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Svizzere e svizzeri aprono le porte di casa a chi fugge dall’Ucraina

Bimbo guarda fuori dal finestrino di un treno in partenza
A fuggire dall'Ucraina sono perlopiù donne e bambini. Copyright 2022 The Associated Press. All Rights Reserved

Mentre prosegue l'invasione militare dell'Ucraina da parte della Russia, l'Europa affronta la più grande crisi di rifugiati dalla seconda guerra mondiale. I governi occidentali, Svizzera inclusa, stanno accogliendo profughe e profughi ucraini, ma di fronte a numeri in costante crescita occorre che anche anche i privati aprano le loro case. Ecco come nel nostro Paese le persone in arrivo vengono assegnate alle famiglie ospitanti.

La guerra iniziata il 24 febbraio ha spinto finora circa 10 milioni di ucraine e ucraini a lasciare la propria casa; oltre 3,5 milioni sono già fuori dal Paese, riferisce l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Benché la maggior parte si trovi in Paesi limitrofi, in particolare in Polonia, altre/i stanno viaggiando verso ovest. In Svizzera, sono stati registrati fin qui quasi 20’000 rifugiati e ne arriveranno molti di più, precisa Andreas Freimüller, co-fondatore di CampaxCollegamento esterno, una delle organizzazioni che stanno facendo appello all’accoglienza di svizzere e svizzeri.

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Decine di migliaia tra famiglie e persone comuni in tutta la Confederazione si sono già offerte di ospitare rifugiati, e molte altre cercano di aiutare come possono. “Quel che ognuno di noi può fare è anche solo un piccolo passo”, osserva Milena Novak, 39 anni, una cittadina polacca residente nel canton Zurigo che ha accolto in casa sua una madre ucraina con due figli. “Se non puoi mettere a disposizione una stanza, puoi donare soldi o vestiti. Questi piccoli passi, sommati, diventeranno un grande aiuto”.

Accoglienza senza precedenti

Il governo svizzero ha confermato che le persone in fuga dal conflitto in Ucraina hanno diritto al permesso di soggiorno S (protezione temporanea), che consente di vivere e di lavorare, da subito, in Svizzera. Lo statuto, valido inizialmente per un anno, non è mai stato attivato prima d’ora benché sia stato introdotto negli anni Novanta in risposta alla guerra in Bosnia. Una gesto di apertura, di fronte a una grande tragedia in corso, che tuttavia è in netto contrasto con come si reagì ad altre emergenze quali Siria e Afghanistan.

“Quel che sta accadendo ricorda piuttosto la risposta della Svizzera dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria del 1956 e quella della Cecoslovacchia nel 1968”, rievoca Freimüller di Campax. “Abbiamo vissuto la Guerra Fredda. Ci tocca emotivamente.”

Eliane Engeler, portavoce dell’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR) che supervisiona il collocamento nelle famiglie ospitanti, ritiene che sia piuttosto la reazione del Governo a distinguersi da quanto accaduto con altri flussi di rifugiati: le svizzere e gli svizzeri sono sempre stati generosi, lo si è visto anche durante la crisi dei migranti del 2015. “Penso che quel che abbiamo visto in passato sia una grande solidarietà da parte della popolazione”, dichiara a SWI swissinfo.ch. “Non è lo stesso per la politica federale”.

“Il fatto che a rifugiarsi siano perlopiù donne e bambini potrebbe anche essere una ragione per questa grande attenzione”, ragiona Laure, 48 anni, cittadina francese residente nel canton Vaud che ha aperto la propria casa a una madre ucraina e a sua figlia.

L’alto numero di donne con i loro figli è in contrasto con altri flussi di rifugiati, come quello proveniente dalla Siria, che contava molti giovani uomini. L’Ucraina, infatti, in risposta all’invasione russa ha introdotto la legge marziale, che obbliga gli uomini tra i 18 e i 60 anni a restare nel Paese e combattere.

L’assegnazione alle famiglie

Questo elemento pone anche dei rischi e delle sfide, riguardo alla protezione di cui godono i rifugiati. Relatori speciali delle Nazioni Unite avvertono del rischio accresciuto di tratta di esseri umaniCollegamento esterno e violenza sessuale, specialmente nei confronti di donne e bambini. Come viene assegnata dunque alle profughe ucraine una dimora temporanea in Svizzera?

