Lugano un summit sull’Ucraina. Ignazio Cassis vuole incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo Cantone d’origine.
Per il nuovo presidente della Confederazione sarà l’occasione per guadagnare consensi a livello nazionale, un anno prima delle elezioni federali e in un momento in cui, stando ai sondaggi, non gode di particolare popolarità. L’evento organizzato per promuovere il processo di riforma in Ucraina e la sua indipendenza non nasce sotto una buona stella gode visto che la Russia ha posizionato le sue truppe a ridosso della frontiera ucraina.
Intanto, la candidatura della Svizzera a un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU sembra una mera formalità. In giugno, l’Assemblea generale dell’ONU a New York eleggerà cinque nuovi dei dieci membri non permanenti per gli anni 2023-2024. Oltre a quella elvetica, c’è una sola altra candidatura per il posto vacante che spetta agli Stati occidentali. A livello nazionale, solo l’UDC non vede di buon occhio la conclusione di un percorso iniziato dieci anni fa. Il partito della destra conservatrice teme per la neutralità elvetica.
Sul piano interno bisogna chiarire ancora la ripartizione delle competenze. Il fatto che spetterà al Consiglio federale decidere se aderire o non aderire alle sanzioni decise dal Consiglio di sicurezza non rispetta i processi decisionali previsti dalla Costituzione, processi che prevedono il coinvolgimento di Parlamento e popolo. Dal canto suo, il Governo non vede alcun problema, se non in casi eccezionali, visto che molte attività del Consiglio di sicurezza possono essere pianificate con largo anticipo oppure la Svizzera potrà astenersi dal voto.
In autunno, il Consiglio federale intende verificare i processi decisionali in seno al parlamento. Se sarà necessario prendere in fretta una decisione, informerà almeno i presidenti delle Commissioni di politica estera delle due Camere. Ironia della sorte, il presidente della commissione del Consiglio nazionale è l’UDC Franz Grüter, un politico che si è sempre apertamente opposto alla candidatura della Svizzera in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU.
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Traduzione dal tedesco: Luca Beti
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