TAV diversi, destini diversi
In Val Susa l'area del cantiere per il previsto – ma contestatissimo – collegamento veloce tra Torino e Lione è un campo di battaglia. Quest'opera serve davvero? Swissinfo.ch ne ha discusso con un esperto svizzero, anche alla luce di Alptransit.
Lacrimogeni, manganellate, centinaia di feriti sia tra manifestanti sia tra le forze dell’ordine, polemiche sulla stampa: è il bilancio degli scontri avvenuti nelle ultime settimane in Val Susa, dove i militanti NO-TAV (treno ad alta velocità) tentano di impedire l’inizio dei lavori preliminari di un’opera che giudicano costosa, lucrativa soltanto per chi si spartirà gli appalti, antiecologica e fondamentalmente inutile.
Sull’altro fronte, i favorevoli alla galleria di base di oltre 50 km tra Susa e Saint-Jean-de-Maurienne difendono un’infrastruttura che ritengono fondamentale per la crescita del paese, lo sviluppo della rete ferroviaria ad alta velocità in Europa e il trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia. Chi ha ragione?
Più nord-sud che est-ovest
In una riflessione intitolata “Perché la Torino-Lione non ci serve”, Angelo Tartaglia – professore al Politecnico di Torino – contesta il progetto, evidenziando che «il flusso di merci in transito sulla ferrovia della valle di Susa, e anzi attraverso l’intera frontiera italo-francese, è in calo continuo dal 1997 ed è meno di un quinto della capacità attuale della linea».
A suo parere, inoltre, nulla fa pensare che tale situazione sia destinata a mutare in futuro, dato che «la distribuzione ai mercati europei segue prevalentemente e logicamente direttrici nord-sud piuttosto che est-ovest: chi farebbe sbarcare a Genova merci destinate alla Francia e a Marsiglia merci destinate all’Italia?».
Tartaglia sottolinea inoltre che i flussi di scambio tra due regioni sono alti fintanto che le differenze economiche tra i due lati del collegamento risultano importanti, situazione che non si verifica tra Italia e Francia.
Il collegamento ferroviario ad alta velocità tra Torino e Lione fa parte del cosiddetto corridoio 5, che collega Lisbona a Kiev. L’elemento fondamentale del progetto è la galleria di base – lunga circa 50 km – che dovrebbe collegare Saint-Julien-Montdenis (Francia) e Susa (Italia).
Quando l’opera sarà realizzata, il tempo di percorrenza tra Torino e Lione passerà dalle attuali quattro ore a meno di due. Inoltre, grazie ai collegamenti con la rete europea ad alta velocità, il viaggio in treno da Milano a Parigi durerà quattro ore (invece delle attuali sette).
Per i lavori preparatori sono già stati stanziati oltre 2 miliardi di euro, coperti dall’Unione europea nella misura del 30%. Le stime dei costi complessivi – ripartiti tra Italia e Francia – si situano attorno ai 17 miliardi di euro.
Lo scavo al tunnel principale dovrebbe incominciare a fine 2013 e durare circa 13 anni. L’entrata in funzione potrebbe avvenire attorno al 2030.
Favorire il trasferimento
Sul sito ufficiale del progetto Torino-Lione, si replica che la stagnazione riscontrata è dovuta a una «combinazione di eventi eccezionali» (incendio al tunnel del Monte Bianco, lavori al Fréjus) e che «la capacità limitata della linea storica [17,5 milioni di tonnellate l’anno] non consentire di svolgere un’efficace politica di trasferimento modale».
Il traffico di TIR nella Val di Susa e nella Valle della Maurienne raddoppierebbe all’orizzonte 2030, sostengono i promotori, tenendo conto del potenziamento del tunnel ferroviario del Fréjus, «che permetterà una prima crescita del traffico ferroviario di merci».
Questione di priorità
Il professor Remigio Ratti, che si occupa da oltre trent’anni di economia dei trasporti, osserva che «in vista della pianificazione europea dei trasporti per il XXI secolo, è chiaro che tutte le linee devono essere rinnovate. In quest’ottica ha quindi senso immaginare la costruzione della Torino-Lione, ma bisogna fare i conti con la realtà, ovvero gli aspetti finanziari e la definizione delle priorità».
Infatti, ricorda Ratti, l’asse di traffico fondamentale per l’Italia è lungo l’asse nord-sud – con le gallerie di base del Lötschberg (inaugurata nel 2007), del Gottardo (dal 2016/2017) e del Ceneri (dal 2019) – e quello che attraverserà il nuovo tunnel del Brennero. Quest’ultima è «una linea che dà accesso a Berlino e a tutta l’Europa orientale, con possibilità di continuazione in tutto lo stivale».
La Torino-Lione, di conseguenza, «è soltanto la terza priorità. Va d’altronde tenuto presente che pure il tentativo di trasferire i semirimorchi su ferrovia in Val Susa è stato interrotto. Siamo quindi lontani dalla premesse necessarie per portare il traffico merci sulla Torino-Lione, e ciò vale anche per il traffico passeggeri, pur riconoscendo i vantaggi di un nuovo collegamento veloce».
Altri sviluppi
I tunnel più lunghi del mondo
Sfruttare l’investimento svizzero
Per l’Italia, riassume il professore, «l’interesse principale a livello di traffico passeggeri e merci è quindi – almeno per il prossimo decennio – quello di puntare sul corridoio dei due mari, che va da Rotterdam/Anversa a Genova passando attraverso la Svizzera».
La Confederazione, spiega Ratti, «non vuole certo ostacolare la costruzione di nuove opere ferroviarie fuori dai propri confini: è però chiaro che l’Italia e l’Europa avrebbero tutto l’interesse a sfruttare l’investimento dell’Alptransit, realizzato e pagato interamente dalla Svizzera ma di cui beneficerà l’intero continente».
Da parte elvetica, per ottenere le essenziali opere di collegamento, «è fondamentale fare di tutto per richiamare l’attenzione italiana su quanto costruito nella Confederazione. Si devono mostrare i cantieri, discutere con i vari attori, spiegare l’importanza strategica delle infrastrutture».
Un passo indietro
In Svizzera il consenso attorno ad Alptransit è stato formato grazie a un lungo lavoro di discussione e adattamento del progetto, in modo tale da ottenere l’indispensabile approvazione di autorità cantonali e comunali.
Al riguardo, rileva Ratti, «non mi risulta che una delegazione della Val Susa sia mai venuta nel cantone Ticino per domandare agli abitanti dei comuni della Leventina come è stato possibile trovare un accordo che ha portato all’accettazione di Alptransit».
Ma forse non tutto è perduto: «Siccome per la Torino-Lione non vi è urgenza pianificatoria, invece di procedere a tutti i costi sarebbe opportuno fare un passo indietro e dedicare tutto il tempo necessario a convincere la popolazione, presentando l’aspetto utile della nuova opera, ovvero la sostituzione della vecchia ferrovia esistente».
Gli ecologisti italiani criticano l’impatto paesaggistico (grandi viadotti) e ambientale (possibile dispersione di fibre di amianto in seguito agli scavi) dell’opera Torino-Lione. In Francia, le organizzazioni ambientaliste della regione toccata – la Val Maurienne – hanno posizioni diverse: alcune (come i sindacati CGT e UMP) sostengono che l’opera è necessaria per poter togliere le merci dalla strada, ciò che costituisce a loro parere la vera minaccia ambientale. Altre propongono invece un progetto alternativo (sfruttando il tracciato già esistente) che permetterebbe di ridurre notevolmente i costi, diminuendo gli effetti negativi e rendendolo accettabile anche per la parte italiana.
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