Sochi: Putin ha vinto la sfida, ma a quale prezzo?
I Giochi olimpici di Sochi sono stati un successo per la Russia e per Vladimir Putin, ritiene la stampa svizzera. Malgrado la vittoria sul piano sportivo e della sicurezza, gli editorialisti si interrogano sul prezzo politico e sociale dell’evento. E sulle sfide future che attendono la Russia, a partire dalla crisi ucraina.
«Nonostante la mancanza di fervore e la pietosa qualità della neve, le XXII Olimpiadi invernali, che si sono concluse ieri, hanno sorriso alla Russia. Sul piano sportivo – il paese organizzatore domina la classifica delle medaglie – ma anche su quello della sicurezza, dato che non è stato deplorato alcun incidente», scrive il giornale romando La Liberté.
Le nubi, che i media del mondo intero vedevano accumularsi prima dell’inizio delle gare, si sono dissipate fin dalla cerimonia di apertura, commenta dal canto suo il foglio ginevrino Le Temps. «Malgrado l’angoscia legata alle questioni di sicurezza, amplificata dai tre attentati terroristici dello scorso dicembre, non c’è stato il minimo incidente, né a Sochi, né nel resto della Russia (…). Di colpo, la polemica sulle spese faraoniche di 51 miliardi di dollari sono passate in secondo piano».
Per La Regione Ticino, «la Russia ha vinto l’oro anche nella sfida più difficile, quella di garantire la sicurezza contro la minaccia del terrorismo del vicino Caucaso con uno spiegamento di forze e di mezzi senza precedenti ma discreto ed efficiente.(…) Oggi il Cremlino e il governo russo si sono presi la soddisfazione di poter dire (…) che tutto ha funzionato a meraviglia».
Lo sport è riuscito a spazzar via tutte le critiche per prendere il sopravvento, aggiunge la Tribune de Genève. «E che belle emozioni, dei campioni in lacrime e dei russi che vincono: sul piano sportivo: nulla da deplorare».
Altri sviluppi
Sochi, tra luci ed ombre
Un’arma politica di primo piano
I Giochi olimpici di Sochi sono stati fin dall’inizio i Giochi di Vladimir Putin, sottolineano diversi editorialisti. «Le settimane olimpiche hanno provato una cosa: lo sport, tanto quanto durante la Guerra fredda, è un’arma di politica estera, di prestigio. Putin ha vinto e il mondo intero lo sa. Il suo esempio incoraggerà altre nazioni, altri governi, a seguire questa via», scrive Le Matin.
Secondo il Corriere del Ticino, tuttavia, «lo sforzo maggiore, di concerto con il Comitato internazionale olimpico, è stato fatto per tenere lontana la politica dalle competizioni: i costi esorbitanti, con le accuse di corruzione e molti dei 50 e passa miliardi di dollari spesi fatti ricadere sulla popolazione attraverso le tasse; la legge anti-gay e l’ossessiva denuncia della stampa europea e americana; la terribile vicenda ucraina e la rivolta, silenziosa, dei suoi atleti». E dal loro punto di vista, la sfida è riuscita. «Per gli spettatori, l’immagine conta più della realtà. (…) Le Olimpiadi, via schermo, sono state bellissime. Era il solo aspetto che interessava gli organizzatori, piaccia o meno».
Dello stesso avviso anche la Neue Zürcher Zeitung (NZZ). «Putin ha voluto dimostrare al pubblico la rinascita della Russia, la sua grandezza e potenza. Il Cremlino aveva promesso niente di meno che una Russia nuova, moderna, aperta». Il foglio zurighese mette però in dubbio l’autenticità delle Olimpiadi. «Il mega evento ha creato una bolla artificiale, un mondo parallelo». Le immagini che giungevano da Sochi erano certo «simpatiche», ma «filtrate» e «perfettamente messe in scena». La realtà, tuttavia, non poteva essere completamente chiusa fuori, sottolinea la NZZ. «I Giochi non mostrano mai una situazione normale, e Sochi non era la Russia».
Certo, il bilancio sportivo è stato positivo, prosegue la NZZ. «Ma a quale prezzo politico e sociale? I Giochi sono ormai conclusi per gli sportivi, eppure per la Russia continuano». Le attese della popolazione sono grandi e la Russia dovrà fare i conti con l’eredità lasciatagli dai Giochi. «E questa sfida, Putin non l’ha ancora vita».
