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La Svizzera ha un problema con l’indipendenza dei suoi giudici federali

gente che applaude
I giudici federali seguono la loro elezione dalle tribune del Consiglio nazionale. Keystone / Peter Klaunzer

Se in passato il sistema di nomina dei giudici federali era considerato un ottimo esempio di compromesso politico, di recente tale procedura è criticata da più parti. E non si tratta solo di salvaguardare l'indipendenza della giustizia e la separazione dei poteri.

Nel settembre 2018, milioni di americani hanno seguito in diretta le udienze della commissione Giustizia del Senato volte a valutare la nomina di Brett M. Kavanaugh. I 21 senatori hanno tempestato di domande il candidato alla Corte Suprema, cercando di fare chiarezza sul suo passato e sulle accuse di abuso sessuale su compagne di scuola durante gli studi universitari.

Davanti al Campidoglio di Washington, migliaia di persone hanno manifestato a favore e contro il candidato del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Alla fine, il Senato ha confermato, di stretta misura, la nomina dell’ultraconservatore come giudice del massimo organo della giustizia americana.

Come la Costituzione americana, anche quella svizzera garantisce l’indipendenza dei giudici (Cost. art. 191c). La loro nomina è affidata all’Assemblea federale (Consiglio nazionale e Consiglio degli Stati riuniti).

In vista del 23 settembre, data del rinnovo integrale dei membri del Tribunale federale, l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) ha fatto esplodere una piccola bomba. “Raccomandiamo la non rielezione del giudice federale Yves Donzallaz”, ha detto il capogruppo dell’UDC Thomas Aeschi.

Le reazioni non si sono fatte attendere. “Con questo comportamento viene messa in discussione la separazione dei poteri”, ha sostenuto un giudice federale. Negli ultimi anni, Donzallaz – proposto dall’allora consigliere federale Christoph Blocher – ha sostenuto sentenze contrarie al credo politico dell’UDC, in particolare sulla libera circolazione delle persone con l’Unione europea. “Il giudice UDC e il suo boia. Prima c’era amore, ora solo odio”, ha commentato il quotidiano Berner Zeitung, mentre la Neue Zürcher Zeitung ha indicato che la richiesta di non rielezione ricorda “il modo di agire di Stati sempre più autocratici, come la Turchia, l’Ungheria o la Polonia”.

Stando al professore assistente di diritto pubblico all’Università di Zurigo Lorenz Langer, il tentativo dell’UDC di destituire un membro della Corte suprema segna “una nuova dimensione”, ricordando che “non era mai successo”.

Parte dello stipendio va al partito

Come negli Stati Uniti e in altri Stati democratici, anche in Svizzera gli alti magistrati vengono eletti dai rappresentanti del popolo. In Germania, la responsabilità di nominare i giudici costituzionali spetta al governo, in Italia il potere di nomina della Corte costituzionale è affidato a tre organi: cinque vengono eletti dai magistrati di ciascuna delle tre magistrature superiori, cinque dal parlamento in “seduta comune” e cinque dal presidente della Repubblica.

La modalità di nomina dei 38 membri del Tribunale federale è da tempo controversa. Nel 2018, l’autorità anticorruzione del Consiglio d’Europa GRECO ha pubblicato un rapporto in cui la procedura di elezione del Tribunale federale in Svizzera viene definita “incompatibile con i principi di una democrazia moderna”. Il Consiglio d’Europa critica soprattutto il fatto che una parte del salario dei giudici eletti finisce nelle casse del partito in cui militano. È una specie di finanziamento indiretto dei partiti, una regola che dal 1943 ha sbarrato la strada alla Corte suprema elvetica a tutti i candidati senza partito. Inoltre, ogni sei anni i membri del Tribunale federale devono essere rieletti dal parlamento.

Un’iniziativa popolare, la cosiddetta “Iniziativa sulla giustizia”, intende cambiare la procedura d’elezione, ossia vuole designare i giudici del Tribunale federale mediante un sorteggio. Secondo Lorenz Langer, non si tratta di una buona idea. “L’elezione dei giudici nella sua forma attuale non corrisponde completamente a un’indipendenza giudiziaria secondo un’interpretazione dogmatica. Tuttavia, contribuisce all’accettazione della giurisprudenza e ne protegge l’autonomia nella pratica”, ha scritto in un articolo di opinione sul quotidiano Neue Zürcher Zeitung.

La Svizzera non ha giudici costituzionali

La separazione dei poteri e i diritti popolari di una democrazia diretta rispecchiano la storia e i rapporti di potere di un Paese. E ciò viene evidenziato anche dalla presenza o assenza di una Corte costituzionale. Tale organo svolge un importante ruolo di controllo in Stati che in passato hanno vissuto parentesi totalitarie, come la Germania. Altri Paesi non hanno ritenuto necessario dotarsi di un’istituzione simile perché hanno alle spalle una lunga storia democratica. Oltre alla Svizzera, ricordiamo i Paesi Bassi e la Svezia.

Ma come mai il partito di governo con il maggior numero di parlamentari a Berna sferra un attacco a questa istituzione? “Sono piuttosto sorpreso da questa mossa. In questo modo, il partito rischia un autogoal, ossia di indebolire il legame tra i giudici federali e i partiti. Con tale azione sta portando acqua al mulino dell’iniziativa popolare sulla giustizia, iniziativa respinta senza controprogetto dal Consiglio federale”, sostiene Lorenz Langer, che al momento sta conseguendo l’abilitazione proprio sull’elezione dei giudici federali.

Il Tribunale federale ha già reagito

Dobbiamo ricordare un aspetto importante. L’elezione dei giudici federali avviene quattro giorni prima di un importante voto popolare. Il 27 settembre, il popolo è chiamato alle urne per esprimersi sulla cosiddetta “Iniziativa per la limitazione” dell’UDC. Un attacco a un proprio giudice, che ha un’opinione diversa in materia di libera circolazione delle persone può magari incoraggiare la base a recarsi in modo massiccio alle urne.

Anche Donald Trump ha giocato questa carta: di recente ha pubblicato una lista con 20 candidate e candidati alla Corte suprema che intende nominare se il 3 novembre verrà rieletto presidente degli Stati Uniti. Spesso, però, tali manovre per mobilitare la base elettorale sono controproducenti. L’attuale dibattito rischia infatti di rafforzare la consapevolezza sull’importanza della separazione dei poteri e dello Stato di diritto.

Intanto, pochi giorni fa, il Tribunale federale ha reagito alle critiche mosse nei confronti di uno suo membro. Senza suscitare clamore ha cancellato dal sito web la sigla dei partiti, la quale appariva dietro ai nomi dei giudici federali.

Traduzione dal tedesco: Luca Beti

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