Silenzio e collera sull’alpe
L'iniziativa popolare contro le residenze secondarie, accolta dal popolo svizzero nel marzo 2012, ha inflitto un duro colpo al settore edile in diverse regioni turistiche del paese. La rabbia si fa particolarmente sentire in Vallese. Reportage sulla Lauchernalp.
Situata a quasi 2000 metri sopra il Lötschental, valle laterale del Vallese germanofono, d’inverno la Lauchernalp è accessibile unicamente in teleferica o a piedi. D’estate, per poter utilizzare la strada ripida che serpeggia fino all’alpe, bisogna dapprima procurarsi un’autorizzazione comunale. Un documento che permette tra l’altro ai proprietari di uno chalet di raggiungere le loro dimore di vacanza con un veicolo privato.
In questa giornata soleggiata di fine giugno, sull’alpe vallesana regna una calma apparente, interrotta unicamente dal rombo di un camion appena uscito da un cantiere. Poco dopo, sbucano due elettricisti; con passo frettoloso salgono in automobile diretti a valle. Non hanno tempo, e sicuramente nemmeno voglia, di rispondere alle domande di un giornalista sconosciuto.
Contrariamente agli anni passati, quando a inizio dell’estate sull’alpe c’erano già cinque o sei cantieri aperti, oggi si vede soltanto una misera gru. Sarà per via della sentenza emessa dal Tribunale federale nel mese di maggio? I giudici hanno stabilito che il nuovo articolo costituzionale per limitare la costruzione di residenze secondarie va applicato sin dall’11 marzo 2012, data della votazione popolare sulla cosiddetta iniziativa Weber. Questa disposizione ha un impatto immediato su tutti i comuni che contano già oltre il 20 per cento di seconde case, il limite imposto dall’iniziativa. Tra questi vi è anche il comune di Wiler, di cui fa parte la Lauchernalp.
Cinquant’anni fa, qui c’erano soltanto fattorie e rifugi per i pastori e i loro animali. I tempi sono cambiati: oggi, disseminati sull’alpe, ci sono circa 200 chalet, un complesso di appartamenti di vacanza, un hotel, due o tre ristoranti e le strutture degli impianti meccanici di risalita.
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«Come prima del grande incendio»
La delusione sul volto di Hans-Jakob Rieder è palpabile. Sindaco di Wiler e dirigente di un’impresa di impianti da riscaldamento, sanitari e di costruzione di tetti, Rieder paragona il divieto di edificare nuove abitazioni con il terribile incendio del 1900, che distrusse gran parte del villaggio. Allora si era dovuto ricominciare da zero.
Hans-Jakob Rieder rifiuta però di esprimersi sulle conseguenze economiche per la regione dell’iniziativa Weber. Per lo meno non ai microfoni dei giornalisti della SSR, la Società svizzera di radiotelevisione di cui fa parte anche swissinfo.ch. Dopo le «menzogne» di un presentatore della televisione pubblica svizzero-tedesca, «il comune di Wiler non è più disponibile a rilasciare interviste per altri articoli», aveva indicato per e-mail Hans-Jakob Rieder prima del nostro reportage. Sul posto, la posizione del sindaco non cambia di una virgola.
Beat Rieder, invece, si mostra più loquace. Il presidente del Consiglio della valle sottolinea soprattutto la grande incertezza che regna tra gli artigiani locali. «Nel settore edile, non c’è più alcuna sicurezza giuridica», afferma. Una situazione che, secondo Rieder, mette in pericolo l’esistenza stessa di alcune regioni alpine. «Nei prossimi due anni, vedremo quanti impieghi andranno persi nella valle e se l’economia locale riuscirà a sopravvivere».
Le seconde case e gli impianti meccanici di risalita di Lauchernalp sono il motore economico della regione, spiega Rieder. La valle vive del turismo invernale, che per alcune settimane si concentra quasi esclusivamente sull’alpe. Il 90 per cento del paesaggio del comune è protetto, sottolinea ancora Rieder, «per il bene di tutta la popolazione svizzera, che non ha però un interesse economico diretto».
