Il CIO accusato di inginocchiarsi davanti alla Russia di Putin
Il Comitato internazionale olimpico si è rifiutato di sospendere la Russia dai Giochi di Rio, affidando alle Federazioni internazionali il compito di determinare gli sportivi coinvolti nel “doping di Stato”. Una decisione denunciata dalla stampa elvetica che parla di una grave “mancanza di coraggio” e di un’attitudine fin troppo compiacente nei confronti di Putin.
La prova di doping di Stato “non è sufficiente per escludere un paese dalle Olimpiadi”, sottolinea con amarezza l’editorialista di Tages Anzeiger e Der Bund, riferendosi alla decisione presa domenica dal Comitato internazionale olimpico (CIO), che ha rifiutato di escludere in blocco la delegazione russa dai Giochi di Rio.
I due quotidiani non esitano a parlare di una decisione “vile e fatale”. Vile perché il CIO delega alle federazioni internazionali la responsabilità di determinare chi potrà partecipare o meno alle prossime olimpiadi, in programma dal 5 al 21 agosto, ossia tra dieci giorni. Fatale perché sono precisamente le grandi (…) che dovrebbero in poco tempo ritrovare credibilità e ripulire lo sport. “La decisione del CIO è dunque in primo luogo un messaggio positivo inviato agli imbroglioni e rappresenta una grave battuta d’arresto per i sostenitori della lotta anti-doping”, concludono i due quotidiani.
Nella storia olimpica, solo due nazioni sono state escluse in blocco: il Sud Africa dell’apartheid e l’Afghanistan dei talebani, ricorda dal canto suo Le Temps. “Le conclusioni del rapporto McLaren [pubblicato a inizio luglio 2016, ndr] incitavano ad aggiungere la Russia a questa lista: per cinque anni e con l’aiuto dei servizi segreti, Mosca ha supervisionato un doping di Stato (…) per assicurarsi il maggior numero di medaglie. Una truffa senza precedenti dall’era sovietica”.
La decisione del CIO – “che permette alla Russia di salvare la faccia” – non stupisce però l’editorialista del quotidiano romando. “L’organizzazione con sede a Losanna è rimasta prigioniera dei suoi imperativi politici ed economici. Escludere la Russia avrebbe significato mettersi contro una delle più grandi nazioni dello sport e la sua clientela nelle federazioni sportive internazionali. E avrebbe anche allargato il fossato tra Mosca e l’Occidente, in un momento in cui si cerca più che altro di ricostruire dei ponti”.
Anche il Corriere del Ticino parla di una scelta più politica che tecnica.” Pur andando incontro a strascichi legali e all’inevitabile ira del Cremlino, il CIO avrebbe potuto lanciare un segnale fortissimo contro il doping, scoraggiando gli imbroglioni di tutto il mondo. A costo – come ha fatto l’atletica leggera – di lasciare a casa anche chi, in cuor suo, sa di non aver barato”. Il CIO non ha però voluto assumersi una responsabilità che solo lui poteva prendere, deplora il quotidiano, e dopo aver “minacciato misure durissime”, ha scaricato ad altri la patata bollente.
Questa mancanza di coraggio da parte del CIO, che si è lasciato sfuggire l’occasione di sostenere uno sport pulito, è sottolineata da molti altri quotidiani.
“Non si tratta tanto di sapere se tutti gli sportivi russi sono coinvolti, direttamente o meno, ma di punire un sistema di truffa che implica il sostegno delle autorità”, scrive la Tribune de Genève. “Una quindicina di agenzie antidoping chiedevano l’esclusione della Russia, molte federazioni nazionali e internazionali si aspettavano un segnale forte. Oggi tutte hanno l’amaro sentimento di un’assenza di decisione da parte del CIO, per ragioni senza dubbio più politiche che sportive”.
Sulla stessa linea anche Massimo Lorenzi, responsabile della rubrica sport alla Radio televisione svizzera(RTS) di lingua francese. “Dal CIO ci si aspettava più coraggio e non questa attitudine di fuga. Mettere la responsabilità sulle federazioni è tanto comodo quanto incoerente. Peccato”, scrive su Twitter. “Dopo aver dato i Giochi di Sochi2014 a Putin per il suo business nazionalista personale, il CIO prosegue nella sua politica di compiacenza”.
Après avoir donné les JO de Sotchi2014 à Poutine pour son business nationaliste personnel, le CIO poursuit dans sa politique de complaisance
— Massimo Lorenzi (@Mass_Lorenzi) 24 juillet 2016Collegamento esterno
Diversi quotidiani francofoni, tra cui L’Express di Neuchâtel, danno spazio alla collera di Jörg Schild, presidente di Swiss Olympic. “Sono sorpreso, deluso e arrabbiato per la decisione del CIO. Sono sorpreso, perché la decisione finale non spetta improvvisamente più al CIO ma alle federazioni sportive. Sono deluso dal fatto che il CIO abbia perso l’opportunità di dimostrare la sua leadership. E sono arrabbiato perché il CIO non fa nulla di fronte al tradimento della Russia (…). Il CIO parla sempre di una famiglia olimpica. Ora, un membro di questa famiglia ha tradito gli altri e in modo incredibile. Qual è il valore della Carta, se il CIO non agisce in questo momento? È uno schiaffo nei confronti di tutti i comitati olimpici nazionali e di tutti gli sportivi”.
La Carta olimpica come carta straccia ?
Dello stesso avviso, la Berner Zeitung (BZ) afferma che con questa decisione il CIO ha perso “l’ultimo granello di credibilità”. Degli atleti si sono dopati su prescrizione dello Stato e, più grave ancora, in occasione dei Giochi di Sochi nel 2014 hanno utilizzato il vantaggio di gareggiare in casa per far scomparire dei campioni positivi, ricorda la BZ. “È semplicemente incredibile che la bandiera di una nazione che calpesta da due anni e mezzo i valori olimpici possa sventolare a Rio”, sottolinea il quotidiano della capitale.
In gioco però non vi è soltanto la credibilità del CIO, ma la stessa filosofia dei Giochi, sottolinea il tabloid svizzero-tedesco Der Blick. “Da domenica, la Carta olimpica non è più che un semplice pezzo di carta inutile che ognuno può interpretare come vuole”.
La Regione Ticino si chiede dal canto suo quale sia il messaggio inviato dal CIO, a pochi giorni dall’inizio dei primi Giochi olimpici su suolo sudamericano. “Aspettando di sapere cosa decideranno di fare le singole federazioni (…) per ingannare l’attesa ci si può chiedere se sia giusto che ai Giochi non ci sia nessuno dell’atletica russa, di altri sport invece sì. (…) Se fu doping di Stato, ed è stato accertato, perché a pagare dev’essere solo un manipolo di atleti? E poi, alla fin fine il messaggio qual è?”.
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