La crisi ucraina, una spina nel fianco per Putin
Un evento di attualità ha gettato un’ombra sul cartellone positivo della Russia, scrive il quotidiano romando Le Temps: la crisi ucraina. «L’euforia della vittoria lascia spazio progressivamente ai problemi emergenti. La Russia ha sostenuto fino all’ultimo il presidente destituito e avrà sicuramente difficoltà a riagganciarsi al nuovo potere del suo “paese fratello”. Sul piano economico, la crescita è stata negativa nel mese di gennaio, con un rallentamento degli investimenti e della produzione industriale. La moneta russa ha perso il 10% del suo valore dall’inizio dell’anno, con un rischio di stagflazione, di riduzione del potere di acquisto e, dunque, di tensioni sociali. Di colpo, l’opposizione russa si aspetta una nuova ondata di repressione portata avanti da un Cremlino terrificato dal rischio di contagio a domicilio dell’insurrezione ucraina».
Gli eventi in Ucraina hanno messo in evidenza «lo stretto legame che esiste tra sport e politica», scrive da parte su il Bund. «in seguito al bagno di sangue a Kiev, gli atleti ucraini volvano mandare un messaggio di sostegno. Ma il CIO [Comitato internazionale olimpico, ndr], non ha nemmeno accettato che portassero il lutto al braccio. Nel corso di una “riunione informale”, si è riusciti a convincere la delegazione ucraina che un minuto di silenzio nel villaggio olimpico era il segnale migliore».
Le XXII Olimpiadi invernali a Sochi hanno registrato un nuovo record di partecipanti. Nelle 98 competizioni 2900 atleti di 88 nazioni hanno gareggiato per conquistare medaglie e diplomi. Nel 2010 a Vancouver, in Canada, avevano partecipato 2566 sportivi di 82 paesi.
I Giochi di Sochi entreranno nella storia per il loro gigantismo: i costi sono stimati a 50 miliardi di euro, 30 miliardi sono passati per i canali della corruzione. Le gigantesche costruzioni, il cui utilizzo dopo i Giochi ancora non è chiaro, e le strade e ferrovie sovradimensionate, hanno gettato un’ombra sull’operazione di prestigio del presidente russo Vladimir Putin.
Anche l’espropriazione di proprietari terrieri, i disboscamenti massicci in montagna, la limitazione dei diritti umani, la paura di attacchi terroristici e un dispositivo di sicurezza enorme hanno pesato sulla manifestazione.
Dal punto di vista svizzero i momenti più importanti sono state le medaglie d’oro conquistate da Dario Cologna (fondo), Dominique Gisin e Sandro Villetta (sci alpino), Iouri Podladtchikov e Patrizia Kummer (snowboard).
Un modello desueto
I Giochi sono finiti, ma i veri problemi sono solo all’inizio, notano diversi editorialisti. «A Sochi, città in equilibrio tra mare e monti, cosa resterà? Il ricordo di imprese sportive e gesti magnifici, sicuramente. Ma anche dubbi, polemiche e sprechi. Oltre a strutture imponenti a caccia di una riconversione», scrive il Corriere del Ticino.
«Dopo il colpo di fulmine arriva sempre il tuono», gli fa eco l’editorialista di L’Express. «Le gigantesche infrastrutture uscite dal nulla sopravvivranno alla follia della grandezza olimpica? Quali saranno le conseguenze reali sull’ambiente, sull’economia del paese? Come spesso accade, è il popolo che dovrà assumere, e questa vodka rischia di non essere proprio di buona qualità»
Per evitare che l’eredità olimpica non lasci che «debiti e rovine, come hanno dimostrato le recenti immagini di Sarajevo e Torino», il settimanale Le Matin Dimanche invita a un cambiamento radicale nel modo in cui vengono organizzati i Giochi olimpici invernali. «L’Europa, l’Asia e l’America del Nord dovrebbero disporre ognuna di uno o due siti permanenti per accogliere ogni quattro anni la grande festa olimpica».
Secondo il settimanale romando, «nell’era del pragmatismo, il modello di spettacolo itinerante applicato oggi, in un rimasuglio d’imperialismo, si adatta solo a candidature megalomani, lontane dagli obiettivi budgetari della nostra epoca come dai canoni etici della nostra società».
Nicolas Bideau, direttore di Presenza Svizzera, l’organo federale incaricato della promozione dell’immagine elvetica all’estero, stila un bilancio «più che positivo» del padiglione House of Switzerland situato all’interno del parco olimpico di Sochi.
«La sfida che abbiamo colto, edificare una casa tradizionale, in legno, e allo stesso tempo contemporanea nelle linee, è stata apprezzata. Abbiamo potuto utilizzato alcuni clichés della Svizzera, come il cioccolato, la raclette e le Alpi, per creare un contesto favorevole a una comunicazione “più profonda”: la nostra capacità di innovazione, la collaborazione tra i nostri due paesi, l’apertura, ecc.», ha Bideau affermato a swissinfo.ch.
Il padiglione House of Switzerland ha accolto oltre 7000 visitatori al giorno durante le due settimane dei giochi, per un totale di circa 100mila persone. Tra gli ospiti c’è stato anche il presidente russo Vladimir Putin.
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