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La clausola di salvaguardia resta l’opzione per limitare l’immigrazione

I ministri di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga e dell'economia Johann Schneider-Ammann (a destra) hanno presentato la ricetta del governo svizzero per l'attuazione dell'iniziativa "contro l'immigrazione di massa". Tra gli ingredienti: la clausola di salvaguardia relativa alla libera circolazione delle persone con l'UE. Keystone

Se superasse una certa soglia, l'immigrazione in Svizzera dai Paesi UE e AELS potrebbe essere limitata, grazie alla clausola di salvaguardia per la libera circolazione delle persone. La clausola sarebbe attivata unilateralmente, se necessario. È quanto propone al parlamento il governo svizzero, per applicare l'iniziativa "contro l'immigrazione di massa".

Berna non fa dunque retromarcia di fronte all’ostilità di Bruxelles, ma precisa che intende comunque giungere ad un accordo con l’Unione europea (UE) per preservare la via bilaterale, benché attualmente non sia stato raggiunto alcun accordo. Le consultazioni proseguiranno celermente al più tardi dopo il referendum – previsto per il 23 giugno – sulla permanenza della Gran Bretagna nell’UE.

Se si raggiungerà un’intesa, il Consiglio federale (governo svizzero) la presenterà nel corso dei dibattiti parlamentari. L’obiettivo è fare in modo che le disposizioni volte ad applicare l’iniziativa popolare sull’immigrazione di massa possano entrare in vigore nel settembre 2017.

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Firmato accordo estensione libera circolazione alla Croazia

Questo contenuto è stato pubblicato al Per la Confederazione stamani a Bruxelles erano presenti l’ambasciatore elvetico presso l’Unione europea, Roberto Balzaretti, e il segretario di Stato alla migrazione Mario Gattiker. L’estensione della libera circolazione alla Croazia era stata “congelata” alla metà di febbraio del 2014, dopo l’accettazione, da parte di popolo e cantoni, dell’iniziativa dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) che…

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In caso di mancata intesa, nessuno sa come reagirà l’Unione europea. Potrebbero essere adottate contromisure oppure, eventualità temuta, disdetti gli accordi bilaterali I. Quanto alla recente decisione del Tribunale federale secondo cui il Consiglio federale dovrebbe disdire gli accordi bilaterali in caso di applicazione unilaterale della clausola di salvaguardia, la ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga, oggi in una conferenza stampa a Berna, ha semplicemente detto che il governo ne ha preso atto.

“Si tratta di un piano B, che ha anche i suoi svantaggi, dal momento che il nostro obiettivo è comunque giungere ad un accordo con l’Unione europea per preservare la via bilaterale e la certezza del diritto”, ha ammesso Simonetta Sommaruga. Dal momento che però il tempo stringe, “abbiamo deciso di inviare il messaggio al parlamento, anche per dare a quest’ultimo la possibilità di esprimersi”.

Intanto oggi a Bruxelles, la Svizzera ha firmato il protocollo per l’estensione dell’accordo sulla libera circolazione alla Croazia. L’intesa era rimasta bloccata in seguito al sì all’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”, nella votazione popolare del 9 febbraio 2014. Ora è stato trasmesso al parlamento, per l’approvazione. La ratifica – ha precisato a Berna il Consiglio federale – “avverrà nel momento in cui si sarà trovata una soluzione compatibile con l’Accordo sulla libera circolazione delle persone” tra la Svizzera e l’UE.

Tra respiri di sollievo e indignazione

Le proposte governative sono state accolte con una vera levata di scudi da parte dei sindacati, che all’unisono fustigano la debolezza delle misure adottate per lottare contro gli abusi sul mercato del lavoro. “Il governo chiude gli occhi”, scrive l’Unione sindacale svizzera, che chiede soprattutto un rafforzamento dei contratti collettivi. Nel mirino delle critiche sindacali, anche i contingenti e la clausola di salvaguardia unilaterale.

Di tutt’altro tono le reazioni del mondo economico, ossia Economiesuisse, Unione svizzera degli imprenditori, Unione arti e mestieri e Associazione dell’industria delle macchine (Swissmem), che si dicono soddisfatte della clausola di salvaguardia, proposta proprio dal mondo dell’economia. “È la sola via praticabile per conciliare in politica interna il risultato della votazione del 9 febbraio 2014, e in politica estera gli accordi bilaterali tra Svizzera e UE”.

Sul fronte dei partiti, l’UDC minaccia di lanciare un’iniziativa per disdire l’accordo di libera circolazione delle persone, se governo e parlamento non attuano la decisione del popolo del 9 febbraio 2014 o se la fanno dipendere da un veto dell’UE. Nonostante la clausola di salvaguardia, è impossibile immaginare in che modo l’immigrazione possa essere ridotta significativamente, scrive il partito.

Dal canto suo, il Partito socialista respinge l’attivazione unilaterale di una clausola di salvaguardia, poiché essa “costituisce una minaccia per gli accordi bilaterali”. È “evidente” che l’Unione europea non accetterà un cambiamento unilaterale delle regole del gioco, rincarano i Verdi.

