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Quanto federalismo può sopportare ancora la Svizzera?

I 26 cantoni vogliono far sentire maggiormente la loro voce a Palazzo federale Ulrich Nusko

Da sistema modello, il federalismo sta diventando una palla al piede per la Svizzera, confrontata alla necessità di adeguarsi ai rapidi mutamenti mondiali. Il futuro del sistema federale è stato al centro della seconda Conferenza nazionale del federalismo, tenuta a Baden.

“Chi ha l’occasione di parlare con rappresentanti di altri paesi del federalismo elvetico, denota quasi sempre una certa ammirazione per quanto è riuscita a fare la Svizzera negli ultimi 160 anni. Sorge quindi facilmente l’impressione che viviamo nel miglior sistema del mondo”, dichiara Lorenz Bösch, direttore della Conferenza dei governi cantonali.

Sui pregi del modello svizzero, praticamente tutti i partecipanti erano concordi alla seconda Conferenza nazionale sul federalismo, tenuta giovedì e venerdì a Baden, nel canton Argovia. Il sistema federale elvetico non è nato soltanto dalla volontà di ripartire le competenze tra autorità statale e cantoni, ma anche dal desiderio di concretizzare la democrazia e la partecipazione popolare pure a livello locale.

Il federalismo ha permesso alla Svizzera di tenere saldamente assieme, da così tanto tempo, 26 cantoni, 4 culture e 2 religioni diverse. Ha favorito la convivenza pacifica della popolazione e ha rafforzato la capacità del paese di superare le grandi crisi dell’ultimo secolo e mezzo.

Un freno ai cambiamenti

Anche su un altro punto, però, i rappresentanti del mondo politico, economico e culturale erano nondimeno d’accordo: il federalismo è diventato da diversi anni un po’ una palla al piede per la Svizzera. Mai come oggi la Confederazione è chiamata ad adeguarsi continuamente ai rapidi cambiamenti mondiali: la globalizzazione economica, il processo di unificazione europea, l’accelerazione degli scambi, della comunicazione e della mobilità delle persone.

Molti adeguamenti toccano direttamente le competenze dei cantoni: ancora oggi queste 26 entità istituzionali godono di ampia autonomia in diversi settori fondamentali, come la promozione economica, la fiscalità, la pianificazione del territorio, l’educazione, la sanità o l’apparato di giustizia e polizia.

Quando l’Europa decide ad esempio di uniformare il sistema universitario, la Svizzera si adegua. Ma nel contempo è ancora oggi divisa tra 26 sistemi scolastici diversi e interminabili discussioni su progetti di armonizzazione dell’insegnamento tra un cantone e l’altro. Gli stessi problemi si ritrovano in diversi altri settori rimasti di competenza dei cantoni.

Concorrenza sleale

“Quanto federalismo può sopportare ancora la Svizzera?”: non a caso, è stato questo l’interrogativo principale discusso alla conferenza di Baden. Da garante di stabilità e coesione nazionale, il sistema federale sta diventando un po’ un freno allo sviluppo del paese nel 21esimo secolo.

E, non solo: rischia di diventare perfino un fattore di attriti e di tensioni, come dimostra la battaglia fiscale aperta negli ultimi anni da alcuni cantoni per attirare facoltosi contribuenti e aziende da altre regioni della Svizzera o dall’estero.

“I media avevano bollato il nostro cantone come ‘inferno fiscale’. Stavamo perdendo da anni contribuenti e le casse cantonali si stavano progressivamente svuotando. Siamo stati quindi costretti ad introdurre un nuovo sistema fiscale per bloccare questa emorragia e ridiventare concorrenziali”, spiega Hans Walliman, ministro delle finanze del canton Obvaldo.

L’offensiva fiscale lanciata nel 2005 del secondo più piccolo cantone svizzero – che aveva introdotto aliquote impositive bassissime e addirittura regressive per i redditi più alti – non è stata ancora oggi digerita da diversi altri cantoni.

