Posti vacanti nella struttura di comando della NATO: la Svizzera è interessata
Al vertice NATO di Vilnius, in Lituania, l'alleanza di difesa si è riorganizzata. Con quali conseguenze per la neutrale Svizzera? E cosa significherebbe per il Paese un avvicinamento alla NATO?
“Vorrei potermi sentire sempre così al sicuro”, ha dichiarato l’11 luglio il presidente lituano Gitanas Nausėda, all’apertura del vertice di due giorni della NATO a Vilnius.
In effetti, in questi ultimi giorni, la capitale della Lituania, che si trova a pochi chilometri dal centro geografico della “grande” Europa che va dagli Urali all’Atlantico, sembrava una fortezza pesantemente armata: più di 12’000 forze di sicurezza civili e militari hanno fatto da cornice all’incontro annuale dell’alleanza di difesa.
All’aeroporto, le forze armate tedesche hanno persino posizionato diversi sistemi missilistici antiaerei Patriot.
Il vertice ha rappresentato un evento straordinario. A 500 giorni dall’inizio della guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, la NATO si è riorganizzata. A Vilnius sono stati concordati l’allargamento nell’Europa settentrionale e l’espansione delle relazioni nell’Indo-Pacifico, e all’Ucraina è stata fatta la promessa di un processo di adesione.
>> NATO, la sicurezza dell’Ucraina in primo piano (Telegiornale RSI, 12.7.2023):
Nessuna presenza svizzera al vertice
La Confederazione, partner ufficiale della NATO dal 1997, non era presente a Vilnius. “La Svizzera non è stata invitata né come partecipante né come Paese osservatore”, indica il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS).
Ciononostante, la Svizzera è interessata a una maggiore presenza e coinvolgimento nell’Alleanza. “L’adesione degli Stati nordici libera posti nelle strutture di comando della NATO”, ha affermato Pälvi Pulli, responsabile della politica di sicurezza del DDPS, contattata da SWI swissinfo.ch prima del vertice. “La Svizzera sta anche valutando la possibilità di inviare personale nei centri di eccellenza della NATO, come il Centro di eccellenza per l’ingegneria militare”.
Questo centro con sede a Ingolstadt, in Germania, sostiene la NATO e i suoi Stati partner nello sviluppo della strategia militare.
In effetti, secondo Pulli, l’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO crea non solo nuove opportunità, ma anche sfide per la Svizzera: “Il gruppo di Stati europei partner della NATO è diventato più piccolo e ora ha meno peso nei confronti dell’Alleanza”.
La Svizzera, prosegue, sta quindi valutando la possibilità di “partecipare all’intera gamma di esercitazioni, compresa la difesa collettiva ai sensi dell’articolo 5 del Trattato NATO”. In base a tale articolo, un attacco armato contro uno Stato alleato è considerato un attacco contro tutti i Paesi dell’Alleanza.
Il motivo è da ricercare nei recenti sviluppi geopolitici, sottolinea l’alta funzionaria: “Se la Svizzera dovesse essere attaccata, gli obblighi legali in materia di neutralità non sarebbero più applicabili e dovremmo quindi avere la possibilità di difenderci insieme ai nostri Stati partner, la maggior parte dei quali sono membri della NATO”.
Anche il rafforzamento della cooperazione internazionale dovrebbe servire a questo scopo. Dopo l’attacco della Russia all’Ucraina, una situazione del genere sembra infatti oggi più plausibile, dice Pulli.
Qualsiasi avvicinamento alla NATO, sottolinea, potrà però avvenire solo “nel rispetto della neutralità e degli interessi degli Stati partner”. Questo solleva ovviamente una domanda: di quale forma di neutralità si parla?
“Non esiste un codice di condotta fisso e stabilito per gli Stati neutrali. Possiamo definire l’applicazione della neutralità in modo ampiamente indipendente”, risponde Pulli. Ma è anche chiaro che “la fornitura diretta di armi a un Paese in guerra come l’Ucraina è esclusa sotto il profilo legale, così come l’obbligo di difesa comune”.
A 30 chilometri dalla Bielorussia
A Vilnius, appare chiaro quanto siano diventate urgenti le questioni di sicurezza collettiva. Incuneata tra l’exclave russa di Kaliningrad a ovest e la Bielorussia a sud, la Lituania presenta molte analogie con la Berlino della Guerra Fredda: a soli 30 chilometri dalla capitale, un confine protetto da alte recinzioni separa la zona europea (democratica) da quella russa (autoritaria).
Altri sviluppi
Durante un sopralluogo al posto di frontiera di Medininkai, SWI swissinfo.ch ha incontrato numerose persone rifugiate dall’Iraq e dalla Siria giunte dalla Bielorussia in biciletta. Non vogliono rispondere a domande né farsi fotografare. Secondo l’esperto di sicurezza finlandese Rasmus Hindren, fanno parte di “una guerra ibrida, come abbiamo osservato per anni alle varie frontiere esterne dell’Unione Europea”.
Mentre la Lituania (65’000 chilometri quadrati e 2,8 milioni di abitanti) ha usato i giorni del vertice per mettere in relazione la guerra della Russia in Ucraina e i suoi interessi in materia di sicurezza, all’incontro di Vilnius non c’è stata alcuna traccia della Svizzera e delle sue preoccupazioni in tal senso.
A cura di Mark Livingston
Traduzione di Luigi Jorio
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