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Un “sì” rimetterebbe in discussione i rapporti con l’UE

Come molti altri settori, anche l'edilizia offre lavoro a molti lavoratori immigrati Keystone

Un’eventuale approvazione dell’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” potrebbe compromettere le relazioni con l’UE: l’introduzione di contingenti non è compatibile con la libera circolazione delle persone. Gli esperti prevedono tensioni e misure di ritorsione dalle conseguenze imprevedibili.

“Prevedo una grande incertezza dal profilo del diritto e forti pressioni da parte dell’UE contro la Svizzera”, dichiara Thomas Cottier, docente di diritto europeo e di diritto economico internazionale presso l’Università di Berna. “L’UE avrebbe infatti la possibilità di disdire l’accordo sulla libera circolazione delle persone e, con esso, tutti il pacchetto di trattati bilaterali”.

“Vi sono molti mezzi di pressione. Una disdetta dei trattati bilaterali sarebbe l’ultimo mezzo. Non credo che sarà una priorità per l’UE, penso piuttosto che adotterà delle sanzioni e che i rapporti tra Berna e Bruxelles subiranno un duro colpo”, ritiene Dieter Freiburghaus, politologo e specialista di questione europee. A suo avviso, in tal caso bisognerebbe aspettare a lungo prima di poter avviare nuove trattative, tra cui quelle su un nuovo quadro istituzionale per regolare i rapporti con l’UE, preannunciate dal ministro degli esteri Didier Burkhalter.

Le quattro libertà fondamentali

La posizione ufficiale dell’UE è nota: “I paesi membri non potranno mai accettare di separare la libera circolazione delle persone dalle altre libertà fondamentali. Spero che gli svizzeri possano capirlo”, ha dichiarato il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, in un’intervista alla Neue Zürcher Zeitung.

In altre parole, se la Svizzera non dovesse rispettare l’accordo sulla libera circolazione delle persone, verrebbero rimesse in questione anche le altre libertà fondamentali, ossia la libera circolazione di merci, servizi e capitali. “La libera circolazione delle persone è uno dei punti centrali dell’integrazione europea. Può essere paragonata alla libertà di dimora in Svizzera, introdotta con la Costituzione federale del 1848”, rileva Thomas Cottier. Fino a quell’anno, diversi ostacoli intralciavano la libertà di risiedere in un cantone o nell’altro della Svizzera.

Nel 1992, il popolo svizzero ha respinto la proposta di adesione allo Spazio economico europeo. In seguito a questa decisione, le autorità elvetiche hanno deciso di seguire la via degli accordi bilaterali con l’UE.
 
Nel 1999 la Svizzera e l’UE, formata allora da 15 paesi, hanno concluso un primo pacchetto di accordi bilaterali, destinati innanzitutto a garantire una reciproca apertura dei mercati.

Gli accordi bilaterali I, entrati in vigore nel 2002, concernono i seguenti settori: libera circolazione delle persone, appalti pubblici, agricoltura, ricerca, trasporti terrestri e trasporto aereo.

Nel 2004 Berna e Bruxelles hanno concordato un secondo pacchetto di accordi bilaterali, volti a rafforzare la cooperazione in altri settori.

Gli accordi bilaterali II, entrati in vigore tra il 2005 e il 2008, riguardano l’adesione della Svizzera ai trattati di Schengen e Dublino, la fiscalità del risparmio, i prodotti agricoli trasformati, i media, l’ambiente, la statistica, la lotta contro la frode, le pensioni, nonché l’educazione e la formazione professionale.

Dopo l’approvazione da parte del popolo svizzero del protocollo aggiuntivo sulla libera circolazione delle persone, gli accordi bilaterali sono stati estesi nel 2006 anche ai 10 paesi che hanno aderito all’Unione europea nel 2004.

