Per l’accordo quadro istituzionale si entra in un campo minato
Il segretario di Stato svizzero responsabile per gli affari europei, Roberto Balzaretti, sta negoziando a pieno ritmo con Bruxelles le condizioni per un accordo quadro con l'UE. Un lavoro estremamente difficile come si può chiaramente capire esaminando i punti cruciali.
I negoziati sull’accordo quadro istituzionaleCollegamento esterno tra la Svizzera e l’Unione europea (UE) entreranno quest’estate in una nuova fase “politica”. A livello diplomatico si stanno già affinando i dettagli. Molti aspetti del contenuto non sono ancora chiari. Esso dovrebbe disciplinare l’interpretazione e l’attuazione di importanti accordi bilaterali e le future relazioni tra la Svizzera e l’UE. In concreto, per la Svizzera sono in gioco tre questioni apparentemente semplici:
· Come funziona in pratica l’accordo?
· Quali accordi bilaterali esistenti e quindi quali settori riguarda?
· Quali altre questioni dipendono dai negoziati?
Le risposte sono però tutt’altro che semplici. Nell’ambito dell’annuncio, all’inizio di marzo, riguardo al tribunale arbitrale che in futuro dovrebbe pronunciarsi in modo vincolante sui litigi (vedi finestrella), il ministro degli affari esteri Ignazio Cassis ha già risposto a numerose domande sul funzionamento.
Come funziona l’accordo istituzionale
In una nota informativaCollegamento esterno dello scorso maggio, il Ministero degli affari esteri (DFAE), tramite la Direzione degli affari europei, ha reso noto i quattro punti seguenti:
1) Gli sviluppi giuridici nell’UE possono ancora essere combattuti tramite procedure nazionali come il referendum. In futuro la Svizzera dovrà inoltre essere maggiormente coinvolta nell’elaborazione di nuovi atti giuridici dell’UE.
2) La sorveglianza dell’attuazione è effettuata dalle autorità competenti delle rispettive parti, con il comitato misto come autorità di vigilanza generale.
3) L’interpretazione del diritto dell’Unione ripreso in Svizzera è conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea.
4) In caso di controversia, il tribunale arbitrale è la corte che decide definitivamente come ricomporla.
Rimane tuttavia ancora controverso quali settori sono soggetti al quadro istituzionale e quante modifiche concrete deve apportare la Svizzera agli accordi che vi rientrano. A complicare ulteriormente le cose, vi sono i collegamenti all’inverosimile tra le molteplici disposizioni. Tutto può essere messo in discussione in qualsiasi momento. Nulla è deciso finché non è tutto deciso.
Disaccordo su campo d’applicazione e contenuto
Berna vuole inserire nel quadro istituzionale cinque degli oltre cento accordi bilaterali esistenti tra la Svizzera e l’UE, mentre Bruxelles punta su sette. Le due parti sono unanimi su quelli relativi ad agricoltura, trasporti terrestri e aerei, ostacoli tecnici al commercio e libera circolazione delle persone. Ma Bruxelles desidera inoltre includere gli appalti pubblici e l’accordo di libero scambio del 1972, ha riferito recentemente il quotidiano svizzero tedesco BlickCollegamento esterno. Il motivo: se sorgono dispute in questi due campi, spetta ai diplomatici di entrambe le parti dirimerle nell’ambito dei cosiddetti comitati misti. L’UE auspica invece una giurisdizione vincolante anche in questi settori.
Particolarmente indicativa è la polemica suscitata dalle dichiarazioni del ministro Ignazio Cassis, responsabile dei negoziati a nome del governo federale, sulla “linea rossa” da non superare, tracciata da Berna. Le misure di accompagnamento contro il dumping salariale e per la protezione dei lavoratori, definite non negoziabili dal governo elvetico, sono una vera spina nel fianco per l’Unione europea.
Ma per la Svizzera un loro allentamento è impensabile dal profilo della politica interna. I sindacati vi si oppongono fermamente, come ha ribadito recentemente il presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS) Paul Rechsteiner, sottolineando che il governo ha fissato la linea rossa ed essa deve essere rispettata.
