Spoljaric Egger, prima donna alla testa della Croce Rossa
In un mondo in cui i conflitti sono sempre più complessi, Mirjana Spoljaric Egger è diventata la prima donna alla testa del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR).
Come di consueto, è stato è stato scelto un profilo proveniente dalla diplomazia svizzera per guidare l’organizzazione umanitaria. Questo per un mandato quadriennale, rinnovabile. Nata in Croazia, Spoljaric Egger ha studiato filosofia, diritto internazionale ed economia presso le università di Basilea e Ginevra. Sarà la prima donna a guidare l’organizzazione, che ha sede a Ginevra da quando è stata fondata 150 anni fa.
In precedenza, ha lavorato presso il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) come Segretaria generale aggiunta, amministratrice aggiunta e direttrice dell’Ufficio regionale per l’Europa e la Comunità degli Stati indipendenti, dove era la responsabile delle relazioni con la Russia e le repubbliche dell’ex Unione Sovietica. Dal 1° ottobre ha sostituito l’ex presidente del CICR, Peter Maurer.
“Mi impegnerò a mettere in evidenza i bisogni dei più vulnerabili e a rendere giustizia all’incredibile lavoro svolto dai membri del CICR nei conflitti in tutto il mondo”, ha dichiarato quando è stata eletta presidente quasi un anno fa, lo scorso novembre.
Un contesto internazionale complesso
Spoljaric Egger dovrà destreggiarsi in un ambiente internazionale estremamente complesso.
Circa 20’000 persone del CICR lavorano in oltre 100 Paesi, tra cui Afghanistan, Libia e Sudan, per aiutare le persone gravemente colpite dalla guerra e dalla violenza. L’obiettivo principale dell’organizzazione è garantire protezione e assistenza alle vittime dei conflitti armati secondo il diritto umanitario internazionale, tra cui il ricongiungimento delle persone scomparse con i loro cari, l’assistenza ai richiedenti l’asilo, ai deportati interni e ai detenuti.
Negli ultimi dieci anni, la Croce Rossa ha dovuto affrontare un numero crescente di conflitti e catastrofi umanitarie, come il conflitto siriano, l’esodo dei Rohingya dal Myanmar e l’invasione russa in Ucraina.
Parte della sfida del CICR consiste nell’impegnarsi nel dialogo, non solo con le forze combattenti, ma con tutte le parti coinvolte. La questione dell’imparzialità dell’organizzazione è emersa all’inizio della guerra in Ucraina. A marzo, Maurer è stato criticato per aver incontrato Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo. È stato visto stringere la mano e sorridere a Mosca durante una seduta fotografica. Alcuni critici sono arrivati a interpretare il dialogo del CICR con Mosca come una legittimazione dell’invasione russa dell’Ucraina.
La guerra in Ucraina e il limitato campo d’azione del CICR sul terreno illustrano le difficoltà che l’istituzione deve affrontare. Un rapporto della commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sull’Ucraina, pubblicato venerdì scorso, ha documentato una lunga lista di violazioni del diritto umanitario internazionale, tra cui l’uso illegale di armi esplosive in aree popolate, attacchi indiscriminati senza distinguere tra civili e combattenti, esecuzioni, torture e maltrattamenti, violenze sessuali da parte dei soldati e deportazione forzata di civili. La commissione ha concluso che la Russia ha commesso crimini di guerra in Ucraina e ha identificato due casi di abuso di prigionieri di guerra russi da parte delle forze ucraine.
Il direttore generale del CICR, Robert Mardini, in visita a Kiev all’inizio di settembre, ha ammesso di sostenere “solo una frazione dei bisogni” in Ucraina e di avere un accesso limitato ai prigionieri di guerra. “Finora abbiamo potuto visitare solo centinaia di prigionieri di guerra da entrambe le parti (Ucraina e Russia). E sappiamo che ce ne sono altre migliaia a cui dobbiamo ancora accedere”, ha detto Mardini ai giornalisti. La terza Convenzione di Ginevra garantisce al CICR l’accesso a tutti i prigionieri di guerra.
Un’altra delle sfide maggiori per l’organizzazione è rappresentata dalle crescenti violazioni o interpretazioni errate del diritto di guerra, noto anche come diritto internazionale umanitario. Le ultime indagini comparative condotte dal CICR nel 2016 e nel 1999, che hanno interrogato 17’000 persone in 16 Paesi, hanno mostrato un cambiamento nella percezione del mancato rispetto del diritto di guerra. Il sondaggio del 2016 ha mostrato che le persone che vivono nei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti) e anche in Svizzera accettano più facilmente la morte dei civili nelle zone di conflitto. Mentre due terzi degli intervistati hanno risposto che la tortura è “sbagliata”, un numero inferiore di persone rispetto al sondaggio del 1999.
Oltre al crescente numero di conflitti armati, l’istituzione dovrà affrontare anche le pressioni migratorie derivanti dalla scarsità di cibo e dai cambiamenti climatici che stanno colpendo i Paesi più vulnerabili.
“Il mio desiderio è quello di costruire una certa resilienza tra le persone, in modo che le comunità soffrano meno quando la violenza e il cambiamento climatico sconvolgono le vite”, ha dichiarato il presidente uscente Maurer durante la sua ultima conferenza stampa.
“Dobbiamo superare il riflesso della risposta all’emergenza e investire nelle regioni fragili, nei sistemi sanitari, nei sistemi idrici e nelle infrastrutture vitali. Quando i bambini muoiono di fame, è il risultato di un fallimento sistemico. È un ciclo di tristezza, dal quale dobbiamo uscire”.
Ha aggiunto che nei prossimi anni non saranno sufficienti “soluzioni di facciata” per risolvere le crisi sistemiche.
Tradotto dall’inglese da Riccardo Franciolli
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