Secco no all’elezione popolare del governo
Il parlamento continuerà ad eleggere il governo svizzero: l’elettorato ha affossato l’iniziativa che chiedeva di trasferire la competenza al popolo. Il 76,3% dei votanti e tutti i cantoni l’hanno respinta. Per i politologi intervistati da swissinfo.ch, il popolo non vuol cambiare un sistema collaudato.
Le dimensioni della valanga di no che domenica ha travolto l’iniziativa hanno persino superato le previsioni. Nell’ultimo sondaggio condotto dall’istituto gfs.bern, per conto della Società svizzera di radiotelevisione SSR, due settimane prima del voto, i contrari si collocavano al 66%.
Le più basse proporzioni di opposizioni che domenica sono uscite dalle urne, invece, sono stati il 67,8% registrato in Ticino e il 60,6% a Svitto. In tutti gli altri cantoni la bocciatura ha superato il 70%. In tre cantoni, tutti nella Svizzera francese, i no hanno addirittura superato la soglia dell’80%: Giura (82%), Neuchâtel (80,8%) e Friburgo (80,3%).
PLACEHOLDERSperanze UDC per il futuro
Promotrice dell’iniziativa “Elezione del Consiglio federale da parte del popolo”, l’Unione democratica di centro (UDC), pur essendo delusa, non è sorpresa e relativizza la sconfitta. “Eravamo soli contro tutti”, ricorda il deputato Alfred Heer, ammettendo d’altra parte che anche in seno al partito stesso non aveva fatto l’unanimità. Il parlamentare UDC ritiene che questa battaglia sia comunque valsa la pena, poiché ora si spera che le prossime elezioni di membri dell’esecutivo elvetico si svolgano “in modo più ragionevole”.
L’iniziativa aveva fatto seguito all’estromissione dal governo, nel 2007, di Christoph Blocher, leader carismatico da oltre 20 anni dell’UDC. Pur essendo il più grande partito svizzero, l’UDC oggi detiene solo un seggio in governo e non si sente quindi equamente rappresentata. Ciò, secondo i democentristi, è frutto di intrighi partitici e contrario alla volontà popolare.
Un sistema valido
Ma più dei tre quarti dei votanti evidentemente non la vedevano allo stesso modo. Ha invece fatto breccia l’argomento degli altri partiti, che hanno praticamente fatto blocco contro l’iniziativa, secondo cui ci sarebbe il rischio che, se fossero sottoposti al voto popolare, i consiglieri federali sarebbero in permanenza in campagna elettorale, a scapito del lavoro ministeriale.
E la soddisfazione degli altri partiti ovviamente domenica era all’altezza del risultato. In una nota, il comitato interpartitico contrario all’iniziativa legge nell’esito dello scrutinio il rinnovo della fiducia popolare “in un sistema che si è dimostrato valido da più di 160 anni. La decisione odierna conferma che i nostri concittadini sono attaccati ai meccanismi complessi costituiscono il nocciolo della stabilità delle nostre istituzioni politiche”.
Per il comitato composto dei partiti liberale radicale, popolare democratico, borghese democratico, socialista, pirata, verdi e verdi liberali, in questo modo “è preservata l’indipendenza dei consiglieri federali”. Quanto al presidente del Partito popolare democratico, Christophe Darbellay, non ha esitato a parlare di “una Waterloo per l’UDC”.
Promossa da un comitato di esponenti UDC, l’iniziativa era combattuta dal governo e dalla maggioranza del parlamento. L’UDC è l’unico partito che la sosteva.
La proposta di modificare quattro articoli costituzionali prevedeva che il Consiglio federale fosse eletto tramite votazione popolare, con il sistema maggioritario. L’elezione si sarebbe dovuta svolgere ogni quattro anni assieme a quella della Camera del popolo.
Tutta la Confederazione avrebbe formato un’unica circoscrizione elettorale. Le regioni e i cantoni francofoni e italofoni avrebbero avuto diritto complessivamente ad almeno due dei sette seggi del governo federale.
I candidati che avrebbero ottenuto la maggioranza assoluta, sarebbero stati eletti già al primo turno. Nel ballottaggio, invece, sarebbe bastata la maggioranza semplice.
D’altra parte, l’elezione del(la) presidente della Confederazione e del(la) suo(a) vice sarebbe stato di competenza del governo e non più del parlamento.
Nessun assegno in bianco
Non poteva poi mancare il compiacimento dei diretti interessati, ossia i consiglieri federali. A nome dell’esecutivo svizzero, la ministra di giustizia Simonetta Sommaruga si è rallegrata che la stragrande maggioranza dell’elettorato giudichi importante l’equilibrio tra le competenze del governo, del parlamento e del popolo.
Questo segnale di fiducia non è però un assegno in bianco, ha avvertito la ministra. A suo avviso, il parlamento deve infatti dare prova di discernimento quando elegge i membri del governo.
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Saggezza popolare
Che la grande maggioranza degli svizzeri è soddisfatta del sistema attuale è un dato di fatto anche secondo i politologi. In passato la proposta di far eleggere il governo dal popolo invece che dal parlamento è già stata rifiutata due volte: una nel 1900 e l’altra nel 1942. E in entrambi i casi con circa i due terzi di no, rammenta a swissinfo.ch Nenad Stojanovic, ricercatore al Centro di studi sulla democrazia ad Aarau (zda).
Un altro fattore che ha verosimilmente influito è il fatto che la proposta emanasse unicamente dall’UDC. E su questo tema “l’UDC non è molto credibile. Lo è su temi relativi all’immigrazione, ma non ha la stessa reputazione su temi istituzionali. Inoltre, le questioni istituzionali non hanno mai veramente appassionato le folle. Spesso sono questioni lontane dalle loro preoccupazioni quotidiane”, dichiara a swissinfo.ch Pascal Sciarini, professore all’università di Ginevra.
“Il riflesso di non cambiare istituzioni che funzionano, in Svizzera è profondamente radicato. Non è un caso che il numero dei consiglieri federali non è mai cambiato in 165 anni”, rincara Stojanovic. Inoltre, non si deve dimenticare che l’UDC non è mai riuscita a far superare lo scoglio delle urne a iniziative popolari che sosteneva da sola, aggiunge il ricercatore.
Visto dall’esterno può tuttavia sembrare sorprendente che ogni volta che il popolo svizzero è chiamato a votare su un’estensione dei propri diritti, rifiuti. Secondo Sciarini, il popolo svizzero dà prova di saggezza. “È perché è capace di vedere quel che gli viene veramente offerto e qual è il prezzo. Nella fattispecie, il prezzo erano campagne elettorali permanenti”, commenta il professore ginevrino, rilevando anche che “il popolo svizzero ha già molti diritti popolari – più che altrove nel mondo –. Può eleggere e pronunciarsi spesso su oggetti concreti”.
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