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Tiana Moser: “Rischiamo di uscire dallo spazio Schengen”

Tiana Moser
Tiana Moser è rappresentante verde liberale per il Cantone di Zurigo nel Consiglio nazionale (Camera del popolo o camera bassa del Parlamento federale). Keystone / Alessandro Della Valle

Il 15 maggio, il popolo svizzero voterà sull’aumento del contributo svizzero all'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). In caso di una bocciatura alle urne, la Svizzera potrebbe essere costretta a uscire dallo spazio Schengen, secondo la deputata verde liberale Tiana Moser, che si batte per il "sì".

In quanto membro associato dello spazio Schengen, la Svizzera partecipa al finanziamento di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Il budget dell’agenzia è stato aumentato e di conseguenza anche il contributo svizzero è cresciuto, da 24 a 61 milioni di franchi all’anno. Contro questa decisione, l’associazione Migrant Solidarity Network e altre organizzazioni hanno lanciato con successo un referendum.

>> Leggi il nostro articolo per sapere tutti i dettagli della votazione svizzera su Frontex:

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La Svizzera al voto sulla sua partecipazione a Frontex

Questo contenuto è stato pubblicato al Svizzere e svizzeri si pronunceranno il 15 maggio sul contributo all’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Ecco cosa è in gioco.

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Tiana Moser è deputata del Partito verde liberale del Cantone di Zurigo. È presidente del gruppo verde liberale nel Consiglio nazionale (camera bassa) e si è sempre impegnata a rafforzare le relazioni con l’Unione europea.

QuiCollegamento esterno si possono consultare le argomentazioni di chi si oppone al contributo supplementare svizzero a Frontex.

SitoCollegamento esterno di chi sostiene l’aumento del contributo elvetico a Frontex.

QuiCollegamento esterno si trovano le informazioni del Consiglio federale.

SWI swissinfo.ch: La Russia ha invaso l’Ucraina, la Svizzera e l’Unione europea hanno avviato discussioni sulle loro relazioni future. Il momento scelto per questa votazione è un po’ infelice, non trova?

Tiana Moser: Un referendum come questo fa parte del nostro sistema di democrazia diretta. Il Consiglio federale e il Parlamento hanno il compito di spiegare il progetto alla popolazione. Nella fattispecie, è abbastanza chiaro: dopo l’attacco russo all’Ucraina, il bisogno di sicurezza è aumentato notevolmente in tutta Europa, anche in Svizzera. Di conseguenza, è cresciuta anche la consapevolezza della necessità di unirsi e di cooperare tra Paesi che la pensano allo stesso modo.

Esprimiamo il nostro legame coi Paesi europei e quindi con l’UE nel campo della sicurezza e della migrazione attraverso la nostra partecipazione a Schengen. È un peccato metterla a repentaglio, soprattutto nella situazione attuale.

Il Partito socialista giustifica il suo sostegno al referendum con la mancanza di misure di compensazione umanitaria. Concretamente, sostiene che le quote per il reinsediamento delle persone debbano essere aumentate. Non condivide questa richiesta?

Il gioco che sta facendo il Partito socialista rappresenta un rischio enorme per tutta la popolazione svizzera. Non avendo raggiunto uno dei suoi obiettivi politici – cioè l’aumento delle quote di reinsediamento – il PS sta mettendo in pericolo l’adesione a Schengen, con conseguenze drammatiche per la nostra sicurezza e libertà di viaggio, e quindi anche per l’economia.

Anche i Verdi Liberali – e io in prima persona – hanno sostenuto l’aumento delle quote di reinsediamento in Parlamento. Tuttavia, questa proposta non ha ottenuto la maggioranza. Questo è spiacevole, ma è così che funziona la democrazia. Possiamo continuare a lottare per un aumento delle quote di reinsediamento, e io lo sosterrò. La Svizzera può e deve fare di più in questo ambito. Ma non ha senso mettere ancora più sotto pressione le nostre relazioni con l’UE dicendo no a Frontex. È irresponsabile.

