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Tre iracheni condannati per attività legate all’Isis in Svizzera

Per la prima volta in Svizzera è stata pronunciata una condanna per attività legate all'organizzazione terroristica Isis (l'autoproclamato Stato islamico dell'Iraq) Keystone

Il Tribunale penale federale (TPF) ha condannato oggi a pene detentive tre dei quattro iracheni accusati di essere membri o sostenitori dell'autoprocalmato Stato islamico dell'Iraq (Isis). È la prima condanna pronunciata in Svizzera per attività legate all'organizzazione terroristica islamica. La sentenza può essere impugnata.

Per i giudici del TPFCollegamento esterno è dimostrato che i tre condannati hanno cercato di introdurre in Svizzera informazioni, materiale e persone, in vista dell’attuazione di un attentato. Il quarto imputato, un ex imam, è stato prosciolto, poiché non è stata dimostrata la sua appartenenza a un’organizzazione criminale. Riceverà 1’092 franchi di indennizzo.

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Una presunta cellula dello Stato islamico davanti al giudice

Questo contenuto è stato pubblicato al I quattro uomini, di età compresa tra i 30 e i 35 anni, sono accusati dal Ministero pubblico della ConfederazioneCollegamento esterno (MPC) di partecipazione a un’organizzazione criminale, sulla base dell’articolo 260ter del Codice penale svizzero. I primi tre arresti sono avvenuti tra marzo e aprile del 2014; nel luglio del 2015 il procedimento penale è stato esteso…

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L’alta corte di Bellinzona ha ampiamente seguito la richiesta di condanna del Ministero pubblico della Confederazione (MPCCollegamento esterno), ma ha comminato pene meno severe. A due imputati ha inflitto 4 anni e 8 mesi di carcere, al terzo 3 anni e 6 mesi di prigione.

La Procura federale domandava una pena di sette anni e mezzo per due dei quattro imputati, ritenuti membri o sostenitori dell’Isis e accusati di aver pianificato un attentato terroristico. Per gli altri due chiedeva rispettivamente 5 anni e mezzo e 2 anni e mezzo di carcere.

I legali dei due imputati principali avevano chiesto l’assoluzione dai reati più gravi. A loro dire entrambi sarebbero stati colpevoli solamente di incitazione all’entrata illegale, quindi si attendevano soltanto pene pecuniarie sospese e perfino risarcimenti per i giorni passati dietro le sbarre; non vi era stata né pianificazione di un attacco terroristico né sostegno all’Isis.

Ricorso probabile

Contro la sentenza del TPF di Bellinzona può essere interposto ricorso al Tribunale federale di Losanna. Cosa che “molto probabilmente” farà l’avvocato del principale imputato, secondo quanto ha dichiarato egli stesso dopo la lettura della sentenza. Il legale ha spiegato che il suo cliente si aspettava una condanna, ma che la pena gli sembra troppo severa.

Il procuratore federale Michael Lauber si è invece detto “soddisfatto” e ha definito rassicurante il verdetto della corte di Bellinzona. A suo avviso, si tratta di non tollerare che si abusi dei valori di apertura della Svizzera. Il magistrato ha anche dichiarato ai giornalisti che la collaborazione tra la Svizzera e gli Stati Uniti ha avuto un ruolo “essenziale” nella vicenda. Egli ha ricordato l’accordo di cooperazione (Operative Agreement) firmato da Berna e Washington.

Tutta l’inchiesta della Procura federale era scattata nel marzo del 2014, in seguito a informazioni trasmesse dal Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) alla Polizia giudiziaria federale (PGF). Il SIC era stato allertato dai servizi segreti americani, secondo i quali un gruppo dell’Isis stava pianificando un attentato.

Lauber ha pure rammentato il “dilemma” che hanno dovuto affrontare gli investigatori, i quali hanno preferito privilegiare la sicurezza pubblica, e dunque arrestato gli indiziati, piuttosto che aspettare di avere altre prove a loro carico.

Il procuratore della Confederazione ha anche evocato l’incertezza che regna sulle sorti dei condannati una volta scontate le pene. Occorrerà trovare delle soluzioni, poiché è escluso che possano essere rimandati nel paese d’origine, a causa dei rischi troppo gravi in cui incorrerebbero.

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I dibattimenti del processo – svoltosi tra imponenti dispositivi di sicurezza – si erano aperti il 29 febbraio e conclusi il 3 marzo. I quattro uomini erano stati incriminati per partecipazione a un’organizzazione criminale, sulla base dell’articolo 260ter del Codice penale svizzero. I primi tre arresti erano stati compiuti tra marzo e aprile del 2014; nel luglio del 2015 il procedimento penale era stato esteso al quarto imputato.

Il processo consegna una fattura salata alla Confederazione: le sole indennità versate agli avvocati d’ufficio ammontano a circa mezzo milione di franchi.

L’articolo 260ter del Codice penale svizzero è in vigore dal 1994. Con questo paragrafo di legge la Svizzera intendeva dotarsi di uno strumento giuridico per lottare contro il crimine organizzato.

L’articolo recita: «Chiunque partecipa a un’organizzazione che tiene segreti la struttura e i suoi componenti e che ha lo scopo di commettere atti di violenza criminali o di arricchirsi con mezzi criminali, chiunque sostiene una tale organizzazione nella sua attività criminale, è punito una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria».

Nella prassi, però, questa norma si è rivelata poco incisiva. Nel gennaio del 2015, il procuratore federale Michael Lauber aveva dichiarato in un’intervista alla NZZ am Sonntag che l’articolo è difficile da applicare, poiché i criteri per stabilire l’appartenenza a un’organizzazione criminale sono troppo elevati.


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