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Giudici al guinzaglio dei partiti

la statua della Giustizia è trasportata su un rimorchio trainato da un auto.
In Svizzera, la separazione dei poteri tra organi giudiziari e legislativi non è sempre garantita. Keystone

In alcuni paesi, i giudici non possono essere membri di un partito politico. In Svizzera non è così: qui l'affiliazione a un partito è di fatto un prerequisito per la nomina di un giudice. E i giudici eletti riversano persino una parte del reddito al loro partito.

Immaginate di ritrovarvi di fronte a una corte per rispondere all’accusa di possesso di canapa: preferireste essere giudicati da un giudice dell’Unione democratica di centro (UDC), che si oppone alla legalizzazione delle droghe leggere, o da un giudice del Partito ecologista svizzero (PES), che si batte per una liberalizzazione del consumo? 

In Svizzera, questa domanda non è puramente teorica. Quasi tutti i giudici sono membri di un partito. L’idea alla base è di fare in modo che diverse posizioni politiche siano integrate nella giurisprudenza. Lo spirito democratico viene considerato più importante del trattamento giudiziario di singoli casi. Ciò può avere però effetti poco piacevoli dal profilo pratico: chi viene giudicato da un giudice dell’UDC per consumo di canapa o da un giudice socialista per evasione fiscale, può dirsi generalmente sfortunato.

Elezione dei giudici in Svizzera 

In Svizzera i giudici sono eletti dal parlamento e in alcuni Cantoni anche dall’elettorato. 

I requisiti per l’elezione sono di norma solo la cittadinanza attiva e non necessariamente la formazione giuridica: molti Cantoni impiegano oltre a giudici professionisti anche magistrati onorari. 

La durata del mandato è relativamente breve (di solito dura quattro o sei anni). Dopo tale termine i giudici devono essere rieletti.

Per diventare giudici bisogna aderire a un partito 

In Svizzera non esiste una formazione speciale per i giudici. Di norma (ma non necessariamente) i futuri giudici studiano diritto, poi diventano avvocati o lavorano in un tribunale. E qui devono aspettare che venga il turno del loro partito di poter piazzare un proprio membro sulla poltrona più alta della corte. 

Un giurista non iscritto a un partito non ha quasi nessuna chance di diventare giudice. Di regola, le cariche vengono assegnate secondo una chiave di ripartizione tra i partiti che si basa sulla rispettiva quota elettorale. Quando un partito ha scelto il proprio candidato, di solito viene eletto tacitamente. 

Entrambe le parti ne approfittano: il giudice non deve fare una campagna elettorale e il partito riceve in cambio del denaro. Dopo la sua nomina, il giudice versa generalmente al suo partito una cosiddetta “tassa di mandato”, una tassa unica al mondo. Questi contributi dei giudici costituiscono un’importante fonte di reddito per i partiti: sebbene non tutti gli schieramenti politici divulghino i loro dati, è probabile che raggiungano importi a cinque cifre. Il Partito socialista è trasparente: la tassa di mandato per i giudici a livello federale ammonta al 2% del reddito. 

Sentenze conformi alla linea del partito? 

Se i giudici sono membri di un partito, si pone necessariamente la questione dell’indipendenza della giustizia. Un’inchiesta del “Tages-Anzeiger” del 2016 ha mostrato che alcuni giudici appartenenti ai partiti borghesi respingono tre volte più spesso di altri le richieste di asilo. 

Ogni persona ha una visione diversa del mondo che può corrispondere anche a quella di un partito, fa notare Regina KienerCollegamento esterno, docente di diritto ed esperta di indipendenza giudiziaria presso l’Università di Zurigo. A suo avviso, l’appartenenza a un partito permette di esprimere pubblicamente la propria visione del mondo e ciò può essere perfino utile ai fini dell’indipendenza della giustizia. 

Secondo Regina Kiener, “la questione dei legami con un partito può essere problematica soprattutto se si tiene conto del ruolo centrale svolto dagli stessi partiti nella selezione, elezione e rielezione dei giudici”. Ad esempio, a differenza di quanto avviene in altri paesi, i giudici svizzeri vengono rieletti dopo un mandato relativamente breve. Vi sono stati dei casi in cui dei parlamentari hanno minacciato di opporsi alla rielezione di un giudice, solo perché non avevano condiviso delle sue sentenze. 

Sistema elettorale corrotto? 

Il Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione (GRECO)Collegamento esterno ha criticato duramente la Svizzera in un rapporto che prende in esame il sistema elettorale dei giudici elvetici. Il GRECO ritiene che la qualità e l’imparzialità dovrebbero essere maggiormente prese in considerazione nella nomina di un giudice. In altre parole: le competenze e la formazione un candidato dovrebbero essere decisive e non la sua affiliazione a un partito. 

Secondo il GRECO, la Svizzera deve inoltre garantire che le decisioni di un giudice non vengano utilizzate come motivo per impedire la sua rielezione. La procedura di rielezione dovrebbe pertanto essere riveduta o abolita completamente. 

Il GRECO condanna in particolare il fatto che i giudici svizzeri riversino del denaro ai loro partiti: “Dopo l’elezione, i legami con le forze politiche devono essere interrotti. Per questo motivo è necessario abolire la prassi in base alla quale i giudici federali trasferiscono una parte dello stipendio al loro partito”. Anche Regina Kiener è favorevole all’abolizione della tassa di mandato: “Questa connessione tra l’elezione dei giudici e il finanziamento del partito è estranea a un Stato di diritto”.

Iniziativa contro finanziamenti nebulosi dei partiti

I partiti in Svizzera non sono tenuti a rendere conto del loro finanziamento. Per questa mancanza di trasparenza, la Svizzera è regolarmente nel mirino delle critiche internazionali. La pubblicazione di tali informazioni è sollecitata in particolare da Transparency International e dal Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione GRECO.

Le proposte di cambiamenti avanzate in parlamento e dal governo finora si sono sempre scontrate con una ferma opposizione. Adesso però, grazie alla democrazia diretta, la questione dovrà essere affrontata: un comitato interpartitico, oggi 10 ottobre, ha depositato l’iniziativa “Per più trasparenza nel finanziamento della politica (Iniziativa sulla trasparenzaCollegamento esterno)” con le firme necessarie per sottoporla al voto popolare. Tra le regole che prevede, c’è l’obbligo per i partiti e i comitati per votazioni ed elezioni federali di pubblicare i loro budget e di dichiarare l’origine di ogni donazione – in denaro o in natura – il cui valore supera i 10’000 franchi.


Traduzione di Armando Mombelli

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