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Una roulette cantonale per i richiedenti l’asilo

I richiedenti l'asilo costituiscono una manodopera a basso costo apprezzata soltanto da alcuni cantoni Keystone

La questione del diritto di lavoro per i richiedenti l’asilo divide i cantoni svizzeri. Per alcuni, queste persone in attesa di una risposta alla loro domanda di asilo sono una manodopera quasi indispensabile. Altri sono invece molto restrittivi per quanto riguarda i permessi di lavoro.

Dal profilo delle possibilità di lavorare può dirsi fortunato il richiedente l’asilo che durante l’esame della sua domanda da parte delle autorità viene ospitato dal canton Grigioni. Poche probabilità invece per coloro che sono sistemati nei cantoni di Berna, Basilea campagna o Giura.

Da un esame della statistica dell’asilo dell’anno scorso risultano chiaramente, a seconda dei cantoni, grandi disparità di trattamento dei richiedenti l’asilo, almeno per quanto concerne l’accesso al mercato del lavoro. Mentre nel canton Grigioni un richiedente l’asilo su tre lavora, a Berna o Basilea campagna solo uno su cinquanta. Nel canton Giura zero su cento.

L’iniziativa in favore ad un freno all’immigrazione, accettata dal popolo svizzero lo scorso febbraio, prevede delle limitazioni anche nel settore dell’asilo.

Non è ancora chiaro come questa iniziativa dovrebbe essere applicata. In base al diritto internazionale non possono essere imposti dei limiti al diritto di asilo per le persone la cui vita è minacciata.

I promotori dell’iniziativa intendono invece limitare l’accesso dei richiedenti l’asilo al mercato del lavoro. Secondo Martin Baltisser, segretario generale dell’UDC, bisognerebbe introdurre un contingente speciale solo per il settore dell’asilo.

Diritto uguale, prassi diverse

In base alla legge, i richiedenti l’asilo non hanno il diritto di lavorare nei primi tre mesi dopo la consegna della loro domanda di asilo alle autorità. Dopo di che, se il procedimento di esame della richiesta è ancora in corso, i cantoni sono liberi di accordare o meno un permesso di lavoro al richiedente l’asilo. Alcuni cantoni autorizzano quasi tutti a lavorare, mentre altri impongono praticamente un divieto di lavoro.

I cantoni dispongono di diversi mezzi per favorire o impedire l’accesso dei richiedenti al mercato del lavoro. Possono innanzitutto far ricorso alla clausola della precedenza nazionale, in base alla quale lavoratori stranieri possono essere assunti solo se nessuno svizzero – e nessun lavoratore dell’EU o dell’AELS – con le medesime qualificazioni è disponibile sul mercato del lavoro. Se questa disposizione viene applicata in senso stretto, è praticamente impossibile trovare un lavoro per i richiedenti l’asilo.

In secondo luogo il cantone può, a certe condizioni, prolungare il divieto di lavoro fino a 6 mesi. Oppure può utilizzare ostacoli indiretti, ad esempio, esaminare la domanda di lavoro in tempi molo lunghi, accordare permessi di lavoro solo per determinate categorie professionali o esigere una cessione del salario.

I cantoni applicano in modo diverso le norme legali sul diritto di lavoro per i richiedenti l’asilo. Ciò spiega le grandi disparità che emergono tra di loro. Le autorità grigionesi, ad esempio, ricorrono solo raramente alla clausola della precedenza nazionale, indica Marcel Suter, responsabile dell’ufficio cantonale della migrazione.

“Le esperienze fatte con i richiedenti l’asilo che lavorano sono piuttosto buone. Il mercato del lavoro di un cantone turistico, come il nostro, non può quasi più rinunciare al loro apporto”, sottolinea Suter. A favorire la loro integrazione nel mercato del lavoro vi è il fatto che il tasso di disoccupazione è molto basso nel canton Grigioni.

In Europa il diritto di lavoro per i richiedenti l’asilo viene regolato in modo diverso a seconda del paese. Tutti i paesi, ad eccezione di Irlanda e Lituania, accordano un diritto di lavoro nel corso della procedura di esame della domanda di asilo.

