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Un voto di protesta contro Obama e tutta la classe politica

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama è stato sonoramente schiaffeggiato nelle elezioni di midterm Reuters

Il fallimento del presidente Barack Obama: è primis questa l'interpretazione che la maggior parte della stampa svizzera fa del risultato delle elezioni di "midterm" negli Stati Uniti, che hanno segnato la disfatta dei democratici e il trionfo dei repubblicani. Ma molti commentatori puntano il dito sull'intera classe politica americana.


Il fatto che alle elezioni di medio termine i repubblicani abbiano ormai conquistato la maggioranza anche al Senato e confermato quella alla Camera, è un “crollo, ma non una svolta”, puntualizza la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), pronosticando che “per il momento cambierà poco o nulla”.

Le cause del crollo sono complesse, ma “hanno un denominatore comune: Obama. I suoi avversari hanno saputo trasformare le elezioni in un referendum contro il presidente impopolare”, scrive il quotidiano di Zurigo. “Il suo comportamento nelle crisi di politica estera – per esempio nei confronti del gruppo terroristico dello Stato islamico –, ma anche la serie di disfunzioni nell’attuazione del nuovo sistema di assicurazione malattia o la risposta caotica ai casi di Ebola negli Stati Uniti, hanno dato l’immagine di un presidente poco previdente e che non ha sotto controllo gli affari di governo”, aggiunge la NZZ.

“Con un verdetto che non lascia spazio alcuno al dubbio, l’America ha congedato il sogno iniziato nel 2008 con il fortunato slogan «Yes we can» e via via trasformatosi in una paludosa melina fatta di incertezze, esitazioni, fraintendimenti, cui dovremmo aggiungere purtroppo anche un quantum di dilettantismo, oltre che una dose abbondante di sfortuna con l’ingresso sul proscenio di attori ansiogeni come il Califfato e il rischio di un attacco terroristico e la diffusione di Ebola. Minacce che la Casa Bianca ha colpevolmente sottovalutato”, scrive l’editorialista del Giornale del popolo (Gdp).

Anche per La Liberté, l’inquilino della Casa Bianca “paga in contanti la sua mancanza di leadership e le promesse non mantenute, in termini di riforme della società e della politica internazionale. Negli ultimi mesi ancora, non ha soddisfatto le aspettative di un paese che si sente attaccato da tutte le parti (lo Stato islamico, il virus Ebola e minorenni illegali)”. Nel commento intitolato “Un costume da Superman troppo largo”, il quotidiano di Friburgo osserva che, “nella terra di supereroi, Barack Obama è in definitiva solo un uomo tra gli altri. Un uomo con punti deboli sempre più evidenti a partire dalla fine del suo stato di grazia già a metà del primo mandato”.

Sotto il titolo “Il tramonto del mito di Obama”, l’editorialista del Corriere del Ticino rileva che “a Obama e ai democratici sono venuti a mancare gran parte dei sostegni di una coalizione fondamentale ed unica per le passate vittorie, ovvero quelli che fanno capo alle donne, ai neri e alle altre minoranze. Ma va anche detto che il rigetto di Obama si è tinto parallelamente di connotati razziali (troppo nero per i bianchi, troppo poco nero per i neri) tali da far considerare in certi ambienti, pur in maniera inconfessata, la sua presenza quasi insopportabile e da sovvertire la caratteristica positiva e di rottura che aveva invece alimentato l’entusiasmo di chi l’aveva portato alla ribalta”.

“La responsabilità politica principale di Obama è aver perso i voti di coloro (soprattutto le minoranze con la pelle di vari colori) che mai avevano, né mai avrebbero, votato se non fosse stato lui il candidato presidente, e che in questa occasione sono tornati a lasciar perdere, disillusi. Di nuovo, irrimediabilmente, distanti da un ‘sistema’ escludente e classista, dopo che Obama aveva fatto intendere che poteva anche andare diversamente”, gli fa eco La RegioneTicino.

Un elettorato frustrato dalla classe politica

“Sanzionare Barack Obama che, è vero, non è capace di condividere il suo progetto con gli americani come un Bill Clinton, e affidare le redini del paese a un Partito repubblicano lacerato e senza programma, è un modo di evitare la complessità del mondo e rassicurare a buon mercato”, stigmatizza Le Temps.

“Barack Obama ha commesso i suoi errori. Ma se paga a caro prezzo la sua politica, è perché ha trasformato il modo di concepire il ruolo degli Stati Uniti nel mondo. A volte è sicuramente troppo deliberativo, ma rifiuta la meccanica semplicistica dell’uso sistematico della forza difeso dal senatore repubblicano John McCain”, aggiunge il foglio ginevrino.

“Ma Barack Obama e i democratici non sono gli unici perdenti in questo voto di protesta. I sondaggi all’uscita delle urne mostrano che gli americani sono stati raramente così frustrati e disillusi da tutta la loro classe politica. Sono stanchi di un braccio di ferro di sei anni tra una Casa Bianca che non fa alcuna concessione e conservatori ossessionati dalla voglia di bloccare il presidente villipeso”, commenta la Tribune de Genève, che parla di “battaglia e vittoria all’americana”. E anche per il 24heures di Losanna, “gli americani ne hanno abbastanza della paralisi a Washington”.

L’accento è posto pure da L’Express sugli “sterili blocchi parlamentari che hanno opposto democratici e repubblicani al Congresso. Queste manovre politiche senza gloria sul tetto del debito, ad esempio, hanno fornito una pietosa immagine della classe politica”. Anche se – precisa il quotidiano di Neuchâtel – a pagare lo scotto sono soprattutto i democratici.

E adesso?

I commentatori elvetici guardano a quello che avverrà ora, avvertendo che per i trionfatori delle elezioni di midterm le difficoltà cominciano soltanto adesso.

Mentre per la Tribune de Genève, “la vittoria repubblicana è ben lungi dall’essere un trionfo portato da una rivoluzione interna e tanto meno una promessa per il 2016”, per i quotidiani zurighese Tages-Anzeiger e bernese Der Bund, il successo repubblicano è addirittura soltanto una “vittoria dei sabotatori”, che nella campagna elettorale di midterm “non hanno promesso altro che ostruzione”. Un parere condiviso dalla Liberté, secondo cui, “i repubblicani hanno trionfato al Senato senza programma politico. Ma con una sola cosa idea in testa: mettere in ginocchio il presidente”.

Resta aperto quale delle parti si comporterà d’ora in poi “tatticamente in modo intelligente”, scrive la NZZ. I repubblicani finora non hanno ancora “rivelato come useranno il loro nuovo potere”.

“Per incrementare i loro affari e voltare la pagina Obama, i democratici ora contano su Hillary Clinton, la vera vincitrice delle elezioni di medio termine. Ha dimostrato coraggio durante la campagna, andando a combattere in circoscrizioni già perse in anticipo”, scrive La Liberté.

Con i contributi di Olivier Pauchard e Andreas Keiser

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