Vertenza tra Svizzera e Italia: chi ha ragione?
Scudo fiscale, lista nera, perquisizioni, controlli alla dogana: la Svizzera è finita da anni nel mirino di Giulio Tremonti. Il canton Ticino ha ora reagito, bloccando il ristorno all’Italia delle imposte dei frontalieri. Le autorità ticinesi hanno ragione a rispondere in questo modo?
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Discriminazioni nell’ambito dello scudo fiscale, inserimento della Confederazione nella lista nera dei paradisi fiscali, perquisizioni delle banche svizzere in Italia, controlli con videocamere alle dogane: le misure adottate negli ultimi due anni dal ministro italiano dell’economia e delle finanze Giulio Tremonti hanno suscitato irritazione in Svizzera.
Reazioni dure sono giunte dal canton Ticino: «Fascetto Tremonti», «Tremonti Achtung!», «Mafialand» e «Italia paese fallito», si leggeva sul Mattino della domenica, l’organo della Lega dei ticinesi.
Per risolvere la vertenza con l’Italia, il governo svizzero sta cercando da tempo di rilanciare le trattative per la conclusione di un nuovo accordo di doppia imposizione fiscale, sul modello di quello negoziato con Germania, Fancia e Gran Bretagna.
Roma ha pero congelato i negoziati. Per Giulio Tremonti una normalizzazione dei rapporti con la Svizzera è possibile solo se Berna è disposta a cedere sul segreto bancario e a collaborare con l’Italia per identificare e tassare i cittadini italiani che hanno depositato il loro denaro nelle banche elvetiche.
La crisi si è riaccesa nelle ultime settimane, dopo la decisione del governo cantonale ticinese di trattenere la metà delle imposte alla fonte dei frontalieri italiani che lavorano in Ticino.
La misura che, sta mettendo in difficoltà diversi comuni italiani limitrofi, ha suscitato polemiche anche nel canton Ticino. Due denunce per abuso di potere sono state inoltrate nei confronti dei membri del governo.
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