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Svizzeri all’estero nel mezzo delle complicazioni

Roberto Balzaretti sul podio, mentre parla, in piedi, davanti al microfono.
L'intervento del segretario di Stato Roberto Balzaretti sulle relazioni tra Svizzera e UE al Congresso degli svizzeri all'estero, sabato a Visp, è stato seguito con grande interesse. Adrian Moser / ASO

Proprio mentre la politica europea è al centro di infuocati dibattiti nella Confederazione, il Congresso annuale degli svizzeri all'estero 2018, svoltosi oggi a Visp, in Vallese, aveva come tema centrale le relazioni della Svizzera con l'UE. La tempistica non avrebbe potuto essere più azzeccata.

Il capo della Direzione degli affari europei (DAE) Roberto BalzarettiCollegamento esterno in persona è stato ospite degli svizzeri all’estero – noti per la loro apertura al mondo – la maggior parte dei quali vive in Europa. Il diplomatico si è presentato al Congresso a Visp per spiegare il suo operato a Bruxelles per difendere gli interessi elvetici. Nel mentre, in tutta la Confederazione regnano costernazione e scontento.

All’interno del paese non c’è unità di vedute

In Svizzera è appena emerso che un nuovo tentativo di giungere a buon fine nelle trattative con Bruxelles è probabilmente destinato al fallimento. Non a causa di Bruxelles, ma perché non c’è accordo all’interno della Confederazione. Anche questa patria ha perso la sua essenza, vale a dire la capacità di raggiungere un consenso?

“Esplosione nella politica europea” e “clamore”, scrive oggi la stampa elvetica. In Svizzera c’è grande eccitazione, perché attraverso il paese negli ultimi giorni sono volate accuse a velocità strabiliante tra sinistra e destra. Smantellamento. Ostruzionismo. Isolamento. Tradimento. I rimproveri reciproci sono pesanti.

Dunque, prima ancora che finisse l’estate, i motori della politica hanno ricominciato a girare a pieno regime e a riscaldarsi molto al di sopra della normale temperatura di funzionamento. Qual è il problema?

Ai ferri corti sulla difesa dei salari svizzeri

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I sindacati e i socialisti litigano con i due ministri del Partito liberale radicale (PLR) sulla misura in cui la Svizzera dovrebbe soddisfare le pretese dell’UE nell’elaborazione del nuovo pacchetto di trattati, denominato accordo quadro istituzionale. In gioco vi è anche la tutela dell’alto livello salariale svizzero. Si tratta di un punto critico e probabilmente anche dell’ultimo ostacolo in un negoziato a più fasi con l’Unione europea, in cui le due contraenti hanno legato tra loro molti aspetti.

Finora in Svizzera c’era unanimità, da destra a sinistra, sul fatto che le imprese dell’UE non potessero offrire prestazioni in Svizzera a prezzi inferiori di quelli delle imprese locali, grazie a salari più bassi. Le condizioni di lavoro per i loro dipendenti operativi in territorio elvetico devono essere conformi a quelle vigenti in Svizzera. Il problema è che è proprio qui che l’Unione europea chiede con fermezza un passo da parte della Svizzera. Se non ci si smuove qui, non si muove nient’altro. Questo è il prezzo di Bruxelles.

“Sono necessarie soluzioni creative”

Dal punto di vista dei partiti della destra e del centro, un’apertura minima sarebbe certamente possibile per la Svizzera. Ad esempio, potrebbe gestire i controlli delle imprese straniere in modo un po’ più speditivo e flessibile. In tal modo, potrebbe dimostrare almeno una sorta di elasticità residua al grande partner commerciale che la circonda. Si potrebbe dimostrare a Bruxelles che sono possibili passettini anche in un paese dove c’è il pericolo di dover fare i conti con referendum o iniziative popolari ad ogni nuovo passo importante.

Probabilmente questa era l’idea del ministro svizzero degli affari esteri Ignazio Cassis, quando il liberale radicale recentemente ha affermato: “Sono necessarie soluzioni creative”. Dal punto di vista dei sindacati, tuttavia, nell’ambito della tutela dei salari, anche ogni passettino supera la linea rossa. I sindacati ora rifiutano di avviare un dialogo sulle cosiddette misure di accompagnamento alla libera circolazione. Questo è stato il botto politico dopo la pausa estiva.

