Un plurilinguismo da far fruttare
La Svizzera quadrilingue non deve scivolare verso un pericoloso monolinguismo: è questo il monito emerso da un congresso sugli scambi tra regioni linguistiche organizzato dall'Associazione Forum Helveticum.
In Svizzera, nonostante venga costantemente ribadito – a tutti i livelli – che il plurilinguismo è un valore aggiunto, sta invece prendendo piede un diffuso monolinguismo: è questa la constatazione espressa lo scorso 3 giugno da Jean-Frédéric Jauslin, direttore dell’Ufficio federale della cultura, in occasione di una giornata consacrata allo scambio di buone prassi per le fondazioni svizzere attive nel settore degli scambi tra le regioni linguistiche.
In occasioni sempre più frequenti, ha spiegato l’alto funzionario, si ricorre addirittura all’inglese per comunicare tra svizzeri, ad esempio tra francofoni e germanofoni.
Nel suo intervento, Jauslin ha quindi affermato la necessità di invertire la tendenza, visto che «le lingue sono la base dell’intesa tra le diverse regioni, e anche perché la lingua è soltanto la punta dell’iceberg: un idioma equivale infatti a una cultura, a una mentalità e a un modo di affrontare i problemi».
Passato e presente
Jean-Frédéric Jauslin ha ripercorso la storia della politica linguistica nella Confederazione, mettendo in special modo l’accento sulle istituzioni d’importanza nazionale quali Coscienza svizzera e appunto il Forum Helveticum.
Queste organizzazioni – e altre istituzioni analoghe – sono nate tra il 1910 e il 1970 circa, in un contesto caratterizzato dalle due guerre mondiali e da grandi cambiamenti a livello internazionale. In quel periodo, ha sottolineato il direttore dell’Ufficio federale della cultura, «la loro vocazione era dunque legata a un’ideologia di difesa e di rafforzamento dell’identità svizzera. I loro programmi proponevano temi come il federalismo, la democrazia diretta, la storia nazionale».
Nel 1996, in coincidenza con la revisione dell’articolo costituzionale sulle lingue, la Confederazione ha invitato le organizzazioni da lei sostenute a concentrarsi sulle attività volte a promuovere il plurilinguismo e la comprensione tra le comunità linguistiche.
A titolo di esempio, dal 2005 al 2006 Coscienza svizzera ha organizzato il progetto «4 lingue: un jolly svizzero». Una speciale «Tenda del plurilinguismo» è partita dal Ticino e ha fatto tappa in altre località del paese, prima di giungere nella capitale per la consegna del Manifesto delle lingue all’allora ministro della cultura Pascal Couchepin.
Scambi indispensabili
Dal canto suo, Sandra Maissen – responsabile della Fondazione ch per la collaborazione confederale – ha sottolineato che annualmente circa 15’000 allievi di scuola media o medio-superiore effettuano scambi linguistici all’interno della Confederazione. Una cifra che non va minimizzata, ma comunque insufficiente rispetto all’interna massa di studenti.
Sulla stessa lunghezza d’onda il direttore di Forum Helveticum, Paolo Barblan, interpellato da swissinfo: «Gli scambi di allievi non dovrebbero costituire l’eccezione, bensì la regola. Sarebbe fondamentale che ciascun studente terminasse il proprio percorso scolastico avendo effettuato almeno un’esperienza in un’altra area linguistica del paese».
A suo parere, anche una sola settimana di scambio presenta molteplici benefici: «Ovviamente ciò non è sufficiente per apprendere una nuova lingua, ma si ha comunque l’opportunità di scoprire una nuova cultura, una nuova maniera di vivere e riflettere all’interno dello stesso paese». Inoltre, questa esperienza può far nascere presso i ragazzi la voglia di scambi di durata maggiore, da concretizzarsi magari durante gli studi superiori.
A quanti sollevano perplessità di tipo finanziario, Barblan ricorda che la Svizzera offre in uno spazio geografico contenuto la possibilità di scambi linguistici a costi davvero modesti, e quindi democratici: durante tali scambi, gli allievi possono infatti vivere presso le famiglie della scuola d’accoglienza, utilizzandone le strutture.
Inoltre, aggiunge, sarebbe ipotizzabile un coinvolgimento dell’economia privata. Infatti – come ribadito anche da altri oratori – il plurilinguismo contribuisce alla competitività e quindi alla forza economica del paese.
Come nello spazio?
In merito all’uso delle lingue nella vita di tutti i giorni, Jean-Frédéric Jauslin ha fatto addirittura riferimento… al cosmo, e più precisamente alle prime missioni spaziali russo-statunitensi. In quell’occasione, infatti, era stata adottata la prassi di esprimersi nella lingua dell’altro.
Secondo il direttore dell’Ufficio federale della cultura, questa pratica – diversa da quanto avviene nella Confederazione e nell’amministrazione federale – presenta tanti vantaggi: «Chi parla si concentra maggiormente sul messaggio essenziale da trasmettere, chi ascolta può chiedere all’interlocutore di riformulare senza timore di offenderlo, a tutto vantaggio della chiarezza. E non da ultimo: le riunioni sarebbero molto più brevi!».
Andrea Clementi, swissinfo.ch
Il 4 giugno 2010, il governo ha varato l’ordinanza d’applicazione della legge sulle lingue. La normativa, volta a promuovere il plurilinguismo e la coesione nazionale entrerà in vigore il 1° luglio.
Essa fissa una quota di rappresentanza che i dipartimenti e la Cancelleria federale dovranno rispettare per i loro impiegati: 70% germanofoni, 22% francofoni, 7% italofoni e 1% romanciofoni. Le soglie per le minoranze latine potranno anche essere superate.
Per promuovere il plurilinguismo in futuro saranno stanziati 15 milioni di franchi all’anno: 5,5 sono destinati ai partner esterni, per esempio alle organizzazioni che favoriscono i contatti tra regioni linguistiche.
Lingua indicata come la meglio parlata nel censimento del 2000:
tedesco 63,2%
francese 19,2%
italiano 7,6%
romancio 0,6%
altre 8,9%
ll Forum Helveticum (FH) è stato fondato nel 1968 come associazione indipendente senza scopo di lucro. È nato con l’obiettivo di istituzionalizzare una «Conferenza nazionale sull’evoluzione delle idee in Svizzera».
Il FH conta attualmente come membri una sessantina di organizzazioni attive nei campi politico, culturale, confessionale, economico, civico o di utilità pubblica.
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