“Quello che è stato fatto Obvaldo e da altri cantoni negli ultimi anni è un duro un colpo alla solidarietà federale. È una concorrenza sleale nei confronti dei cantoni più grandi che non possono competere, dal momento che hanno una struttura dei costi molto più onerosa e complessa”, ha dichiarato Pascal Broulis, ministro delle finanze vodese.

Federalismo contro politica estera

La questione della fiscalità evidenzia non solo i rischi emergenti di contrasti tra i cantoni, ma anche la crescente difficoltà di conciliare il federalismo con la politica estera della Confederazione. Finora, i rapporti tra la Svizzera e i paesi europei si limitavano più che altro alla diplomazia, all’economia, al libero scambio. Oggi investono sempre più altri settori, come la fiscalità, in cui i 27 premono per un’armonizzazione.

Da oltre un anno le agevolazioni fiscali concesse da alcuni cantoni svizzeri per attirare cittadini o aziende dai paesi vicini sono finite nel mirino di Bruxelles, che minaccia più o meno velatamente sanzioni, nel caso in cui i cantoni in causa non dovessero sopprimere i loro incentivi fiscali, considerati una concorrenza sleale anche dai membri dell’UE.

“Dal profilo giuridico, l’UE non dispone di grandi mezzi per imporre le sue regole alla Svizzera. Dal profilo politico è però chiaro che Bruxelles può esercitare enormi pressioni. La Svizzera è già oggi integrata nell’UE, da cui dipende ad esempio l’80% del nostro commercio estero”, ha ricordato Gehard Kirchgässer, docente di economia all’Università di San Gallo.

Un cantiere permanente

La Svizzera riuscirà a salvare il suo federalismo, solo se saprà adeguarlo alle nuove sfide, è stato sottolineato a più riprese a Baden. I partecipanti si sono espressi ad esempio in favore di nuove regole per evitare eccessi di concorrenza in ambito economico e fiscale. Non poche competenze dovranno venir delegate alla Confederazione, affinché la Svizzera possa esprimersi con una sola voce nei confronti dell’UE.

Da parte sua la Confederazione dovrà tener maggiormente conto del parere dei poteri cantonali. Dall’estate prossima nascerà a Berna la “Casa dei cantoni”, un organo permanente destinato a rafforzare il peso politico dei 26 cantoni e a sensibilizzare l’opinione pubblica.

Un processo di adeguamento ai tempi, che fa parte della natura stessa del federalismo, come ha sottolineato a Baden l’ex-ambasciatore Alfred Defago, rappresentante della Quinta svizzera alla conferenza: “Il federalismo non è una cosa finita, un’eredità statica e immutabile. Il federalismo è un cantiere, un cantiere permanente”.

swissinfo, Armando Mombelli

La Svizzera è nata dalla volontà di associarsi da parte di Stati sovrani (i cantoni), che hanno dato vita nel 1848 ad uno Stato federale (Confederazione Svizzera).

I cantoni hanno delegato alla Confederazione alcuni poteri, come la politica estera e la difesa. Dispongono invece ancora oggi di ampia autonomia per quanto concerne la fiscalità, l’educazione, la sanità, gli organi di polizia, l’apparato giudiziario e la pianificazione del territorio.

A livello mondiale soltanto una ventina di paesi si sono dotati di strutture federali. Tra questi, gli Stati uniti, il Canada, l’Australia, la Germania e l’Austria.

Organizzata dalla Confederazione e dai governi cantonali, in collaborazione con l’Associazione dei comuni e l’Unione delle città svizzere, la seconda Conferenza nazionale sul federalismo si è svolta dal 27 al 28 marzo a Baden, nel canton Argovia.

Vi hanno preso parte oltre 300 rappresentanti del mondo politico, economico, culturale e scientifico, tra cui la ministra di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf.

Scopo della conferenza – intitolata “Il federalismo svizzero sotto la pressione dell’efficienza” – era innanzitutto di valutare le prospettive del sistema federale svizzero di fronte ai rapidi cambiamenti economici e sociali in atto in Svizzera e nel mondo.

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