Lunghe ombre del passato sotto i riflettori
Cosa attende la Svizzera nel 2019? Chi vuole dare uno sguardo in avanti, deve guardare indietro. Numerosi progetti politici in sospeso o in cantiere da anni ritornano a figurare al centro dell'attenzione nell’anno in corso. Ecco la prima parte delle nostre prospettive annuali.
Quando il popolo respinge nel giro di pochi mesi due riforme importanti, basta mescolarle un po’ tra di loro e ripresentarle in un solo grande pacchetto, per renderle più appetibili? Una risposta la avremo prevedibilmente quest’anno, quando sarà sottoposto a votazione il progetto sulla Riforma fiscale e sul finanziamento dell’AVS (RFFA)Collegamento esterno.
Nel febbraio 2017 gli elettori avevano bocciato la Riforma III dell’imposizione delle imprese, con la quale il governo e la maggioranza del parlamento intendevano adeguare la legislazione ai nuovi standard internazionali ed evitare pesanti sanzioni. La Svizzera rischia di finire sulle liste nere dell’UE e dell’OCSE, se non sopprime nel 2019 i privilegi fiscali accordati a holding e altre società straniere. Il Partito socialista era sceso in campo contro questo pacchetto, considerando che conteneva troppi regali fiscali per le aziende.
Pochi mesi dopo, il popolo aveva rifiutato Previdenza per la vecchiaia 2020, con la quale il governo e il parlamento intendevano adeguare il sistema previdenziale alle sfide economiche e sociali del futuro, in particolare l’invecchiamento demografico. Contro questa riforma si erano opposti partiti di destra e schieramenti minori di sinistra, per i quasi si trattava di una soluzione iniqua e troppo costosa.
Con la RFFA, governo e parlamento sperano ora di aver messo a punto la quadratura del cerchio, limando di qua e di là le due riforme e unendole in un solo pacchetto. Gli obiettivi rimangono gli stessi: rendere compatibile la tassazione delle imprese ai nuovi standard internazionali e assicurare, almeno a media scadenza, il finanziamento del sistema previdenziale. Il pacchetto è combattuto questa volta da referendum delle sezioni giovanili dei Verdi e dell’Unione democratica di centro. Se saranno raccolte le 50’000 firme, il voto è previsto il 19 maggio.
Molto rumore per nulla. Potrebbe intitolarsi così il primo atto della revisione della legge sul CO2Collegamento esterno consumatosi alla Camera del popolo (Consiglio nazionale) durante la sessione invernale. Con una differenza rispetto alla tragicommedia shakespeariana: manca il lato comico. Di fronte agli effetti sempre più tangibili del cambiamento climatico, c’è poco da ridere.
La camera bassa, primo ramo del parlamento a discutere su come concretizzare le promesse elvetiche contenute nell’Accordo di Parigi sul clima, ha dibattuto per ore. Giorni. Sul palcoscenico politico si sono susseguiti attori di destra e di sinistra, si è parlato di come e dove ridurre le emissioni di gas serra, di tassare i biglietti aerei, di aumentare il prezzo del carburante. Ma alla fine, una parte del pubblico, quella che sedeva al centro della platea, se ne è andata sbuffando, senza applaudire.
La Camera del popolo ha respinto il disegno di legge governativo. La destra capitanata dall’Unione democratica di centro, primo partito del paese, non ha voluto dare seguito a un progetto che giudica dannoso per l’economia nazionale. Nemmeno il campo rosso-verde ha sostenuto una revisione ritenuta poco ambiziosa, annacquata ulteriormente durante i dibatti parlamentari. Nel 2019, il dossier passerà alla Camera dei Cantoni, che dovrà ricominciare da zero.
Il protagonista atteso per 2019 non è però il politico. Con l’inizio della raccolta delle firme per l’iniziativa popolare ‘Per i ghiacciaiCollegamento esterno’, che chiede di eliminare i combustibili fossili entro il 2050, il cittadino avrà la possibilità di dire la sua. E di passare da semplice comparsa ad attore principale.
La palla si trova ora nelle mani del Tribunale amministrativo di Berna. Qualunque sia la sua decisione, di certo non porrà fine al contenzioso territoriale nel Giura bernese. Le speranze di giungere ad una conclusione si sono dissipate l’anno scorso.
Nel giugno del 2017 una risicata maggioranza di votanti (137) si era espressa a favore del passaggio della città di Moutier dal Canton Berna al Canton Giura. Ma le aspettative sono andate ben presto deluse: già il giorno dello scrutinio, gli oppositori al cambiamento di Cantone hanno parlato di irregolarità nelle liste di voto. Alcuni sostenitori dell’adesione al Canton Giura si sarebbero trasferiti a Moutier in vista della votazione, per poi lasciare a breve scadenza la cittadina.
In seguito ai ricorsi depositati, è stata aperta un’inchiesta che è durata 17 mesi. Per finire, il Canton Berna ha annullato la votazione all’inizio di novembre dell’anno scorso a causa di diverse carenze. Il consiglio comunale di Moutier ha quindi deciso di rivolgersi al Tribunale amministrativo bernese. Non è possibile prevedere quando sarà presa la decisione. Ma intanto la questione del Giura è di nuovo in fermento.
Dato che rimangono pendenti diversi ricorsi, appare attualmente esclusa una ripetizione del voto. Forse il contenzioso potrebbe giungere perfino dinnanzi alla Corte europea di Strasburgo. Per la vertenza del Giura si preannuncia quindi un altro anno piuttosto animato.
A causa dell’esplosione dei costi sanitari, i premi aumentano ogni anno con una puntualità paragonabile a quella di un orologio svizzero. Regolarmente, alla fine di settembre le autorità annunciano le nuove tariffe per l’anno seguente. Per gli svizzeri non si tratta mai di sapere se i premi aumenteranno o meno, ma soltanto di conoscere l’entità della nuova stangata.
Le ragioni dell’aumento dei costi sono molteplici. I progressi della medicina sono una buona cosa, ma si ripercuotono inevitabilmente in costi più alti per farmaci, operazioni e cure mediche. Già nel 2011 una rivista medica svizzera aveva rilevato: “Se la medicina moderna continua a fare grandi progressi, presto saremo tutti vecchi, malati e al verde”.
Altri motivi sono l’invecchiamento della popolazione, l’immigrazione, l’aumento delle malattie croniche e l’altissima densità di ospedali e medici in Svizzera. Ci sono anche incentivi sbagliati e inefficienze nel sistema sanitario svizzero. Infine, ma non meno importante, gli svizzeri hanno grandi aspettative e non sono disposti a ridurre l’assicurazione di base.
Ben quattro iniziative popolari volte a frenare l’esplosione dei costi della salute o a ridurre i premi dell’assicurazione malattia sono state annunciate o si trovano già in fase di raccolta di firme: la questione rimane quindi di attualità.
Si avvia invece verso un epilogo la battaglia sullo smantellamento della centrale atomica di Mühleberg. Il 20 dicembre, l’impianto situato a una quindicina di chilometri dalla capitale Berna verrà definitivamente sconnesso dalla rete elettrica. In servizio dal 1972, quella di Mühleberg è una delle cinque centrali nucleari del paese e fornisce circa il 5% della corrente consumata in Svizzera.
Una volta raffreddate e neutralizzate, le barre di uranio saranno trasportate nel deposito intermedio delle scorie. Inizierà allora la fase di smontaggio dell’impianto, che dovrebbe terminare nel 2030. Costo totale dell’operazione: 927 milioni di franchi per la disattivazione e 1,43 miliardi per l’eliminazione dei rifiuti radioattivi.
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