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La stampa vede un futuro radioso, seppur con incognite

La ministra dell'energia e dell'ambiente Doris Leuthard, attuale presidente della Confederazione, è designata dalla stampa svizzera come "una macchina" per vincere votazioni popolari. Keystone

La maggioranza dei commentatori ed editorialisti della stampa elvetica applaude oggi il sì espresso ieri dai votanti alla strategia energetica 2050, che segna l’abbandono graduale del nucleare della Svizzera. Questo pur senza sottovalutare il fatto che si tratta in grande salto verso l’ignoto.

“Sei anni dopo Fukushima, si vede finalmente chiaramente come deve avvenire l’abbandono dell’atomo. E la distanza temporale dal disastro giapponese rende questo verdetto una decisione maturata riflettendo”, scrivono in un commento comune i quotidiani Der Bund di Berna e Tages-Anzeiger di Zurigo.

Una vittoria che si chiama Doris Leuthard

La stampa svizzera attribuisce quasi unanimemente alla ministra dell’energia e presidente della Confederazione, Doris Leuthard gran parte del merito di questa matura riflessione, che ha portato al sì alla strategia energetica 2050 nella votazione di ieri.

Questa volta non si è registrata “nessuna differenza tra il popolo e l’élite, nessuna diffidenza nei confronti dei decisori. Il motivo ha un nome: Doris Leuthard. Il sì è la sua vittoria”, scrive per esempio il Blick.

Il tabloid zurighese ricorda che “poco dopo l’incidente nucleare di Fukushima, nel 2011, la responsabile del dossier sulle centrali nucleari ha giustamente presentato in governo il piano per una svolta nella politica energetica. Occorreva coraggio per riconsiderare la sua posizione. E bisognava essere resistente, per diventare improvvisamente avversaria dei propri amici politici. Ma tutto ciò ha conferito credibilità all’attuale presidente della Confederazione Doris Leuthard”.

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Elogi al lavoro della ministra giungono dai giornali di tutte le regioni linguistiche del paese. Doris Leuthard “è la grande vincitrice”, scrive laRegione Ticino, ricordando che si tratta del suo decimo successo alle urne nei sei anni e mezzo a capo del Ministero dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni”.

Senza dimenticare il grosso lavoro del parlamento

Anche il Corriere del Ticino osserva che si tratta di una nuova vittoria di Doris Leuthard, ma puntualizza che “oltre alla capacità persuasiva della consigliera federale, sul verdetto hanno influito almeno tre elementi. Primo: il pacchetto in votazione è stato alleggerito e ricalibrato nel ping-pong parlamentare. In votazione è stata posta una versione equilibrata ed in grado di ottenere una maggioranza. (…) Secondo: si tratta di una proposta forse non in linea con i crismi del liberalismo classico, ma pragmatica, perché se non altro contiene una soluzione. (…) Terzo: mancava una vera alternativa alla sostituzione del nucleare che non fosse l’aumento delle importazioni di energia”.

Il ruolo positivo avuto dal lavoro preparatorio del parlamento sull’esito del voto è pure rilevato dai quotidiani Der Bund e Tages-Anzeiger, secondo i quali “è solo con gli anni di trattative che si è potuto concretizzare la decisione di reazione immediata presa nel 2011. Ed è perché tutte le parti hanno concesso compromessi che si è riusciti a raggiungere un progetto in grado di ottenere una maggioranza”.

È la “politica dei piccoli passi” che ha portato al successo del progetto, fanno eco dalla Svizzera francese i quotidiani La Tribune de Genève e 24 heures.

La sconfitta si chiama UDC

La stampa elvetica punta d’altra parte il dito sulla grande perdente di questa votazione, l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) che ha lanciato il referendum contro la strategia energetica 2050 (SE 2050) e ha fatto una vasta campagna a suon di slogan per fare paura alla gente sulle conseguenze di questo progetto.

In particolare i giornali fanno il verso all’UDC utilizzando proprio uno di questi slogan che paventava agli svizzeri un futuro in cui sarebbero stati costretti a fare la doccia fredda in caso di approvazione della SE 2050.

“Doccia fredda per UDC &Co”, esordisce il quotidiano laRegione Ticino, sottolineando che il risultato della votazione di ieri corrisponde a “un’altra sconfitta per l’UDC e il suo presidente Albert Rösti (mai vittoriosi in votazione popolare in questa legislatura), che col referendum hanno invano tentato di profilarsi su un tema per loro nuovo”.

L’elettorato svizzero “non si è fatto intimorire dalle catastrofiche previsioni degli avversari”, i cui slogan della campagna “non hanno fatto presa e ha prevalso invece (sembra) una certa ragionevolezza, insieme alla convinzione che bene o male l’era del nucleare è giunta al capolinea”, commenta il Giornale del popolo.

Sulla stessa linea il quotidiano friburghese La Liberté che vede nel sì popolare di ieri “un voto della ragione, in contrapposizione alla paura alimentata dagli oppositori durante una campagna elettrica. Ma in ultima analisi, è l’UDC che ha preso una doccia fredda che prometteva al popolo. Le sue stime campate in aria sul costo effettivo della riforma erano solo una cortina di fumo per nascondere l’assenza di soluzioni alternative serie”.

Il quotidiano ginevrino Le Temps si rallegra del fatto che “la ragione ha prevalso sulla paura. Sarebbe stato un peccato se questa legge fosse stata rifiutata a causa dei timori altamente mirati – quelli espressi dai nemici giurati degli impianti eolici – o totalmente esagerati – le stupide minacce evocate dall’UDC, di dover pagare 3200 franchi in più all’anno, fare la doccia con acqua fredda e razionare il consumo di banane. La popolazione svizzera non si è lasciata ingannare”.

La strada ora è tutta in salita

Se i fautori dell’abbandono del nucleare e della promozione delle energie rinnovabili ieri hanno vinto una battaglia molto importante, la guerra non è però ancora finita. “Di fronte al compiacimento generale per la svolta energetica elvetica, al cittadino resta la preoccupante sensazione che nessuno ora sappia esattamente come andare avanti: come si concretizzerà in fatti e cifre quanto si è deciso alle urne”, puntualizza il Giornale del popolo.

Un parere condiviso dall’altro quotidiano di Lugano: “Il difficile viene adesso, sia perché si tratta di passare alla fase esecutiva (con tutte le incognite che questo comporta, non da ultimo per il possibile assalto alle sovvenzioni) sia perché ci saranno presto altri nodi da sciogliere”, scrive infatti il Corriere del Ticino.

Analoghe preoccupazioni sono formulate dalla Liberté di Friburgo, che avverte: “Per assicurare il proprio approvvigionamento anche in inverno, la Svizzera rischia di dover importare corrente ‘sporca’ (nucleare, gas) finché non avrà risolto i problemi di immagazzinamento. Inoltre, Doris Leuthard dovrà arbitrare gli appetiti finanziari dei produttori. E i proprietari di dighe manifestano già un appetito vorace”.

Amaro il commento della Neue Zürcher Zeitung (NZZ), uno dei rari giornali della Svizzera che non apprezza per nulla il responso delle urne di ieri. Il quotidiano zurighese vicino alle cerchie economiche liberali radicali vede nella SE 2050 una corsa agli aiuti pubblici a pioggia, un nuovo passo “sulla strada che farà della politica energetica una seconda politica agricola”. Una politica che ha trasformato i contadini svizzeri in “esperti nella caccia ai sussidi”.

La NZZ vede un futuro energetico nero per la Svizzera: “Non solo domenica è diventato più caro, ma anche meno sicuro in termini di approvvigionamento e nemmeno più favorevole all’ambiente”.

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