Legge radio-tv: il servizio pubblico rimane sotto pressione
Dopo l’approvazione di strettissima misura della nuova legge radiotelevisiva, il dibattito sul servizio pubblico audiovisivo deve proseguire, ritiene la stampa svizzera. Secondo molti commentatori, il voto di questa domenica mostra il malcontento nei confronti della Società svizzera di radiotelevisione (SSR).
“Gli osservatori politici avevano pronosticato un successo gigantesco per il nuovo canone. Il voto sulla nuova legge radiotelevisiva entrerà invece nei libri di storia per un’altra ragione: per il fatto che questo risultato, con un margine di solo 3700 schede, rappresenta uno dei più esigui usciti finora dalle urne”, rileva il Tages-Anzeiger. “Esiguo o meno, i votanti hanno deciso che, in futuro, tutte le economie domestiche pagheranno il canone e, questo, già oggi, ossia prima ancora del dibattito sul servizio pubblico”.
Nuova legge radio-tv
Con la nuova legge approvata questa domenica dal popolo svizzero, l’obbligo di pagare il canone radiotelevisivo viene esteso a tutte le economie domestiche – salvo le persone che ricevono prestazioni complementari dell’AVS/AI o che abitano in case per anziani, per studenti o di cura – e a tutte le imprese con un fatturato annuo superiore a 500 mila franchi.
Finora il canone deve essere pagato solo da coloro che dispongono di un apparecchio di ricezione radiofonica o televisiva. Un sistema considerato superato, dato che quasi tutti dispongono oggi di computer, tablet o smartphone, tramite i quali si possono seguire anche i programmi radiotelevisivi.
Secondo il governo, l’estensione del canone ad un numero maggiore di utenti permetterà di ridurre il suo importo da 462 a circa 400 franchi all’anno per le economie domestiche.
Per gli oppositori alla legge, l’imposizione di un canone generalizzato equivale all’introduzione di una nuova imposta “ingiusta”, applicata a tutti indiscriminatamente.
Ora, il governo e il parlamento “dovranno però mantenere le loro promesse e definire ben presto a cosa deve corrispondere il servizio pubblico del settore dei media nel 21esimo secolo”, aggiunge il giornale zurighese, per il quale i politici potrebbero essere tentati, dopo questo voto, di lasciare tutto allo stato attuale. “Questo risultato risicato mostra che la metà dei votanti non è contenta. Il mandato della SSR deve essere adeguato”.
“Uno dei punti centrali è internet, un ambito nel quale la SSR ha ampliato la sua offerta, nonostante la riprovazione della concorrenza privata. Finora i politici hanno puntato su un accordo tra la SSR e i privati. Un tentativo illusorio in un settore considerato come una delle principali fonti future di introiti. La politica deve quindi definire di quali libertà editoriali potrà usufruire la SSR, affinché il mandato costituzionale possa essere applicato, rispettando la stampa”, sottolinea il Tages-Anzeiger.
Approccio parsimonioso
“Adesso la SSR deve risparmiare”, esige il Bund che, come il Tages-Anzeiger, appartiene alla società Tamedia, scesa in campo con vemenza contro l’ente radiotelevisivo durante questa campagna. “Il nuovo canone rappresenta un impegno per un approccio parsimonioso nei confronti del denaro. Questo anche per rispetto nei confronti dei non utenti della SSR, che dovranno pagarlo a loro volta, come pure dei numerosi voti contrari di questa domenica”.
“Grazie all’aumento della popolazione, la SSR riceve già da anni sempre più soldi. In questa comoda situazione ha rinunciato a delle cure di efficienza paragonabili a quelle effettuate dalla Posta o dalle Ferrovie federali svizzere. Ora il governo deve imporre alla SSR, quale obbiettivo, di ridurre in modo sostanziale il suo canone a medio termine”, prosegue il quotidiano bernese.
Venti contrari
Anche la Neue Zürcher Zeitung prevede che la SSR dovrà ora “affrontare un forte vento contrario” in vista delle prossime scadenze politiche che concernono il suo futuro. “Attualmente è in corso la raccolta delle firme per un’iniziativa che vuole abolire il canone radiotelevisivo. Un sì del popolo alla soppressione della SSR appare tuttavia molto improbabile. Anche i più decisi avversari della SSR ammettono che le minoranze linguistiche, in particolare, devono poter beneficiare di programmi radiotelevisivi del servizio pubblico”.
Altri sviluppi
Risultati delle votazioni del 14 giugno 2015
“In futuro la SSR disporrà però di un minor margine di manovra per quanto riguarda le dimensioni della sua offerta”, ritiene il foglio zurighese. “Alla fine del 2017 viene a scadenza il suo mandato nazionale. I sostenitori di una riduzione della SSR ne approfitteranno sicuramente. Vi è da attendere un intenso dibattito”.