La collera rimbomba nella valle. «Le terre edificabili di Lauchernalp non appartengono né all’Ubs né al Credit Suisse e ancora meno a un multimilionario di Zurigo, Zugo o Ginevra. Sono quasi tutte in mano a famiglie locali, che le trattano col massimo riguardo».
L’11 marzo 2012, il popolo svizzero ha approvato a stretta maggioranza l’iniziativa denominata «Basta con la costruzione sfrenata di abitazioni secondarie!», lanciata dall’ecologista Franz Weber. Il testo prevede che la proporzione di seconde case non superi il 20 per cento per ogni comune. Un quinto dei comuni elvetici ha già raggiunto questa soglia.
L’applicazione della legge ha suscitato però un acceso dibattito, in particolare nelle regioni turistiche del paese.
A fine giungo 2013, il governo svizzero ha posto in consultazione il progetto di applicazione della legge Weber, facendo un passo in direzione dei cantoni alpini.
Il testo propone diverse eccezioni, in modo da permettere la costruzione di residenze secondarie anche nei comuni che hanno già superato la soglia del 20 per cento. Potranno ancora essere costruiti appartamenti di vacanza che garantiscono “letti caldi”, nell’ambito però di “strutture ricettive organizzate”, tra cui rientrano alberghi veri e propri e residenze paralberghiere. Questi appartamenti potranno essere affittati unicamente per periodi di breve durata.
Il governo svizzero si è inoltre detto favorevole alla costruzione di seconde case destinate però a una clientela internazionale. Infine, al momento della costruzione di una residenza primaria, gli abitanti saranno autorizzati a integrare alloggi secondari da affittare.
Mentre icantoni sono favorevolialle proposte del governo, i fautori dell’iniziativa Weber hanno espresso il loro rammarico. «La legge d’applicazione assomiglia a una diga, ma ha talmente tanti buchi che non riuscirà più a tenere una goccia d’acqua», ha dichiarato Vera Weber, figlia di Franz, il promotore dell’iniziativa popolare.
Infrastrutture sovradimensionate
La costruzione di residenze secondarie, un modello economico che si è imposto negli ultimi anni, non incontra però unicamente apprezzamenti positivi. Nel Loetschental, dove nove abitanti su dieci hanno respinto l’iniziativa, sono soprattutto i vacanzieri che osano esprimere ad alta voce le loro critiche, afferma Karl Meyer, nato e cresciuto nella valle. Il presidente della comunità d’interessi di Lauchernalp è proprietario di un’agenzia immobiliare e di uno chalet sull’alpe.
Gli chalet sfitti portano poche entrate alla regione, rileva Karl Meyer. «Se tutto va bene, i proprietari hanno un abbonamento stagionale per gli impianti di risalita e di tanto in tanto acquistano i prodotti freschi della zona. Le conserve invece le comprano nei grandi magazzini in pianura e se le portano appresso. Alcuni vengono solo per una o due settimane l’anno, soprattutto a Natale o negli altri periodi di alta stagione».
Conseguenza: le infrastrutture sono nettamente sovradimensionate. «L’approvvigionamento idrico, ad esempio, rappresenta un gran investimento per il comune, soprattutto in un periodo in cui è necessaria sempre più acqua per garantire l’innevamento delle piste. A ciò si aggiunge la costruzione e il mantenimento delle stazioni di epurazione, della rete elettrica, delle strade o dei posteggi», sottolinea Karl Meyer.
Il modello economico delle seconde case genera poche ricadute economiche, afferma Christophe Clivaz, professore all’istituto universitario Kurt Bösch di Sion. A crescere sono invece i costi per le infrastrutture a carico dei comuni: costruzione e mantenimento della rete elettrica e idrica, eliminazione dei rifiuti, rete stradale, eccetera.
«In alcune regioni del Vallese, la cifra d’affari del settore edile ha già superato quella del turismo», afferma Clivaz. Diversi studi hanno dimostrato che le residenze secondarie non hanno un grande impatto sul turismo. Nella celebre stazione di Crans-Montana, gli oltre 40’000 letti a disposizione dei vacanzieri generano una cifra d’affari di soli 20 milioni di franchi per gli impianti meccanici di risalita. Circa 2000 appartamenti restano vuoti praticamente tutto l’anno.
