Cenni Najy: “L’UE non rinegozierà l’accordo quadro con la Svizzera”
Mentre in Svizzera i segnali di un fallimento dell'accordo quadro si fanno sempre più evidenti, Cenni NajyCollegamento esterno, ricercatore ed esperto di questioni europee all'Università di Ginevra avverte: Bruxelles si mostrerà inflessibile e non tornerà a negoziare sull'accordo quadro concluso con il governo svizzero.
L’accordo quadro istituzionale che dovrebbe regolamentare sul lungo periodo le relazioni tra le Svizzera e l’Unione europea è destinato a morte prematura? È quel che sembrano suggerire le dichiarazioni di numerosi responsabili politici elvetici in questo inizio d’anno.
La ripresa delle attività politiche a gennaio è iniziata con una dichiarazione choc del presidente della Confederazione Ueli Maurer. “Dobbiamo rinegoziare punti importanti per far sì che l’accordo abbia delle possibilità di essere accettato. È la mia opinione”, ha dichiarato il consigliere federale, membro dell’antieuropeista Unione democratica di centro (UDC), alla televisione locale zurighese Telezüri.
Una dichiarazione che ha suscitato molti commenti, nonostante il Consiglio federale (governo) non abbia ancora preso posizione e stia aspettando i risultati di un’ampia consultazione sul “deal” proposto da Bruxelles in dicembre.
Sull’onda del dibattito, è il presidente del Partito socialista svizzero Christian Levrat che ha chiesto la riapertura dei negoziati con l’Unione europea. “L’accordo istituzionale attualmente in consultazione è morto. Non c’è nessuna possibilità di costruire una maggioranza o di affrontare con successo una votazione nazionale senza l’appoggio del PS”, ha sottolineato.
Agli occhi di Cenni Najy, specialista di questioni europee all’Università di GinevraCollegamento esterno e membro del gruppo di riflessione forausCollegamento esterno, oggi manca in Svizzera una vera volontà politica per giungere alla conclusione di questo accordo.
swissinfo.ch: Sostenendo la necessità di rinegoziare l’accordo quadro con l’UE, il nuovo presidente della Confederazione Ueli Maurer ha lanciato una piccola bomba politica. Perché aprire un simile dibattito quando la consultazione è appena iniziata?
Cenni Najy: È probabile che Ueli Maurer abbia voluto dare delle garanzie agli elettori dell’UDC in questo debutto di anno elettorale. Ma è chiaro che i suoi propositi sono in totale contraddizione con la grande consultazione decisa dal Consiglio federale in dicembre. Non solo la dichiarazione va in senso contrario rispetto al principio della collegialità che prevale in seno al governo svizzero, ma attenta anche alla credibilità della Svizzera rispetto all’Unione europea.
Respingendo la firma dell’accordo per poter consultare gli ambienti interessati, la Svizzera era riuscita a convincere l’UE della sua buona fede, ottenendo in cambio il prolungamento di sei mesi del riconoscimento dell’equivalenza della borsa. Dopo quanto detto da Ueli Maurer, Bruxelles potrebbe dedurre che si è trattato solo di un modo per rinviare la decisione e guadagnare ancora un po’ di tempo.
“Le dichiarazioni di Ueli Maurer sono dannose per la credibilità della Svizzera nei confronti dell’Unione europea.”
swissinfo.ch: Ma Ueli Maurer non ha ragione a insistere per ottenere un accordo migliore, visto che l’accordo attuale si scontra con un rifiuto generalizzato in Svizzera?
C. N.: Bisogna arrendersi all’evidenza: l’accordo presentato in dicembre non sarà rinegoziato da Bruxelles. È quanto hanno sottolineato Donald Tusk [il presidente del Consiglio europeo] e da Jean-Claude Juncker [il presidente della Commissione europea] in una lettera indirizzata il 20 dicembre a Ueli Maurer, dove si parla di “proposta definitiva”.
Non c’è ragione perché Bruxelles si mostri più conciliante con la Svizzera che con il Regno unito, che non ha avuto nessuna possibilità di rinegoziare il suo accordo per l’uscita dall’UE. Per quanto ne so non esiste del resto alcun precedente storico relativo a un accordo di questo tipo rinegoziato su richiesta di paesi terzi dopo essere stato finalizzato.
swissinfo.ch: L’accordo oggi sulla tavola areca davvero pregiudizio alla Svizzera, come affermano numerosi politici svizzeri?
C. N.: L’accordo è giudicato solo attraverso degli occhiali elveto-centrici. L’Unione europea ha fatto molte concessioni, ma in Svizzera è difficile vederle. All’inizio l’UE avrebbe per esempio voluto abrogare la totalità delle misure d’accompagnamento alla libera circolazione delle persone non compatibili con la normativa europea. Nell’accordo finale si parla di una riforma e non di un’abrogazione.
+Per saperne di più sull’accordo quadro istituzionale negoziato tra Svizzera e UE.
swissinfo.ch: L’UE non potrebbe mollare leggermente la presa su alcuni punti che stanno molto a cuore alla Svizzera?