Un tema che divide
“La campagna per la votazione sulla legge radiotelevisiva lascerà delle tracce”, pronostica Le Temps. “L’esito incredibilmente risicato ottenuto dai sostenitori della legge radiotelevisiva mostra quanto il tema del servizio pubblico del settore dei media divida la popolazione”.
“Con un 50,08% di sì e meno di 3700 voti di differenza, il voto su questa legge ne richiama un altro più fondamentale sulla definizione di un servizio pubblico al passo con i tempi. Il tentativo della SSR di rimescolare le carte, senza mai parlare dei contenuti, non lascia presagire nulla di buono”, afferma il giornale romando.
Svizzeri dell’estero favorevoli
Gli svizzeri residenti all’estero si sono espressi chiaramente in favore della revisione della legge sulla radiotelevisione. È quanto risulta tenendo conto dei dati forniti dai cantoni in cui le schede dei connazionali espatriati vengono conteggiate separatamente: Argovia, Basilea città, Friburgo, Lucerna, San Gallo, Turgovia, Uri, Vallese, Vaud e Zurigo.
In tutti questi 10 cantoni, gli svizzeri all’estero hanno approvato la nuova legge. Tenendo conto invece dei dati di tutti i partecipanti al voto, il testo ha ottenuto una maggioranza solo nei cantoni di Basilea città, Friburgo e Vaud.
Da notare che i connazionali all’estero non sono tenuti a pagare il canone radiotelevisivo. Per usufruire dei programmi televisivi della SRG SSR, tramite la carta Sat Access, devono tuttavia versare un contributo annuo di 120 franchi (IVA, tra il 9 e il 20% a seconda dei paesi, non compresa), ai quali bisogna aggiungere 60 franchi per l’acquisto della carta.
All’estero vivono attualmente oltre 740’000 svizzeri. Di questi, circa 155’000 si sono iscritti nei registri elettorali e prendono regolarmente parte a votazioni e elezioni federali.
Declino della coesione nazionale
“La fine dell’era d’oro della SSR”, prevede La Liberté, che difende però l’importanza del servizio pubblico radiotelevisivo. “Non dimentichiamo che il popolo ha quasi respinto una riduzione del canone per tutte le economie domestiche. Ciò mostra la forza di convinzione – e d’intossicazione – dei referendari, che hanno cristallizzato opposizioni proteiformi contro la SSR. A coloro che ideologicamente vomitano il servizio pubblico, si sono aggiunti i grandi editori dei media privati, irritati dall’eccessivo appetito della SSR”.
Secondo il quotidiano friburghese, il maggiore pericolo “sarebbe ora di rimettere in questione in meccanismi di solidarietà, in base ai quali le regioni linguistiche minoritarie ricevono attualmente prestazioni ben superiori a quanto pagano. In tal caso il genio svizzero, già minato su diversi fronti (apprendimento delle lingue nazionali, rapporti con l’UE, ….), sarebbe di nuovo scosso da un coalizione di egoismi e di nazionalismi politici. La fine dell’era d’oro della SSR coinciderebbe allora con un nuovo declino della coesione del paese”.
Opportunità da cogliere
“Più che l’aspetto meramente fiscale, da cui è partito il referendum, in favore del «no» sono stati decisivi i risvolti politici della campagna di voto”, osserva il Corriere del Ticino. “Tutto è partito dall’ostilità che una parte del mondo politico, in particolare nella Svizzera tedesca, nutre nei confronti dell’azienda, che sconta così certe sue posizioni non propriamente neutrali. A questo movente iniziale si sono progressivamente aggiunte altre forme di opposizione più o meno importanti”.
“C’è il malcontento dei grandi editori d’oltre San Gottardo per la concorrenza di un ente finanziato con soldi pubblici che opera sul mercato online e della raccolta pubblicitaria. E che grazie alla sola crescita demografica e senza particolari meriti imprenditoriali è in grado di garantirsi entrate su cui nessun altro può contare. Proprio per questo c’è anche, a livello popolare, una diffusa diffidenza per un’azienda che continua ad ingrandirsi e che da non poche persone viene considerata un pozzo di privilegi”, aggiunge il giornale ticinese.
“D’altra parte, come in tutte le cose, un risultato poco lusinghiero non deve essere considerato un’ipoteca. Per la SSR può anche essere un’opportunità da cogliere per avviare, anche in chiave autocritica e non solo difensiva, un discorso serio sui contenuti e sul ruolo del servizio pubblico in un panorama mediatico in evoluzione”.
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