L’iniziativa contro le residenze secondarie è stata un fulmine a ciel sereno più per le imprese attive nei settori edile e immobiliare che per il turismo. Christophe Clivaz ritiene tuttavia che ci sia un grande potenziale nel campo della ristrutturazione, dei lavori di rinnovamento e di efficienza energetica. A questo scopo, propone lo stanziamento di incentivi finanziari, a condizione che gli appartamenti siano affittati per un periodo minimo all’anno.
Case in stato di abbandono
Il silenzio che regna sull’alpe non è legato soltanto alla penuria di cantieri, ma anche all’assenza di turisti e vacanzieri. Molti proprietari, di fatto, rifiutano di affittare i loro chalet. Questi “letti freddi”, come vengono chiamati, hanno scatenato l’ira della popolazione svizzera e hanno svolto un ruolo decisivo nell’accettazione dell’iniziativa popolare lanciata dall’ecologista Franz Weber.
A Lauchernalp incontriamo i signori Schneider, una coppia di pensionati domiciliati nel canton Zurigo. Sono 45 anni che trascorrono le vacanze sull’alpe in uno chalet abbarbicato sopra il letto del ruscello, poco distante dal villaggio. A volte, d’estate, possono rimanere anche tre mesi, dicono. Gli Schneider sono stati tra i primi “forestieri svizzeri”, come vengono definiti dai vallesani coloro che vengono da altri cantoni per trascorrere qui le vacanze.
La coppia apprezza le infrastrutture esistenti, che facilitano notevolmente la vita alle persone anziane, ma vede anche di buon occhio la politica di pianificazione territoriale e di protezione del paesaggio attuata dal comune.
Poco più in là, troviamo la proprietaria dello Chalet Birchli, domiciliata nella Svizzera orientale. Racconta di essere venuta espressamente per tagliare l’erba del giardino che circonda la sua spaziosa abitazione. In media, dice, trascorre sull’alpe qualche giorno al mese. Di affittare la sua casa, però, non se ne parla nemmeno.
«Anch’io ho votato no all’iniziativa Weber, spiega dopo un attimo di esitazione. Non si può acquistare una casa di vacanza per sé stessi e poi votare contro la costruzione di nuove residenze secondarie».
«Quando è troppo è troppo»
Un parere che non condividono però tutti i proprietari di chalet a Lauchernalp. La nostra visita ci porta a incontrare il signor e la signora Hafner, di Muensingen, un villaggio del canton Berna. Dopo qualche lavoro di giardinaggio, si godono dal balcone la vista sul Bietschhorn, vetta di quasi 4000 metri che troneggia sopra il ghiacciaio della Jungfrau. Loro hanno votato “sì” all’iniziativa dell’ecologista Franz Weber. «Perché quando è troppo è troppo».
La coppia condivide la casa di vacanza con figli e nipoti. Lo chalet è dunque occupato dai quattro ai sei mesi l’anno.
Quando la famiglia ha ereditato l’abitazione trent’anni fa, «non c’era né elettricità, né strade asfaltate. E i vicini non superavano la dozzina». Con il passare degli anni, le case secondarie sono spuntate come funghi, affermano gli Hafner con un pizzico di nostalgia. «Oggi nei periodi di bassa e media stagione, il villaggio è praticamente morto».
Nella valle del Lötschental si contano11 hotel, 175 appartamenti di vacanza, 15 case di montagna e un resort, per un totale di 2220 “letti caldi”.
Tra questi, 784 si trovano a Lauchernalp. Dei circa 200 chalet dell’alpe, 75 sono registrati come appartamenti di vacanza. Il comune non può, o non vuole, indicare quanti siano i “letti freddi” nel territorio.
Dopo il sì popolare all’iniziativa Weber, le autorità del canton Vallese hanno ricevuto una cinquantina di denunce contro progetti edilizi nel comune di Wiler. A depositarle è stata la fondazione Helvetia Nostra, dell’ecologista Franz Weber.
(Traduzione dal tedesco, Stefania Summermatter)
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