“Sotto pressione facciamo delle buone cose, ma bisogna volerlo”
L'avvocato svizzero Jean Russotto ritiene che Svizzera e Unione europea abbiano "il 50 per cento di possibilità" di concludere nei prossimi mesi un accordo per formalizzare i legami che potrebbero poi sbloccare problemi irrisolti come l'"equivalenza" tra borse svizzere ed europee.
“Conosco i negoziati. Se chiudiamo i negoziatori di entrambe le parti in una stanza per due giorni, la questione può essere risolta. I progetti già ci sono. Quando siamo sotto pressione – e lo siamo – facciamo delle cose buone. Ma per farlo bisogna volerlo”, dice Russotto a swissinfo.ch.
L’avvocato svizzero risiede a Bruxelles dal 1972, dove segue da vicino le relazioni tra la Svizzera e l’UE e fornisce consulenza a vari clienti, in particolare a esponenti della piazza finanziaria svizzera.
Dal 2014 sono in corso colloqui per formalizzare le relazioni tra le due parti, ora regolate da circa 100 accordi distinti. Il cosiddetto accordo quadro in discussione riguarda cinque fra gli accordi bilaterali di maggiore portata, relativi alla libera circolazione delle persone, al riconoscimento reciproco in materia di valutazione della conformità, ai prodotti agricoli, al trasporto aereo e al trasporto terrestre. Le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone costituiscono il principale ostacolo.
Bruxelles è dell’avviso che la Svizzera debba negoziare un trattato completo prima di ottenere un accesso più ampio ai mercati dell’UE e sta spingendo Berna a giungere a una conclusione ancora quest’anno, mentre i colloqui sulla Brexit sono ancora in corso e prima delle elezioni del 2019 in Svizzera e nell’UE. Nelle prossime settimane il governo svizzero dovrà definire la propria posizione sui negoziati che attualmente si trovano in situazione di stallo.
Secondo Russotto, ci sono dieci punti da risolvere.
Pietre di scandalo
Tra gli ostacoli attuali vi sono la possibilità che la Svizzera applichi la direttiva UE sui lavoratori distaccatiCollegamento esterno, le questioni relative agli aiuti statali, l’uso da parte dell’UE di una “clausola ghigliottina” per collegare gli accordi bilaterali, il futuro dell’Accordo di libero scambio del 1972Collegamento esterno per i prodotti industriali – l’accordo originale tra la Svizzera e l’UE – e il tribunale arbitrale incaricato di dirimere le controversie tra le due parti.
“Questi punti possono essere risolti? Certo, ma dipendono da concessioni da parte di Bruxelles e di Berna”, afferma Russotto. A suo avviso ci sono due possibili scenari all’orizzonte che potrebbero permettere il successo dei negoziati.
“Potremmo trovare un accordo sui punti principali e proseguire quindi le discussioni sugli altri punti. La parte mancante dei testi dell’accordo potrebbe essere redatta in una seconda o terza sessione a porte chiuse”, ritiene l’avvocato. “Ci potrebbe essere un accordo politico, in cui tutto è definito, ma in cui mancano ancora dei dettagli, da firmare e presentare al Parlamento europeo il più presto possibile e da concludere in forma strutturata probabilmente entro la fine del 2018 o il primo mese del 2019.”
Il piano B per salvare una parte di quanto raggiunto del corso dei colloqui potrebbe consistere in una sorta di memorandum d’intesa o di dichiarazione congiunta, aggiunge Russotto. “Potremo lasciare la stanza a testa alta. Questo è probabilmente il modo per risolvere il problema dell’equivalenza del mercato azionario.”
Contenzioso borsistico
Il conflitto tra la Svizzera e Bruxelles sull'”equivalenza” tra borse svizzere ed europee – misura essenziale per il settore finanziario svizzero – rischia di compromettere le relazioni tra i due partner. Lo scorso dicembre, la Commissione europea ha posto il limite temporale di un anno al riconoscimento reciproco delle regole del mercato azionario con la Svizzera, chiarendo che l’eventuale estensione dipende dai progressi dei negoziati sui trattati istituzionali. Il ministro delle Finanze svizzero Ueli Maurer ha affermato che la sopravvivenza stessa della borsa svizzera sarebbe in pericolo se l’UE non confermasse la sua “equivalenza” alla fine dell’anno.
“Se non c’è accordo, se entrambe le parti lasciano i colloqui delusi o arrabbiati senza risultati nero su bianco, non vedo davvero come la Commissione europea e gli Stati membri potrebbero rinnovare l’equivalenza. Non c’è una base giuridica”, osserva Russotto, aggiungendo che questo potrebbe portare a un inasprimento del conflitto e all’adozione di contromisure.
Berna ha già dichiarato che si potrebbero prevedere misure di emergenza per proteggere le borse e le banche nazionali e che potrebbe riconsiderare la sua promessa di un pagamento di 1,3 miliardi di franchi per il Fondo di coesione dell’UE
“Trovare una soluzione ibrida basata su un memorandum d’intesa che prende chiaramente atto dei traguardi raggiunti durante i negoziati è l’ultima speranza per la Svizzera e l’UE”, conclude Russotto.
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