Primo passo verso un esercito con meno militi e più soldi
L’esercito svizzero dovrà ridurre drasticamente i suoi effettivi, che dovranno però essere meglio equipaggiati, meglio formati e più mobili. A tal fine, si allargheranno i cordoni della borsa. La Camera dei Cantoni ha dato il primo la alla riforma. Ma la battaglia parlamentare sarà ancora lunga e combattuta.
Denominato “ulteriore sviluppo dell’esercito (USEs)”, il piano costituisce di fatto la quarta riforma delle forze armate elvetiche negli ultimi vent’anni. L’obiettivo è di disporre un esercito idoneo a rispondere prontamente alle esigenze e ai pericoli odierni, nell’ambito dei suoi campi di competenza, che restano invariati: difesa, supporto alle autorità civili e promozione della pace.
Rispetto alle precedenti, la nuova riforma è stata partorita dopo una gestazione più lunga e complicata. Su di essa ha anche pesato il no popolare – il 18 maggio 2014, con il 53,4% dei voti – all’acquisto di 22 aviogetti Gripen, i cui costi erano preventivati a 3,126 miliardi di franchi, spalmati su 11 anni.
Uno schiaffo popolare per il governo e la maggioranza parlamentare che avevano sostenuto il piano e che è stato ricordato dagli oppositori – ecologisti e socialisti – all’aumento del budget militare previsto dall’USEs. Secondo i partigiani dell’incremento, invece, il no riguardava unicamente l’acquisto dei Gripen e non dev’essere interpretato come un rifiuto al rincaro ai fondi che la Confederazione deve mettere a disposizione delle forze armate.
20 miliardi di franchi per 4 anni
Se si vuole un esercito efficace e al passo con i tempi, è indispensabile accordargli i mezzi finanziari che gli consentano di essere all’altezza dei compiti, hanno argomentato.
Tant’è che la maggioranza della Camera dei Cantoni ha giudicato opportuno uno stanziamento di 5 miliardi di franchi all’anno per un quadriennio, sin dall’avvio della riforma.
Attualmente il budget dell’esercito è fissato di anno in anno. Per l’anno prossimo ammonterà al massimo a 4,7 miliardi di franchi. Il passaggio al sistema quadriennale previsto dall’USEs garantirebbe una pianificazione a più lungo respiro.
Dimezzamento degli effettivi
Come le tre precedenti, anche la nuova riforma dell’esercito svizzero comporta una draconiana cura dimagrante degli effettivi. La Camera dei cantoni ha dato il nullaosta al dimezzamento del numero dei militi da 200mila a 100mila.
Si tratta di un compromesso tra le richieste di un maggiore snellimento avanzate dalla sinistra e quelle di una riduzione più contenuta formulate dalla destra. Inoltre “i centomila uomini e i cinque miliardi di franchi sono due piatti della stessa bilancia: non si può toccare qualcosa da una parte, senza cambiare anche dall’altra”, ha ricordato il ministro della difesa Ueli Maurer, rispondendo a rivendicazioni di un contingente di 140mila persone, avanzate da esponenti del suo partito, l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice).
Essere più snello, per l’esercito svizzero significherà al contempo essere più agile ed efficiente, grazie a una riorganizzazione delle truppe, a un equipaggiamento moderno e mirato, a una migliore istruzione dei quadri, ha ribadito il ministro della difesa.
Così, per esempio, in caso di catastrofe, di minaccia terroristica o di altri imprevisti in cui sarà chiamato in appoggio alle autorità civili, l’esercito dovrà essere in grado di dispiegare fino a 35mila militi nel giro di dieci giorni.
Tagli negli immobili
Meno uomini e riorganizzazione delle truppe significherà anche meno caserme, meno piazze d’armi e meno aerodromi. La competenza resta del Ministero della difesa. Questo avrebbe però l’obbligo di accordarsi con il cantone e il comune interessati quando viene chiusa una caserma, secondo la decisione odierna della Camera dei Cantoni, che ha approvato una proposta in tal senso dell’ecologista Luc Recordon.
Il verde vodese è stato il senatore più severo nei confronti dell’USEs: a suo avviso, è insensato discutere di contingenti e di armamenti tradizionali, allorché oggi i veri pericoli vengono dal terrorismo e dagli attacchi cibernetici.
Critiche alla mancanza di risposte a questi pericoli sono venute anche dai ranghi socialisti. Ma solo i due senatori di Ginevra – il suo collega di partito Robert Cramer e la socialista Liliane Maury Pasquier – hanno appoggiato la sua proposta di rinviare al mittente tutto il progetto. Tutti gli altri – senza distinzione di appartenenza partitica – hanno valutato che il progetto va nella giusta direzione.
Il piano di riforma passa all’esame della Camera del popolo, che lo dibatterà nella sessione estiva. Con ogni probabilità le discussioni saranno più accese e si creeranno delle divergenze con la Camera dei Cantoni.
Esigenze militari ed economiche
Peculiarità dell’esercito svizzero, i cosiddetti corsi di ripetizione che devono assolvere i militi dopo la scuola reclute, sollevano sempre più malumore tra i datori di lavoro, che devono far fronte alle assenze dei loro dipendenti. Per andare incontro alle esigenze dell’economia, il governo elvetico proponeva di ridurre la loro durata da 3 a 2 settimane, per un totale di sei corsi. Un cambiamento decisamente contestato dagli ufficiali dell’esercito, secondo i quali due settimane non bastano per un’istruzione adeguata. Così come diventerebbe insufficiente il numero di giorni di servizio all’anno prestati complessivamente dai membri dell’esercito.
La Camera dei Cantoni ha optato per una via di mezzo che soddisfi le esigenze militari e tenga conto anche di quelle dell’economia: la durata dovrebbe restare di tre settimane, ma il numero dei corsi sarebbe ridotto a cinque, contro i sette attuali.
I senatori hanno invece dato il nullaosta alla contrazione della durata della scuola reclute, dalle attuali 21 a 18 settimane.
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