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Svizzera e UE: un futuro fatto d’incertezze

Le stelle europee non convincono ancora in Svizzera Keystone

Il governo svizzero si riunirà in seduta speciale mercoledì per discutere della strategia da adottare nelle relazioni della Confederazione con l'Unione Europea e trovare un'alternativa alla via bilaterale.

Il 19 luglio scorso a Bruxelles, la via dei trattati bilaterali coi 27 membri dell’Unione Europea, via che ha contraddistinto le relazioni tra Svizzera e UE nell’ultimo decennio, ha subito un’importante battuta d’arresto.

Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e quello della Commissione Europea José Manuel Barroso hanno infatti comunicato alla presidente della Confederazione Doris Leuthard di considerare che questa strada è ormai giunta al capolinea.

Sia da parte svizzera che europea, si ritiene necessario rivedere le fondamenta dei rapporti tra Berna e Bruxelles. Una delle piste è la negoziazione di un accordo quadro. Durante l’incontro tra Doris Leuthard e i vertici dell’Unione Europea è anche stata avanzata la richiesta di un contributo supplementare da parte della Svizzera per il Fondo di coesione destinato a ridurre le disparità economiche e sociali all’interno dell’UE.

Dalla creazione dell’Unione Europea, Berna e Bruxelles hanno già concluso più di 20 trattati principali e un centinaio di accordi secondari. La crescente complessità della legislazione europea rende però sempre più difficile gestire ed adattare questi accordi.

Al centro delle discussioni vi è in particolare l’adeguamento automatico delle norme svizzere a quelle di Bruxelles e la creazione di un tribunale per risolvere i contenziosi.

Assente dal dibattito pubblico

Nel 1992 il popolo svizzero aveva rifiutato l’adesione allo Spazio economico europeo, una via di mezzo all’integrazione completa all’Unione Europea. Questa decisione storica ha segnato da allora le relazioni tra la Svizzera e il suo principale partner economico. Questo ‘no’ uscito dalle urne ha anche costituito un tassello importante per la destra più conservatrice ed in particolare per il suo leader carismatico Christoph Blocher.

In questi ultimi anni, il dibattito pubblico sul ruolo svolto dalla Svizzera in seno all’Unione Europea è praticamente stato ridotto ai minimi termini. Tutte le parti in causa si sono limitate a ribadire le loro posizioni. Il governo non ha mai smesso di ripetere che la strada bilaterale era l’unica opzione possibile, un’opzione che gli elettori hanno confermato in sei occasioni dal 1997.

I cambiamenti annunciati nelle relazioni tra la Svizzera e i Ventisette non mancheranno di suscitare agitazione. Il Nuovo movimento europeo svizzero (Nomes), gruppo di pressione filoeuropeo, e il suo principale antagonista, l’Associazione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), hanno già espresso inquietudini per la riunione ministeriale in programma mercoledì.

Inquietudini

“Temo che il governo voglia lamentarsi dei presunti limiti degli accordi bilaterali per proporre l’ingresso nello Spazio economico europeo, che non è né più né meno dell’anticamera all’adesione pura e semplice all’UE”, afferma Hans Fehr, presidente dell’ASNI.

Il consigliere nazionale dell’Unione democratica di centro assicura che, se ve ne sarà bisogno, la sua organizzazione intensificherà la lotta per garantire l’indipendenza della Svizzera. Una volontà, questa, che agli occhi di Fehr il governo non ha più, avendo perso la “forza per difendere gli interessi del paese”.

Da parte loro, i filoeuropei dubitano che il governo abbia il coraggio di cercare di allacciare relazioni più strette con Bruxelles. “Temiamo che la priorità del Consiglio federale sia a medio termine di proseguire sulla strada bilaterale”, afferma Michael Fust, segretario generale del Nomes.

Nessuna presa di posizione chiara

Secondo Fust, il governo molto probabilmente non sarà abbastanza audace per arrivare alla sola conclusione logica, ossia che attualmente le relazioni tra UE e Svizzera si trovano in un vicolo cieco. Anche se è forse vero – aggiunge – che un cambiamento nella politica europea non gode dell’appoggio della maggioranza dei cittadini.

Gli osservatori ritengono che questa settimana il Consiglio federale potrebbe lanciare una discussione interna, esaminare la situazione e ritardare la decisione di qualche settimana.

“È possibile che il governo dica di aver bisogno di più tempo per analizzare la situazione in profondità”, sostiene Dieter Freiburghaus, esperto di politica europea. Il politologo Georg Lutz, dell’Università di Losanna, sarebbe dal canto suo sorpreso se il Consiglio federale esprimesse una posizione chiara: “Bisognerà sicuramente leggere tra le righe per scoprire i piani del governo”, afferma.

Recupero a fini politici

Georg Lutz ritiene che il governo potrebbe scegliere una soluzione di ripiego, annunciando di voler studiare tutte le possibili opzioni ed eventualmente esprimere la volontà di volerne esaminare qualcuna più da vicino.

Il politologo non esclude che il Consiglio federale possa suggerire un nuovo scrutinio sull’adesione allo Spazio economico europeo o la firma di una sorta di accordo quadro. Lutz non crede però che il governo voglia proporre l’ipotesi di un’adesione all’Unione Europea: sarebbe “un suicidio politico”, sottolinea.

Il Consiglio federale potrebbe essere reticente a presentare un progetto preciso anche perché alcuni partiti ed organizzazioni non hanno ancora preso chiaramente posizione sul tema dell’integrazione europea. Lo slancio dei sette membri del governo potrebbe essere frenato dal timore di vedere la destra conservatrice impossessarsi del dossier in vista della campagna per le elezioni legislative in programma nell’ottobre del 2011.

Urs Geiser, swissinfo.ch
(traduzione ed adattamento di Daniele Mariani)

1992: Il 50,3% dei votanti respinge il trattato di adesione allo Spazio economico europeo.

1997: Il 74% dei cittadini svizzeri rifiuta di pronunciarsi sull’adesione all’Unione Europea, come chiedevano i partiti della destra nazional-conservatrice.

2000: I cosiddetti Accordi bilaterali I (libera circolazione delle persone, ostacoli tecnici al commercio, mercati pubblici, agricoltura, trasporti aerei e terrestri, partecipazione della Confederazione ai programmi di ricerca dell’UE) sono approvati dal 67,2% dei votanti.

2005: Col 54,6% di voti favorevoli, la popolazione svizzera approva l’accordo di associazione a Schengen e Dublino (controlli alle frontiere e asilo).

2006: Il popolo accetta (53,4%) di sostenere finanziariamente la transizione politica ed economica dei nuovi Stati membri dell’Unione Europea.

2009: Il 59,6% dei votanti approva il rinnovo dell’accordo di libera circolazione delle persone con l’UE e la sua estensione a Bulgaria e Romania.

1961: Sette paesi, tra cui la Svizzera, siglano il trattato che instaura l’Associazione europea di libero scambio (AELS).

1963: La Svizzera entra a far parte del Consiglio d’Europa.

1992: Il governo svizzero presenta la domanda per aprire dei negoziati in vista di un’adesione all’adesione all’Unione Europea. La richiesta è tuttora in sospeso.

2006: Il rapporto del governo sull’integrazione europea sottolinea a chiare lettere che la politica europea della Svizzera è basata sulle relazioni bilaterali.

Dal 1972, Berna e Bruxelles hanno firmato circa 120 trattati bilaterali.

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