Una strategia di sicurezza che dica sì ai jet da combattimento, no alle armi nucleari
La Svizzera ha preso posto questo gennaio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, proprio mentre si attende una nuova strategia di sicurezza nazionale da parte del Governo elvetico. Secondo l'ex diplomatico Beat Nobs, il Paese dovrebbe firmare il trattato sul divieto delle armi nucleari e intraprendere una politica di sicurezza che metta d'accordo la difesa e la diplomazia elvetiche.
L’aggressione della Russia contro l’Ucraina ha mostrato che in Europa è ancora possibile ricorrere alla guerra per fare politica. Anche nel XXI secolo, dunque, difendere la sicurezza della popolazione – con le armi, se necessario – resta una responsabilità centrale dello Stato.
Il Consiglio degli Stati (Camera alta del Parlamento svizzero) dovrebbe presto votare su una mozione riguardante la strategia di sicurezza e difesa del Paese, mozione presentata dal deputato del Consiglio nazionale (Camera bassa) Thomas Rechsteiner, dell’Alleanza del Centro. Se verrà approvata, come ci si aspetta, il Governo sarà obbligato a sviluppare una strategia onnicomprensiva che illustri come sarà garantita la sicurezza della Svizzera in futuro.
È quindi logico chiedersi: cosa deve essere ragionevolmente incluso in questa strategia e come deve essere strutturata?
Secondo me, una tale strategia deve contenere due pilastri: difesa e diplomazia. Una sfida è fare in modo che dei dipartimenti che agiscono in modo relativamente autonomo nelle questioni di politica di sicurezza, in particolare la Difesa e gli Affari esteri, si allineino. In futuro, il loro lavoro dovrà essere orientato più coerentemente verso una politica di sicurezza comune, così che non si ripetano dei battibecchi politici come quelli sul recente acquisto dei caccia militari statunitensi F35.
L’acquisto da sei miliardi di franchi dal fabbricante americano Lockhead Martin è stato tormentato da controversie, tra cui accuse nei confronti di membri del Governo svizzero per presunte irregolarità. Sono anche emerse delle divergenze d’opinione tra il Controllo federale delle finanze e l’Ufficio federale dell’armamento.
La parte riguardante la difesa nella nuova strategia dovrà, prima di tutto, affrontare le sfide concrete legate a un possibile conflitto armato in modo molto più pronunciato di quanto è stato fatto nei documenti precedenti. La guerra resta la missione principale di tutte le forze armate nel mondo. La nuova strategia dovrà dare risposta alle seguenti domande: quali scenari di conflitto sono possibili? Quale dottrina operativa deve ragionevolmente essere sviluppata dall’esercito svizzero? Di quali armi avrà bisogno? Infine: come interagirà e si integrerà la neutrale Svizzera con l’architettura di sicurezza europea, tenuto conto del fatto che oggi una politica di difesa completamente autonoma non è più realistica? Attualmente, le risposte a queste cruciali domande non sono chiare.
Il testo dovrà anche permettere alla Svizzera di rafforzare la capacità di difesa e la resilienza. A tal fine, dovrà mostrare in che modo potrebbero essere accorpati il servizio civile e la protezione civile – le attuali alternative al servizio militare. Dovrebbe anche valutare l’opzione di introdurre e regolamentare il servizio militare obbligatorio per le donne. Includere le donne nella coscrizione darebbe un contributo decisivo alla parità di genere e fornirebbe uno slancio ulteriore alla strategia. In Norvegia questo passo è stato intrapreso qualche anno fa e la leva obbligatoria gender-neutral gode di grande popolarità, anche tra le donne.
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Infine, il testo deve chiarire la problematica legata all’esportazione e alla riesportazione di armi e munizioni fabbricate in Svizzera. Secondo molti esperti ed esperte, il Governo ha interpretato con eccessivo zelo la legge sulla neutralità quando ha proibito alla Germania di consegnare all’Ucraina munizioni per il carrarmato antiaereo Gepard. Non bisogna permettere che questo si ripeta. La nuova strategia deve indicare una via d’uscita dal dilemma che sia percorribile nel rispetto del diritto internazionale. In alternativa, recenti rapporti suggeriscono che il Parlamento possa adattare e chiarire la Legge federale sul materiale bellico, recentemente rafforzata senza pressioni esterne.
Una seconda parte del documento dovrà essere consacrata alla diplomazia. Un maggiore impegno militare -nazionale e internazionale – deve essere accompagnato dall’impegno civile. È un aspetto che, in larga misura, è già realtà oggi. Tuttavia, degli aggiustamenti sono necessari. Il grande impegno della Svizzera per la pace è generalmente riconosciuto a livello globale e considerato un tratto di qualità della diplomazia elvetica.
Nell’ambito del diritto internazionale umanitario, in particolare, la Svizzera ha mostrato un forte e positivo impegno come Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra. I buoni uffici del Paese – anche se spesso eccessivamente interpretati nel dibattito pubblico nazionale nei termini della loro reale rilevanza – formano un altro importante elemento del pilastro della sicurezza civile.
Il seggio non permanente della Svizzera nel Consiglio di sicurezza dell’ONU nel periodo 2023-2024 è un’eccellente opportunità per il Paese di profilarsi a livello globale. Due delle quattro priorità che il Governo ha scelto per il primo mandato al Consiglio – mantenimento sostenibile della pace e protezione della popolazione civile – sottolineano questo aspetto.
Tuttavia, sullo sfondo di questa strategia duale (armamento militare da un lato, promozione della pace dall’altro), avrebbe senso per la Svizzera enfatizzare il suo impegno nel settore del disarmo. Un grande passo avanti andrebbe compiuto in questo ambito ratificando finalmente il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW).
Anche se le potenze nucleari si sono tenute a distanza da questo trattato – la sua rilevanza politica globale deve essere messa in prospettiva: non meno di 92 Stati hanno firmato finora il trattato e 68 l’hanno ratificato.
La flagrante minaccia russa di ricorrere alle armi nucleari a certe condizioni nella guerra in Ucraina ha ricordato al mondo quanto fragile sia la pace nucleare. Sarebbe d’uopo che la svizzera mandasse al mondo un doppio messaggio: i jet da combattimento come gli F-35 sono opportuni, le armi atomiche no.
Infine, è pertinente menzionare l’esempio della Nuova Zelanda: il Paese ha ratificato il TPNW ed è fortemente impegnato in seno all’ONU. Al contempo, si affida a una robusta capacità militare in cooperazione con l’Australia e con la NATO.
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Traduzione: Zeno Zoccatelli
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