Freimüller spiega che Campax ha sviluppato un software che li assiste nel processo, anche se è l’OSAR (un organismo indipendente) a coordinare il collocamento di rifugiati in case private. Engeler riferisce che ci sono diversi criteri, incluse le preferenze geografiche, poiché alcune/i rifugiate/i hanno amici o parenti in Svizzera e desiderano essere loro vicini. Bisogna poi naturalmente far combaciare il numero di persone con i posti liberi, tenere in conto gli animali di compagnia e scegliere famiglie con cui abbiano una lingua in comune, come l’inglese, il francese o lo stesso ucraino.

Quanto alla sicurezza, Engeler precisa che ai potenziali ospiti viene chiesto il casellario giudiziale e se c’è anche solo un piccolo segno che si possa verificare un abuso, i candidati vendono esclusi. L’OSAR lavora con partner locali come la Caritas e la Croce Rossa Svizzera per assicurare ai rifugiati la giusta famiglia ospitante. Mette inoltre a disposizione, sia delle profughe e dei profughi che di chi ospita, numeri di telefono da chiamare qualora ci fossero problemi e la stessa OSAR ha una hotline cui possono rivolgersi. “La famiglia riceve inoltre regolari visite dai nostri partner locali”, spiega Engeler a SWI swissinfo.ch.

Le famiglie ospitanti che decidono di mettersi a disposizione devono offrire alloggio per almeno tre mesi, ma se dopo questo termine non fossero in grado di continuare, l’OSAR lavorerà con i suoi partner per trovare una sistemazione alternativa, garantisce la portavoce. Idealmente, i volontari dovrebbero ospitare i rifugiati fino a quando essi non siano finanziariamente indipendenti e possano trovare da sé un posto in cui vivere. Alla domanda su come si prendano in carico coloro che hanno subito dei traumi, risponde che le persone più gravemente colpite -così come i minori non accompagnati- vengono assegnati a strutture specializzate e non a privati.

Quanto al sostegno finanziario, i rifugiati con permesso S hanno diritto alle prestazioni sociali dei Cantoni e sono autorizzate a lavorare. Sta ai Cantoni decidere se riconoscere un sussidio anche alle famiglie ospitanti, aggiunge Engeler.

Procedura troppo lenta?

Nell’ambito dei suoi sforzi per garantire la sicurezza dei rifugiati, l’OSAR consiglia loro di non accettare inviti privati. Milena Nowak, a dire il vero, si è registrata presso Campax ma poi ha accolto una famiglia che l’ha contattata direttamente su Facebook. La famiglia è arrivata in Svizzera due settimane fa e ha già iniziato la sua nuova vita.

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“Vi prego, salvateci”

Questo contenuto è stato pubblicato al Milena Nowak, cittadina polacca che vive nei pressi di Zurigo, ha aperto le porte di casa a una famiglia di rifugiati ucraini. Ecco la loro storia.

Di più “Vi prego, salvateci”

Milena comprende che è giusto che le autorità e le organizzazioni svolgano dei controlli preliminari per evitare la tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale. Ma ritiene anche che spesso i media sociali consentono di reagire ai bisogni dei rifugiati in modo più rapido e flessibile. Per quanto le iniziative private vengano scoraggiate, sia Milena sia Laure hanno precedenti esperienze di aiuto ai rifugiati e alle vittime di guerra.

In Svizzera, ci sono state oltre 60’000 offerte di posti letto; molti attendono di essere assegnati.

Anche Laure si è iscritta a Campax. Ma quando ha visto su Facebook che un residente del suo Comune stava per andare a prendere alcune famiglie di rifugiati al confine con l’Ucraina, lo ha contattato per ospitarne una. Ha anche avvisato Campax, dalla quale ha avuto luce verde.

Laure provvede alle necessità quotidiane, come alimenti e vestiti, per una madre ucraina 53enne e la figlia sedicenne, alloggiate in una stanza degli ospiti. Non ha neppure chiesto alle autorità se sono previsti dei sussidi per le famiglie ospitanti: “possiamo farcene carico per qualche mese”.

La sua principale preoccupazione è come dare ai rifugiati un’autonomia economica. Spera che i permessi S siano rilasciati al più presto possibile, insieme a buoni alimentari e altri sussidi, così che le sue ospiti ucraine possano vivere senza preoccuparsi di pesare sull’economia domestica. “È difficile per loro ricevere aiuto senza contribuire, anche se noi diciamo che va bene così”, spiega Laure a SWI.

Milena e Laure si dichiarano entrambe felici di ospitare e riferiscono che le autorità comunali le hanno aiutate molto. I bambini hanno già iniziato a frequentare la scuola. “Per chi ospita, si tratta di un’esperienza molto positiva e arricchente”, conclude Laure.

Adattamento dall’inglese di Rino Scarcelli

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