Tra ragione e sentimento, i deputati svizzeri sembrano preferire Macron
Quattro candidati più o meno alla pari, formazioni politiche tradizionali in affanno, suspense e colpi di scena senza precedenti nella storia della Quinta Repubblica: la campagna presidenziale francese appassiona anche la Svizzera. A pochi giorni dal primo turno elettorale, swissinfo.ch ha sondato l’opinione dei parlamentari dei cinque maggiori partiti elvetici per conoscere le loro preferenze. Panoramica.
«Sul piano economico e sociale, l’UDC e il FN sono molto diversi» Manfred Bühler
La candidata del Front National (FN), Marine Le Pen, cita spesso come esempio l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che però fatica a ricambiare con la stessa moneta. «Buon per lei se prova simpatia per noi, ma i nostri due partiti sono molto diversi, soprattutto sul piano economico e sociale», commenta il deputato UDC Manfred Bühler.
Egli non ha nemmeno un secondo di esitazione a dichiarare la sua preferenza per François Fillon, malgrado le accuse rivolte al candidato di Les Républicains (LR). A suo avviso, è reo solo di essersi adeguato a un «antico costume politico, comune a tutti, tanto a destra quanto a sinistra». «È il candidato più vicino alla mia linea politica» insiste il deputato bernese, ardente sostenitore dell’ideologia del meno Stato, più mercato.
In seno all’UDC non sempre pare opportuno manifestare apertamente simpatie per il Front National. Yves Nidegger è il solo deputato federale francofono ad ammettere che voterebbe per Marine Le Pen. Qualche settimana fa, in piena campagna elettorale per il rinnovo del governo vodese, anche il candidato UDC Jacques Nicolet aveva lasciato intendere che avrebbe sostenuto la presidente del Front National. «Penso che Marine Le Pen arriverà lontano in queste elezioni», aveva dichiarato alla radio pubblica svizzera romanda RTS, per poi fare retromarcia. Nonostante lo sdoganamento del Front National, è difficile per i rappresentanti dell’UDC dichiarare apertamente la loro vicinanza ideologica al FN, benché evidente su temi come i migranti o la sovranità nazionale.
«Il filoeuropeismo di Macron è più nelle mie corde» Liliane Maury-Pasquier
Così come in Francia, anche in Svizzera i deputati del Partito socialista (PS) si trovano di fronte a un dilemma degno di un dramma di Corneille. Mentre Benoît Hamon, candidato ufficiale del partito, designato dopo le primarie della sinistra, è scivolato sotto il 10% nelle intenzioni di voto, sono i due vecchi tesserati del PS Jean-Luc Mélenchon (La France insoumise) e Emmanuel Macron (En Marche!) a rubargli la scena.
«Non vorrei ritrovarmi con un duello Fillon-Le Pen al secondo turno. Se fossi francese, sceglierei qualcun altro, non Benoît Hamon», afferma la senatrice ginevrina Liliane Maury-Pasquier. Tra Macron e Mélenchon, la nostra interlocutrice opta per il voto di apertura. «Mélenchon è sulla stessa linea di Marine Le Pen per quanto riguarda le relazioni con l’Unione europea. Difende delle idee protezioniste, per non dire nazionaliste. Il filoeuropeismo di Macron è più nelle mie corde».
Se la posizione di Liliane Maury-Pasquier sembra maggioritaria in seno al PS svizzero, alla sinistra del partito c’è però chi appoggia incondizionatamente Jean-Luc Mélenchon. È il caso soprattutto di Mathias Reynard. Sul suo account Twitter, il deputato vallesano milita apertamente per il fondatore e candidato di la France insoumise, «il solo a proporre un’alternativa e una visione coerente».