Quasi mezzo milione di svizzeri in paesi UE e AELS

Le scintille di questa disputa sono ancora nell’aria quando il capo negoziatore della Svizzera con l’UE, Roberto Balzaretti, si presenta davanti agli svizzeri all’estero al congresso di Visp. Rilassato e affascinante, il segretario di Stato per gli affari europei non lesina complimenti nei confronti degli espatriati. Gli svizzeri all’estero, emigrati e rimpatriati, hanno portato nel Paese una boccata di ossigeno, allargamento degli orizzonti e innovazione, afferma. Attraverso i suoi cittadini all’estero, la Svizzera entrerà a far parte del mondo, aggiunge.

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Balzaretti sottolinea poi in particolare gli stretti legami tra gli svizzeri all’estero e l’UE. Il 62% di loro vive in Europa. Circa 457mila cittadini elvetici risiedono in uno Stato dell’UE o dell’AELS. Di costoro, i tre quarti vivono nei Paesi confinanti con la Confederazione.

Dare per avere

Gli stretti legami si basano sulla reciprocità: 1,5 milioni di cittadini di Stati membri dell’UE vivono in Svizzera, dove lavorano inoltre 320mila frontalieri. L’UE beneficia di un’eccedenza commerciale di 40 miliardi di franchi nel commercio con la Svizzera.

“Questo è win-win”, osserva l’alto diplomatico. “Sono stati creati posti di lavoro perché le persone che vengono da noi sono competenti. Ma le cifre mostrano anche che abbiamo bisogno di una situazione regolamentata”.

“Non si può fare politica estera se non si sa cosa si vuole.”

Il segretario di Stato abbandona poi il testo scritto, preparato per il suo intervento. Emana ancora fascino, ma non è più rilassato. Ora è concentrato, serio. “In questo momento abbiamo una questione difficile da risolvere. In particolare, il Consiglio federale si adopera per rafforzare a lungo termine le relazioni con l’UE, mantenendo al contempo la massima sovranità possibile. Per questo abbiamo bisogno di uno strumento giuridico: l’accordo istituzionale”.

Roberto Balzaretti sul podio. Davanti a lui c è un grande vaso di girasoli.
Il capo della Direzione degli affari europei Roberto Balzaretti, al Congresso degli svizzeri all’estero a Visp, ha ricordato gli stretti legami che ci sono tra la Confederazione e l’UE. Adrian Moser / ASO

Pazientemente, passo dopo passo, il capo negoziatore spiega perché questo accordo quadro ha senso per la Svizzera. Gesticolando, cerca il contatto visivo con il pubblico. In lui cresce la passione. Poi segue una pausa ad effetto. La sua voce diventa più calma, assume un tono narrativo: “Quello che ho imparato nei miei anni da diplomatico è che non si può fare politica estera se non si sa cosa si vuole”.

“Dobbiamo lavorare con consapevole modestia verso soluzioni di consenso.”

D’altra parte, non possiamo neppure aspettare che l’altro porti la soluzione, se noi stessi non siamo d’accordo tra noi, prosegue. La tribuna degli svizzeri all’estero a Visp lo ascolta con grande attenzione. Ecco il carisma che la stampa svizzera ha ripetutamente attestato all’intelligente segretario di Stato.

“Dobbiamo lavorare sicuri di noi stessi, con modestia, verso soluzioni di consenso”, ha concluso Balzaretti. “Perché questo è ciò che siamo: sicuri di noi stessi perché siamo capaci. E siamo modesti”.

La frase sembra troncata. I buoni diplomatici hanno la capacità di dire qualcosa senza dire nulla. Quello che mancava era: “E noi siamo capaci di raggiungere un consenso”.

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Cittadini riuniti in una piazza alzano una scheda di voto rossa.

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Questo contenuto è stato pubblicato al swissinfo.ch: A Bruxelles la Svizzera è di nuovo in trattative con l’UE. Abbiamo bisogno dell’accordo quadro? S. K.: La Svizzera si trova in un vicolo cieco, indipendentemente dall’accordo quadro. Non vuole aderire all’UE però intende partecipare al mercato interno europeo. Per questo motivo deve adottare le norme che vi si applicano. Ma allo stesso tempo,…

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(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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