Nel 2009 il popolo svizzero ha accettato il rinnovo dell’accordo sulla libera circolazione, giunto a scadenza il 31 maggio di quell’anno, e la sua estensione a Romania e Bulgaria, diventati membri dell’UE nel 2007.

L’UDC vuole dei contingenti

La Svizzera ha introdotto progressivamente dal 2002 la libera circolazione delle persone. Da allora giungono annualmente decine di migliaia di stranieri in Svizzera (oltre 80’000 nel 2013), di cui il 75% proviene dai paesi membri dell’UE. Troppi per l’Unione democratica di centro (UDC), che intende porvi freno con l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, sulla quale il popolo svizzero è chiamato ad esprimersi il prossimo 9 febbraio.

Il testo chiede di limitare l’immigrazione, fissando tetti massimi per stranieri e richiedenti l’asilo, e propone di rinegoziare con l’UE l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Secondo il partito di destra, il mantenimento di buone relazioni tra la Svizzera e l’UE non rientra soltanto nell’interesse della Confederazione, ma anche in quello dei Ventotto. La Svizzera si troverebbe quindi in una posizione di forza per negoziare con Bruxelles.

Decisione unanime

“Non si può mai prevedere come reagirà il nostro partner”, sostiene Thomas Cottier. “L’UE rappresenta un’istituzione molto complessa, ma anche pragmatica. Prevedo però che non voglia accettare concessioni in quest’ambito”. Secondo l’esperto, la prospettiva di nuovi negoziati “non è realitistica”. In caso di sì da parte del popolo all’iniziativa dell’UDC, “dal profilo giuridico la Svizzera potrebbe mantenere gli accordi bilaterali e limitarsi ad attendere una reazione da parte dell’EU. Vi è da supporre che Bruxelles disdica i trattati bilaterali. Per fare questo occorre però una decisione unanime da parte di tutti i membri dell’UE”.

Dal profilo pratico, a detta di alcuni osservatori a Bruxelles, è improbabile che i membri dell’UE disdicano gli accordi, dal momento che non tutti gli Stati sarebbero d’accordo. L’UE non resterà però con le mani in mano. “Senza una reazione, l’UE perderebbe la sua credibilità. Deve però difendere anche i suoi interessi. Delle sanzioni non colpirebbero solo la Svizzera”, dichiara una fonte dell’UE a swissinfo.ch.

Testo impreciso

Anche da parte svizzera, le conseguenze di un sì all’iniziativa non sono chiare. Diversi scenari sono possibili. “Da un punto di vista positivo, l’iniziativa è molto aperta. Da un punto di vista negativo, è formulata in modo molto impreciso”, ritiene Dieter Freiburghaus. Difatti, esige dei contingenti per limitare l’afflusso di cittadini stranieri, ma non indica delle cifre massime. Inoltre, i contingenti dovrebbero tener conto degli “interessi di tutta l’economia svizzera”.

È quindi ben possibile che, in caso di approvazione dell’iniziativa da parte del popolo, il governo e il parlamento stabiliscano dei contingenti “molto generosi e vasti, a tal punto che non porterebbero ad una limitazione dell’immigrazione”, osserva l’esperto.

Un “sì” all’iniziativa dell’Udc “contro l’immigrazione di massa”, in votazione il 9 febbraio, potrebbe avere conseguenze negative sui 427’000 cittadini elvetici residenti nell’Unione europea, avverte l’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE).

Una rinegoziazione degli accordi bilaterali potrebbe infatti rimettere in questione l’uguaglianza di trattamento tra cittadini svizzeri ed europei, che costituisce attualmente la norma, scrive l’OSE.

«Alla luce del fatto che l’UE è il primo partner economico della Svizzera, la presenza di nostri compatrioti in questi paesi rappresenta un’opportunità per la Svizzera, che può servirsi di una vasta rete di persone integrate nella realtà comunitaria, prosegue l’OSE. Queste persone possono inoltre spiegare il nostro sistema politico e difendere i nostri interessi».

Traduzione di Armando Mombelli

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