«Potrebbe piacermi il programma di Fillon, ma non la sua personalità» Laurent Wehrli
«Come parlamentare svizzero, non spetta a me commentare un’elezione che si svolge in un altro Paese», premette Laurent Wehrli, deputato vodese del Partito liberale radicale (PLR, destra) e sindaco di Montreux. La prudenza iniziale svanisce però in fretta e cede alla voglia di commentare un’elezione che appassiona tutti i parlamentari federali con cui abbiamo parlato. «Se il candidato della destra fosse stato Alain Juppé e se io avessi la nazionalità francese, avrei votato senza esitazione per lui», si lascia sfuggire.
Ma con un candidato LR invischiato nelle vicende che conosciamo, la situazione è cambiata. «Come programma potrei sostenere François Fillon. Ma la questione diventa molto più complicata se si considera la personalità del candidato. Avrei veramente difficoltà a mettere nell’urna una scheda con il suo nome». Allergico agli estremismi, di destra come di sinistra, Laurent Wehrli è convinto che deciderebbe solo all’ultimo momento. Ma in ogni caso, si orienterebbe verso un «candidato repubblicano».
Per esclusione, quindi, voterebbe Macron? «Trovo interessante la sua volontà di conciliare le idee della destra e della sinistra. Altri prima di lui, penso soprattutto a François Bayrou o Alain Juppé, avevano cercato di introdurre il consenso e il compromesso nel sistema politico francese. E questi sono proprio i due punti di forza della democrazia svizzera».
«Stiamo assistendo a un’avanzata in forze di schemi di pensiero meno convenzionali» Claude Béglé
Il Partito popolare democratico (PPD, centro-destra) ama definirsi «la prima forza politica del centro» in Svizzera. Va dunque da sé che il fenomeno Macron entusiasma i parlamentari elvetici di questo partito. «Emmanuel Macron è l’artefice di un centro innovatore, capace di una riflessione che supera steccati e strutture partitiche rigide. È un modo molto intelligente di concepire il centro» concorda il deputato vodese Claude Béglé.
A suo giudizio, l’approccio più consensuale e federatore propugnato dal candidato del movimento En Marche! «potrebbe giovare alla Francia» e farla uscire dalla sua «logica binaria». Béglé pensa tuttavia che Emmanuel Macron, una volta insediato all’Eliseo, potrebbe avere qualche difficoltà a governare. «Non ha realmente il senso della guida di un Paese: rischia di commettere errori e di non riuscire a manovrare la corazzata della burocrazia francese».
Queste elezioni presidenziali segnano, secondo Béglé, una svolta nella vita politica della Francia. «Stiamo assistendo a un crollo del sistema e a una rapida ascesa di nuove forze politiche e di schemi di pensiero meno convenzionali. È al contempo positivo e pericoloso», dice, facendo riferimento soprattutto al balzo in avanti nei sondaggi di Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon.
«La sfida principale è quella che oppone i fautori dell’apertura ai fautori della chiusura» Adèle Thorens Goumaz
L’appoggio di Daniel Cohn-Bendit a Emmanuel Macron ha fatto scuola tra i Verdi elvetici. «In tema di ecologia, Emmanuel Macron non è il candidato con il programma più chiaro e più impegnato. Ma è senza dubbio il candidato migliore per arginare l’estrema destra e il populismo» osserva Adèle Thorens Goumaz.
Al di là del voto utile, la deputata ecologista vodese riconosce qualità indiscutibili al candidato del movimento En Marche!. «È portatore di un’autentica forza innovatrice e cerca di ridare speranza e fiducia nel futuro, facendo leva su un impegno civile costruttivo. Ha capito perfettamente che la gente si aspetta delle soluzioni che vadano al di là delle ideologie di parte».
La rivoluzione ecologica propugnata da Jean-Luc Mélenchon lascia invece indifferente Adèle Thorens Goumaz: «La sfida principale che si gioca attualmente in Francia e in Europa è quella che oppone i fautori dell’apertura, di cui io faccio parte, ai fautori della chiusura nazionalista. Jean-Luc Mélenchon, con i suo accenti populisti e i suoi estremismi, sarebbe pronto a rompere i ponti con l’Europa».
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(Traduzione dal francese: Gruppo traduttori di Zurigo)
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