C. N.: Tocca certo ai partiti politici e agli attori coinvolti stabilire se queste concessioni sono sufficienti. Ma al di là delle discussioni sui dettagli tecnici – in particolare sulla riduzione da 8 a 4 giorni del termine di annuncio per i lavoratori dislocatiCollegamento esterno – constato che non c’è una reale volontà politica in Svizzera per arrivare a una firma dell’accordo.
“Non c’è una reale volontà politica in Svizzera per arrivare a una firma dell’accordo”
La riforma delle misure di accompagnamento potrebbe per esempio essere parzialmente compensata da un’estensione dei contratti collettivi di lavoro (CCL). I due partiti di centro destra, il Partito liberale-radicale (PLR) e il Partito popolare democratico (PPD) non sembrano tuttavia aver fretta di presentare un compromesso accettabile agli occhi della sinistra e dei sindacati.
swissinfo.ch: Il rifiuto dell’accordo da parte della destra isolazionista (UDC) era prevedibile. In compenso, la posizione inflessibile della sinistra e dei sindacati, che hanno sempre sostenuto la via bilaterale con l’UE, può sembrare più sorprendente. Come se lo spiega?
C. N.: Negli ultimi dieci anni il Partito socialista non ha smesso di denunciare il dumping salariale causato dalla libera circolazione delle persone e la mancanza di efficacia delle misure di accompagnamento. Invece di rispondere positivamente alla domanda di rafforzamento delle misure, il ministro degli affari esteri del PLR Ignazio Cassis ha proposto la scorsa estate un loro allentamento. Una dichiarazione che ha preso tutti alla sprovvista.
Nel pieno di un anno elettorale, è poco probabile che il PS, che ha fatto della protezione dei salari elvetici uno dei suoi principali cavalli di battaglia, ammorbidisca la sua posizione. Tanto più che ispirato dai successi delle altre formazioni di sinistra in Europa, il PS vuole spostare a sinistra il suo programma.
swissinfo.ch: Cosa accadrà se l’accordo sarà respinto dalla Svizzera?
C. N.: La decisione dovrebbe essere presa tra maggio e luglio. Vale a dire nel pieno della campagna elettorale per le elezioni politiche svizzere nel mese di ottobre. La prima misura di ritorsione dell’UE sarà molto probabilmente il mancato rinnovo dell’equivalenza della borsa svizzera. La Commissione europea potrebbe poi decidere di mettere fine alla partecipazione della Svizzera al programma di ricerca europeoCollegamento esterno.
Altro possibile strumento di pressione: l’UE potrebbe rifiutarsi di aggiornare l’accordo sugli ostacoli tecnici al commercioCollegamento esterno, uno dei trattati più importanti nel pacchetto dei bilaterali I. Queste sanzioni non saranno catastrofiche per l’economia svizzera, ma avranno effetti negativi non indifferenti nei settori interessati.
“In materia di politica europea, il governo svizzero manca di visioni e strategie a lungo termine”
In seguito, lo scenario più probabile è che si ricominci da zero. Ma sarà difficile. La Commissione e il Parlamento europei saranno rinnovati completamente quest’anno e non c’è nessuna garanzia che i nuovi dirigenti europei manifestino un grande desiderio di riprendere il lavoro dove l’hanno abbandonato i loro predecessori.
swissinfo.ch: Il governo svizzero manca di coraggio in questo dossier?
C. N.: Sicuramente gli è mancata una visione e una strategia a lungo termine. Nessuno conosce esattamente le intenzioni del Consiglio federale in materia di politica europea. Se non vuole questo accordo lo deve far sapere. Questa posizione è legittima e difendibile, ma bisogna allora accettare di subirne le conseguenze e prepararsi nel modo migliore.
Svizzera-UE: mezzo secolo di esitazioni
Situata nel bel mezzo della Svizzera, la Svizzera ha scambi commerciali e umani intensi con i paesi dell’Unione europea, ma si rifiuta ostinatamente di far parte del club.
Dopo l’accordo di libero scambio del 1972 e dopo il rifiuto popolare di entrare nello Spazio economico europeo (SEE) nel 1992, la Svizzera ha scelto di imboccare la via bilateraleCollegamento esterno, firmando oltre una ventina di accordi settoriali di grande portata e un centinaio di altri accordi meno importanti con Bruxelles.
Oggi lo sviluppo di questa via bilaterale dipende da un accordo sulle questioni istituzionali. Questo nuovo accordo quadro, presentato nel mese di dicembre, mira a regolamentare l’interpretazione e l’applicazione degli accordi bilaterali e le relazioni future tra Berna e Bruxelles.
Mentre l’UE spinge per la firma dell’accordo dopo cinque anni di intensi negoziati, il governo svizzero ha adottato una posizione attendista sottoponendo il “deal” concluso con Bruxelles a una grande consultazione pubblica informale tra gli ambienti interessati.
Traduzione dal francese: Andrea Tognina
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