Dal canto suo, l’UE ritiene che le misure di accompagnamento siano discriminatorie. Il periodo di attesa di otto giorni dal momento dell’annuncio prima di poter iniziare il lavoro nella Confederazione, imposto ad artigiani e lavoratori edili dell’Unione europea, ad esempio, secondo Bruxelles, viola la libera circolazione delle persone.
Anche altre richieste dell’UE incontrano resistenza. La Confederazione rifiuta di:
· riconoscere la cittadinanza dell’UE anche in Svizzera,
· consentire il transito di camion il cui peso totale supera le 40 tonnellate,
· proibire completamente gli aiuti statali in tutti i settori in questione. Questi sono saldamente ancorati nella politica interna, dalle partecipazioni cantonali a banche, agli sgravi fiscali per promuovere l’insediamento di imprese in determinati cantoni e località, fino agli aiuti diretti all’agricoltura.
Urgenza per i mercati
Queste manovre di politica europea hanno poi anche numerosi effetti collaterali.
Se la Svizzera e l’UE non raggiungeranno un’intesa, l’economia elvetica rischia pesanti conseguenze. Dal successo dei negoziati per l’accordo quadro dipendono dossier che si trovano da tempo in fase di stallo, come l’accordo sull’energia elettricaCollegamento esterno o la limitazione a un anno dell’equivalenza accordata dall’UE alla Borsa svizzera. Soprattutto per quest’ultimo, è urgente sbloccare la situazione.
L’incertezza giuridica danneggia la piazza finanziaria e la Borsa svizzera deve raggiungere il più presto possibile l’equivalenza permanente, ha sottolineato il ministro svizzero dell’economia Johann Schneider-Ammann a Bruxelles alla fine di aprile. Un mese dopo, il ministro delle finanze Ueli Maurer ha aggiunto che c’è in gioco la sopravvivenza della Borsa svizzera. Per questo, Berna ha avvertito che se Bruxelles non accordasse l’equivalenza, a sua volta la Svizzera non riconoscerebbe i mercati finanziari dell’UE.
Il fondo di coesione come mezzo di pressione
Anche il miliardo di coesione per l’Europa orientale ne risente. Dopo l’inattesa mossa di Jean-Claude Juncker, lo scorso novembre, riguardo alla limitazione a un anno dell’equivalenza UE per la Borsa svizzera, per la prima volta il governo elvetico ha minacciato di non più contribuirvi. Benché alla fine abbia approvato il versamento di 1,3 miliardi di franchi per un periodo di dieci anni, il legame con l’accordo quadro permane.
Per parlamentari del centro e della destra la Svizzera ha così mancato l’occasione di sottolineare la propria forza. Il presidente dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) Albert Rösti, ad esempio, ha parlato di un inaccettabile “premio per l’accesso al mercato”. Il deputato socialista Eric Nussbaumer, invece, ha definito il pagamento una “strategia negoziale coerente”.
Ci si mettono anche gli USA
Come se la questione non fosse già abbastanza complicata a livello interno, giuridicamente impegnativa ed estremamente ambiziosa in termini di tempo, ora potrebbe intervenire anche la politica mondiale. L’attuale braccio di ferro commerciale tra gli Stati Uniti e l’Unione europea potrebbe avere un impatto sui negoziati.
Per quanto riguarda le misure di compensazione nei confronti degli Stati Uniti, l’UE ha la possibilità di elaborare norme di protezione cautelare per i paesi terzi. La Svizzera ne potrebbe approfittare. Più ampio è il margine dell’UE di proteggere le imprese svizzere da misure di ritorsione nei confronti degli Stati Uniti, più forte è l’effetto quale possibile strumento di pressione.
Corsa contro il tempo
Domande semplici, risposte difficili e ancora più domande. La politica interna ed estera, i dibattiti politici di fondo e le discussioni giuridiche specialistiche si intrecciano.
Il tempo stringe: poiché il 2019 sarà un anno elettorale sia nell’UE sia in Svizzera, le parti negoziali si stanno dando da fare per trovare una soluzione entro la fine di quest’anno. Al contrario, l’UDC, ossia il primo partito della Svizzera, vuole portare avanti la lotta contro l’accordo quadro con l’UE fino alla campagna elettorale dell’ottobre 2019.
Qualunque cosa i diplomatici svizzeri portino a casa da Bruxelles, sarà motivo di animate discussioni nel parlamento federale.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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