Rimborso dell’IVA sugli acquisti in Italia? Una misura «ingiusta» denunciano i comuni di confine
Da anni, il turismo degli acquisti crea non pochi fastidi alle regioni di confine. Se i paesi limitrofi, come l’Italia, incassano i proventi di questo shopping, la Svizzera ha solo svantaggi, denunciano i comuni interessati: strade congestionate, inquinamento e perdite economiche. Un’alleanza tenta ora di far pressione sul governo federale.
Il 70% circa della popolazione svizzera fa occasionalmente la spesa nei supermercati oltreconfine; il 40% regolarmente. Secondo uno studio pubblicato mercoledì dall’università di San Gallo, le perdite per i negozi svizzeri supereranno i 9 miliardi di franchi per il solo 2017, il 10% in più rispetto al 2015.
A spiegare questo turismo dello shopping è soprattutto la differenza di prezzo tra la Svizzera e i paesi limitrofi. A ciò si aggiunge il fatto che i consumatori possono farsi rimborsare l’IVA per quasi tutti i prodotti acquistati nei paesi dell’Unione europea, facendo timbrare l’apposito modulo di esportazione alla dogana. La Germania autorizza il rimborso dell’IVA (al 19%) senza un importo minimo di acquisto, ciò che rende ancora più attrattivo il turismo degli acquisti. L’Italia, invece, ha fissato una soglia minima di 155 euro, la Francia di 175 e l’Austria di 75. Inoltre, se il valore della merce è inferiore ai 300 franchi, i consumatori non devono nemmeno pagare l’IVA in Svizzera.
Alleanza dei comuni di confine
Altri sviluppi
Le città di frontiera ne hanno abbastanza
A inizio estate, i comuni di frontiera hanno creato un’alleanza per lottare contro il turismo degli acquisti. Alla sua testa vi è Hannes Germann, che presiede tra l’altro l’Associazione dei comuni svizzeriCollegamento esterno e siede al Consiglio degli Stati (Camera alta) per Sciaffusa, cantone svizzero tedesco al confine con la Germania.
«Lo svantaggio diretto del turismo degli acquisti è da un lato il traffico e dall’altro l’esodo del potere d’acquisto. Ciò indebolisce il commercio al dettaglio locale e grava sui posti di lavoro», spiega il politico dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), autore di un’interpellanzaCollegamento esterno sul tema. Davanti alla Camera alta, mercoledì il senatore ha puntato il dito contro il governo svizzero, accusato di lasciare da soli i comuni di frontiera.
«Le autorità tedesche pretendono di subire le conseguenze del turismo degli acquisti, ma politicamente fanno tutto il possibile per attirare i clienti svizzeri e trarre profitto dal loro potere di acquisto». Hannes Germann cita ad esempio il fatto che alla dogana tedesca di Küssaberg, il personale incaricato di gestire il rimborso dell’IVA sarebbe aumentato di 50 unità.
Tutti dovrebbero pagare l’IVA
Nella lotta contro il turismo degli acquisti, Hannes Germann ritiene prioritario modificare la politica dell’IVA, che ritiene «ingiusta». «Sia in Svizzera che in Germania tutti i consumatori pagano l’IVA. Soltanto i furbacchioni con la mentalità del “meno costa, meglio è” che fanno spesa oltreconfine, ricevono l’IVA in regalo. È fastidioso, soprattutto perché non tutti hanno la possibilità di andare all’estero per fare shopping».
L’alleanza dei comuni di frontiera chiede pertanto di ridurre da 300 a 50 franchi la soglia minima di acquisti prevista per il pagamento dell’IVA svizzera. Secondo lo studio pubblicato dall’università di San Gallo, questa misura scoraggerebbe un quarto circa degli intervistati dal recarsi all’estero.
Il governo svizzero ha però ribadito più volte la sua opposizione a una modifica delle regole sul pagamento dell’IVA. In risposta all’interpellanza di Hannes Germann, il ministro dell’economia Johann Schneider-Ammann ha dichiarato di essere consapevole delle conseguenze economiche negative del turismo degli acquisti, ma che l’accento va messo sulla lotta contro i prezzi alti praticati in Svizzera. Un piano di azione in questo senso sarà presento prossimamente, ha affermato il consigliere federale.
La Svizzera, è bene ricordarlo, è il paese europeo più caro per beni alimentari e bevande non alcoliche, con prezzi del 73% più alti rispetto alla media UE.
Un fenomeno contro il quale si battono anche le associazioni dei consumatori, che nel settembre 2016 hanno lanciato un’iniziativa popolareCollegamento esterno, che sarà depositata ufficialmente alla Cancelleria federale il 12 dicembre 2017.
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