Le discussioni su Frontex non si svolgono solo in Svizzera: il Parlamento europeo si rifiuta di approvare i conti di Frontex per l’anno 2022 a causa delle forti critiche dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf). È un segno dello stato di sfacelo della politica d’asilo europea?

Né io né le altre persone che sostengono questo progetto di legge diciamo che non ci siano problemi. Ma anche in Svizzera si commettono errori in ambito di asilo. È importante affrontare la situazione e migliorarla. Il nuovo progetto Frontex mira proprio a questo: saranno nominate 40 persone a rappresentanza dei diritti fondamentali e l’agenzia sarà meglio controllata. È precisamente ciò che viene criticato, e che sarebbe indebolito con il referendum, da chi si oppone a Frontex.

Ovviamente è anche una questione di risorse: Frontex sostiene i Paesi alle frontiere esterne dell’Europa, che sono anche le nostre frontiere. Non possiamo stare in disparte e lasciar fare il lavoro ad altri.

In altre parole, non possiamo semplicemente dire che siamo felici di accettare la libertà di viaggio, perché ci porta molti benefici, ma lasciare ad altri Paesi lo scomodo lavoro nel campo della sicurezza e della migrazione. Anche la Svizzera deve assumersi le sue responsabilità ed essere considerata come un partner affidabile.

Ha menzionato lo sviluppo della protezione dei diritti fondamentali. La Svizzera è già rappresentata nel consiglio di amministrazione di Frontex. Qual è il suo effettivo influsso?

Abbiamo una rappresentanza che s’impegna conformemente ai nostri valori. Il progetto di legge attuale mostra per l’appunto che i problemi sono stati riconosciuti e che c’è il desiderio di affrontarli. L’Amministrazione federale e la persona che siede nel consiglio di amministrazione di Frontex ce lo hanno assicurato. Inoltre, la Svizzera mette a disposizione il suo know-how e due delegati per i diritti fondamentali.

Non è solo una questione di libertà di movimento nello spazio Schengen, di cui beneficiano la nostra economia e i nostri cittadini. Non si parla molto dell’importanza della sicurezza delle frontiere, che va ben oltre la politica migratoria, per esempio nella lotta contro il crimine organizzato e il traffico di esseri umani.

Per quanto riguarda la cooperazione transfrontaliera dei corpi di polizia, dipendiamo dalla collaborazione a livello europeo, perché siamo praticamente incapaci di agire da soli. Questo dovrebbe anche essere in linea con il pensiero di chi critica Frontex. Ma è proprio ciò che il referendum mette a repentaglio.

Il dibattito su Frontex sta suscitando forti emozioni in Svizzera, soprattutto a causa dei “pushback”, cioè i respingimenti illegali di persone migranti alle frontiere esterne dell’Europa. Questi sono bene documentati e sono eseguiti dalle autorità nazionali. La Svizzera s’impegna a sufficienza per il rispetto dei diritti umani nelle sue relazioni bilaterali con gli Stati europei?

Ciò avviene precisamente attraverso la cooperazione nel quadro di Schengen. È una delle questioni nelle nostre relazioni con l’UE su cui stiamo ancora negoziando. La nostra ministra della giustizia può anche avere uno scambio diretto con i ministri degli interni dell’UE, dove si discutono tali questioni.

L’interruzione dei negoziati sull’accordo istituzionale ha notevolmente influenzato le nostre relazioni con l’UE, che sta anche affrontando varie altre sfide a causa della guerra in Ucraina. Se mettiamo a repentaglio l’adesione a Schengen, indeboliremo di nuovo la nostra posizione nella politica europea.

Il consigliere nazionale Fabian Molina spiega in un’intervista perché è contrario all’aumento del contributo svizzero a Frontex:

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Traduzione dal tedesco: Lugi Jorio

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