Quali sono i vantaggi di una terza votazione sul certificato Covid?
La Svizzera è quasi l'unico Paese al mondo in cui il certificato di vaccinazione è stato sottoposto al giudizio delle urne, per tre volte. E tre volte la popolazione ha votato "sì". Come si è arrivati a questo risultato e qual è il valore aggiunto di avere tre votazioni sullo stesso argomento.
Le misure per contrastare la pandemia sono state oggetto di un acceso dibattito in molti Paesi.
Negli Stati Uniti, il presidente dell’epoca si è distinto per aver spesso diffuso disinformazione. In Svizzera, la Svezia è diventata il modello da seguire per tutti coloro che auspicavano il minor numero possibile di norme di protezione della salute.
Allo stesso tempo, la politica elvetica in materia di lotta contro la pandemia si è distinta anche per un altro aspetto: la Svizzera è stato l’unico Paese al mondo, ad eccezione del Liechtenstein e dei suoi 40’000 abitanti, in cui la cittadinanza ha potuto votare sulla base giuridica delle misure pandemiche.
Giada Gianola è politologa e lavora per Année Politique Suisse, una sorta di banca dati e annuario degli eventi politici in Svizzera. Gianola ritiene positivo “dal punto di vista della teoria democratica” che la cittadinanza svizzera abbia avuto la possibilità di votare sulla politica sanitaria.
Il referendum facoltativo è un diritto costituzionale in Svizzera: raccogliendo 50’000 firme si può presentare un referendum contro una legge. Poiché la legge Covid è stata modificata più volte, il referendum ha potuto essere indetto più volte.
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La Svizzera dice “sì” per la terza volta alla legge Covid-19
Cosa sarebbe successo se la legge Covid fosse stata bocciata?
La politologa ammette che vi è anche un argomento importante contro i referendum sulla politica pandemica: “Il coronavirus è stato un fenomeno globale che ha richiesto diverse misure molto complesse, simili a quelle di altri Paesi. Se queste misure fossero state respinte dall’elettorato, il lavoro del Consiglio federale e del Parlamento sarebbe stato molto difficile”.
Nella prima votazione del giugno 2021, quando il tasso di vaccinazione in Svizzera non superava un terzo della popolazione, il 60,2% dell’elettorato ha approvato la legge Covid 19.
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Votazioni federali del 18 giugno 2023
Per molto tempo la legge è stata al centro dell’agenda politica. Essa regolamentava non solo misure concrete di contenimento, come la tracciabilità dei contatti e i certificati per le persone vaccinate e guarite, ma anche misure sociali come il sostegno alle società sportive e alle istituzioni culturali (queste misure sono decadute nel 2022 e non riguardavano questa terza votazione).
Altri strumenti per combattere la pandemia, come l’obbligo di indossare una mascherina, sono invece disciplinati dalla Legge sulle epidemie, adottata dalla cittadinanza svizzera nel 2013.
Clima surriscaldato prima del secondo voto
Prima del secondo voto nel novembre 2021, le discussioni sono state particolarmente vivaci. Il dibattito è stato dominato da teorie cospirative. Durante le manifestazioni si sono verificati attacchi a rappresentanti dei media da parte di chi si opponeva alle misure contro il virus. La polizia è a volte intervenuta con misure percepite da alcuni come sproporzionate.
Secondo il politologo Claude Longchamp, si è trattato della campagna referendaria più aspra degli ultimi decenni. Tuttavia, l’elettorato ha approvato la legge con una maggioranza ancora più ampia (62%) rispetto alla prima votazione. Il tasso di partecipazione (65,7%) per questa votazione federale è stato il quarto più altro di sempre.
Prima di questo terzo appuntamento con le urne, l’interesse era invece molto limitato. La vittoria del “sì” era più che evidente. Alcuni hanno definito questo terzo voto una “testardaggine”, poiché attualmente non sono in vigore misure contro la pandemia.
Perché allora gli svizzeri e le svizzere hanno dovuto votare di nuovo?
Nell’eventualità che potesse emergere una nuova pericolosa variante del virus da contrastare rapidamente, alla fine del 2022 il Parlamento svizzero ha deciso di prorogare alcune parti della legge – tra cui il certificato Covid – dalla fine del 2022 all’estate del 2024. Grazie a questa proroga di sei mesi, gli oppositori hanno potuto lanciare il referendum, raccogliendo 60’000 firme, 10’000 in più del necessario.
Tre referendum sullo stesso tema sono una rarità, anche in Svizzera, che è il Paese con il maggior numero di votazioni al mondo. “Certo, si tratta di eccezioni, ma il fenomeno delle votazioni multiple sullo stesso tema negli ultimi decenni si è verificato più spesso di quanto si possa pensare”, spiega Giada Gianola. Un esempio è l’introduzione di un’assicurazione malattia statale unica, respinta dall’elettorato nel 1994, 2003, 2007 e 2014.
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Referendum come forma di partecipazione
“La legge Covid è stata modificata più volte in modo che fosse aggiornata per far fronte alle sfide causate dal virus”, osserva Gianola. “Diversi comitati non erano d’accordo con questa legge e hanno raccolto con successo le firme per i referendum”. Il fatto che la maggioranza della popolazione abbia votato “sì” ha in ogni caso “rafforzato la legittimità delle decisioni” delle autorità.
Negli ultimi due anni, gli animi si sono un po’ calmati, ma le spaccature sociali sulle misure per contenere la pandemia non sono scomparse del tutto.
“Nel 2020 e nel 2021, l’atmosfera era molto tesa”, afferma Gianola. La politologa lo spiega con il fatto che la legge Covid 19 ha avuto “conseguenze immediate” per ogni individuo. Per esempio, perché per un certo periodo è stato possibile recarsi al ristorante solo con un certificato.
Queste linee di conflitto sono anche legate alla fiducia della collettività. “In uno studio condotto in Svizzera nel 2021, è stato dimostrato che la paura del Covid 19 fa aumentare la fiducia nel Governo, mentre la rabbia la diminuisce”, spiega Gianola.
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Perché il popolo svizzero si fida dello Stato
Il sistema politico svizzero, però, permette di avere una valvola di sfogo per questa rabbia. “Le persone che hanno un livello di fiducia politica più basso a causa delle misure del Covid 19 possono partecipare in modo diverso alla democrazia”.
Ad esempio, andando alle manifestazioni, raccogliendo firme o sottoscrivendo il referendum contro la legge. Di conseguenza, hanno continuato a partecipare alla vita democratica. “Non ne sono esclusi, ma usano altre forme di partecipazione per esprimere il loro disappunto”, osserva la politologa.
Da questo punto di vista, una terza votazione sul certificato Covid ha un valore sociale aggiunto: la possibilità di un referendum offre a chi è insoddisfatto un quadro istituzionale per esprimere il malcontento.
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Articolo a cura di Marc Leutenegger
Traduzione di Daniele Mariani
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