Favorevoli alla clausola di salvaguardia sono invece i partiti liberale radicale (PLR) e popolare democratico (PPD). “Ora il parlamento può finalmente mettersi al lavoro”, dice il presidente del PPD, Christophe Darbellay, per il quale si tratta dell’unica opzione possibile. Anche il PLR la pensa così, anche se critica il governo per avere temporeggiato così a lungo su un dossier di una tale importanza. 

Una soglia ancora da determinare

Secondo il governo, al momento non è ancora possibile determinare il valore soglia, e neppure tetti massimi e contingenti per limitare l’afflusso di stranieri in Svizzera, come imposto dall’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”. Il progetto presentato oggi prevede che il valore soglia verrebbe definito in anticipo dal Consiglio federale sulla base di un periodo di riferimento temporale – un anno – e il numero di lavoratori immigrati, compresi i famigliari, provenienti dagli Stati UE/AELS.

Quale grandezza di riferimento, il governo potrebbe prendere in considerazione il saldo migratorio (immigrati meno emigrati) oppure il numero di autorizzazioni di soggiorno rilasciate. Le preferenze dell’esecutivo vanno al primo sistema. Permessi per soggiorni inferiori a un anno e per frontalieri non verrebbero tenuti in considerazione.

Se nell’arco di un anno, il numero di persone originarie dall’UE e dall’AELS dovesse superare una determinata percentuale, per l’anno successivo l’esecutivo elvetico fisserebbe tetti massimi e contingenti. Il governo potrebbe prolungare questo provvedimento di un anno ancora.

Il 1° di giugno l’esecutivo dovrebbe controllare se il valore soglia è stato superato: in caso affermativo, le restrizioni entrerebbero in vigore a inizio gennaio dell’anno seguente. Nei sette mesi a disposizione prima di fissare tetti massimi e contingenti, il governo avrebbe la possibilità di consultare la neonata commissione in materia di immigrazione, le cerchie interessate e le commissioni parlamentari. Questo periodo di esame e riflessione è necessario, come dimostra l’esperienza con i lavoratori extraeuropei, già sottoposto a contingenti, sostiene il governo.

Modifiche legislative riguardanti gli stranieri

L’esecutivo intende inoltre modificare la Legge sugli stranieri in cerca di lavoro in Svizzera, allo scopo di impedire a quest’ultimi di percepire l’assistenza sociale. Si tratterà, insomma, di armonizzare le varie pratiche cantonali attuali.

Per sfruttare al meglio il potenziale di lavoratori residenti, il Consiglio federale intende inoltre agevolare l’accesso a un’attività lucrativa alle persone del settore dell’asilo che possono rimanere in Svizzera.

Piano d’azione

D’altra parte l’esecutivo elvetico non propone nuove misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone, ma solo “un piano d’azione” volto a ottimizzare l’esecuzione di quelle esistenti. Il piano dovrà essere elaborato dal Dipartimento federale dell’economia (DEFR), in collaborazione con le parti sociali e i cantoni. Il governo ha inoltre adottato il messaggio concernente la modifica del Codice delle obbligazioni (Proroga di contratti normali di lavoro che prescrivono salari minimi). Un rapporto dovrà essere presentato in ottobre.

Le condizioni per la proroga dei contratti normali di lavoro (CNL) –  richiesta dal Ticino e già approvata dalla Camera del popolo – saranno fissate per legge. Quanto alla proroga dei CNL, il Consiglio federale ha modificato il codice delle obbligazioni come chiedeva l’emendamento presentato dal Ticino martedì e già accolto dalla Camera bassa.

La nuova disposizione prevede la possibilità di prolungare i CNL per una durata determinata quando le norme sui salari minimi vengono ripetutamente violate ed esistono indicazioni che con la scadenza del contratto normale di lavoro si possano nuovamente verificare abusi.

Queste disposizioni, assieme alla modifica della legge contro il lavoro nero presentata il 18 dicembre scorso e all’innalzamento delle multe da 5’000 a 30’000 per i datori di lavoro che violano le disposizioni salariali, consentiranno, secondo il Consiglio federale, di rilevare più violazioni della legge sui lavoratori distaccati e dei Contratti collettivi di lavoro di obbligatorietà generale.

Le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone sono state introdotte il 1° giugno 2004 quando sono stati aboliti i controlli sistematici del rispetto delle condizioni salariali e lavorative prima del rilascio del permesso di soggiorno. Le disposizioni, adottate per evitare le pressioni verso il basso sui salari e ad assicurare il rispetto delle condizioni lavorative usuali in Svizzera, sono state rafforzate nel corso degli anni.

Si tratta essenzialmente di tre misure: l’obbligo per i datori di lavoro esteri che distaccano lavoratori in Svizzera di rispettare le condizioni lavorative e salariali minime; la possibilità di adottare per tutte le imprese del ramo contratti normali di lavoro che fissano salari minimi obbligatori nei settori in cui non esiste un contratto collettivo di lavoro e sono stati appurati ripetuti casi di dumping; la possibilità di conferire il carattere di obbligatorietà generale alle disposizioni di un contratto collettivo di lavoro (il salario minimo, la durata del lavoro e l’esecuzione paritetica) nei settori dove sono stati riscontrati abusi salariali. Questa misura vale sia per le aziende svizzere che per le aziende estere che distaccano lavoratori in Svizzera.

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