In alcuni paesi (ad esempio Gran Bretagna, Francia e Germania) questo diritto viene concesso a partire da un anno dopo la presentazione della domanda di asilo. In altri paesi (tra cui Italia, Spagna, Belgio, Danimarca, Italia e Polonia) il termine di attesa è di sei mesi.

L’accesso al mercato del lavoro è sottoposto a minori restrizioni in Svezia, Austria, Grecia e Malta. La Svezia non fissa alcuna limitazione, mentre in Austria vi sono delle restrizioni per alcuni settori. In Grecia e a Malta si applica la clausola di precedenza nazionale e i posti di lavoro disponibili sono piuttosto rari.

Volontà politica

La situazione sul mercato del lavoro non è l’unico fattore che condiziona le possibilità per i richiedenti l’asilo di svolgere un’attività retribuita. Anche la volontà politica svolge un ruolo determinante, fa notare Stefan Frei, portavoce dell’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati.

In sei cantoni con un tasso di disoccupazione piuttosto basso solo pochi richiedenti l’asilo lavorano. È il caso ad esempio del canton Berna, il numero di richiedenti l’asilo con un lavoro è dodici volte inferiore a quello del canton Grigioni. In base all’ufficio bernese della migrazione questo fatto è legato ad una stretta applicazione della clausola sulla precedenza nazionale.

Nel canton Berna, se vogliono dare lavoro ad un richiedente l’asilo, i datori di lavoro sono costretti a formulare una domanda completa di autorizzazione. E i tempi per ottenere un’autorizzazione sono generalmente più lunghi che in altri cantoni. “È probabile che queste premesse spingano molti datori di lavoro a rinunciare ai richiedenti l’asilo”, rileva Iris Rivas, responsabile dell’ufficio cantonale della migrazione.

Mezzo d’integrazione?

La prassi seguita dalle autorità bernesi viene sostenuta da Andrian Amstutz, deputato dell’Unione democratica di centro. A suo avviso, se il mercato del lavoro fosse troppo facilmente accessibile, la Svizzera sarebbe ancora più attraente per numerosi richiedenti l’asilo che lasciano il loro paese per ragioni economiche.

“Se lasciassimo lavorare tutti i richiedenti l’asilo, ciò si saprebbe molto rapidamente nel mondo attraverso le bande di passatori. Nell’interesse delle persone minacciate che avrebbero veramente diritto all’asilo, non possiamo permettere una cosa simile”, dichiara Amstutz.

Una visione non condivisa da Raphael Strauss, esperto di questioni di integrazione presso l’ufficio di consultazione sull’asilo delle Chiese svizzere. La volontà di collaborare dei richiedenti l’asilo rischia di diminuire, se non possono svolgere un’attività professionale. Inoltre le loro capacità e competenze si riducono se rimangono a lungo in attesa.

“Se ricevono poi una decisione positiva alla loro domanda di asilo o un permesso di soggiorno provvisorio, in molti casi dobbiamo ripartire da zero”, afferma Strauss. Quasi un terzo dei richiedenti l’asilo rimangono in Svizzera al termine della procedura di esame. È quindi più sensato integrarli dall’inizio nelle strutture della società.

Neuchâtel più liberale

Il canton Neuchâtel segue un’altra prassi, accordando ai richiedenti l’asilo un accesso quasi libero al mercato del lavoro. Nonostante un tasso di disoccupazione pari al 5,2%, le autorità cantonali non applicano la clausola della precedenza nazionale. Un richiedente l’asilo su otto svolge così un’attività lavorativa.

“Dobbiamo contare sulle prestazioni dei richiedenti l’asilo, dal momento che, in molti settori, non troviamo manodopera indigena disposta a fare certi lavori”, spiega Serge Gamma dell’ufficio cantonale della migrazione.

Da parte sua, Stefan Frei critica le disparità di trattamento che esistono tra i diversi cantoni. Ai suoi occhi, i richiedenti l’asilo dovrebbero essere integrati maggiormente nel mercato del lavoro, non da ultimo anche perché costerebbero meno allo Stato. “Non si può impedire ad una persona di lavorare per anni e poi trovare strano che si rivolga all’assistenza sociale”.

Traduzione di Armando Mombelli

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