La protezione contro l’omofobia sarà iscritta nel Codice penale
Discriminazioni e aggressioni basate sull'orientamento sessuale saranno punibili in Svizzera, alla stessa stregua del razzismo. Il 63% degli elettori ha approvato l'iscrizione dell'omofobia nel Codice penale svizzero.
Come proposto dal governo e dalla maggioranza del parlamento, i votanti si sono espressi in modo chiaro questa domenica a favore di una protezione dal profilo penale contro le discriminazioni e le aggressioni legate all’omo-, etero- o bisessualità di una persona o di un gruppo di persone. Finora il Codice penale svizzero prevedeva pene detentive e pecuniarie per atti pubblici o dichiarazioni discriminanti basate sull’appartenenza razziale, etica o religiosa, ma non sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere.
L’estensione della norma penale era considerata necessaria dal governo e dalla maggior parte dei partiti nazionali, per i quali la dignità umana rappresenta un valore fondamentale per la nostra società e comportamenti discriminatori violano i principi garantiti dalla Costituzione federale. La legislazione svizzera segue quindi l’esempio di paesi come la Francia, l’Austria, la Danimarca e i Paesi Bassi, i quali hanno già adottato leggi che consentono di punire l’omofobia in base al diritto penale.
La proposta di inserire l’omofobia nel diritto penale ha ottenuto massicci sostegni soprattutto nella Svizzera romanda e nel Canton Ticino, dove i due terzi dei votanti hanno approvato la modifica del Codice penale. I “sì” superano il 70% nei Cantoni di Neuchâtel e del Giura e addirittura l’80% nel Canton Vaud. Da notare che nella Svizzera tedesca, l’estensione della norma penale è stata bocciata dai Cantoni di Uri, Svitto e Appenzello interno, tendenzialmente conservatori.
“Rafforzati i diritti delle minoranze”
I promotori della norma anti-omofobia si rallegrano per il risultato di questa domenica.
“L’odio e la discriminazione non hanno posto in Svizzera. È un grande segnale per tutte le persone interessate”, ha dichiarato il consigliere nazionale socialista Mathias Reynard, che nel 2013 aveva depositato un’iniziativa parlamentare in cui chiedeva di completare la norma antirazzismo, aggiungendo le discriminazioni basata sull’orientamento sessuale.
“Oggi non sono stati rafforzati solo i diritti delle lesbiche, dei gay e dei bisessuali, ma anche quelli di tutte le minoranze”, ha affermato Salome Zimmermann, copresidente dell’Organizzazione svizzera delle lesbiche (LOS). A suo avviso, “il risultato è un segno di fiducia. Il popolo svizzero dice: non vogliamo odio, vogliamo una società aperta”.
Secondo Matthias Erhardt, co-presidente del comitato nazionale per il “sì”, il voto di questa domenica servirà alla comunità LGBT per affrontare le battaglie future. In particolare, per giungere al matrimonio per tutti e alla registrazione sistematica delle aggressioni e discriminazioni legate all’orientamento sessuale – ancora oggi mancano dati statistici nazionali.
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“Vittoria straordinaria”
“Continueremo a difendere i valori cristiani”, ha dichiarato invece Hans Moser, presidente dell’Unione Democratica Federale (UDF), il piccolo partito ultraconservatore che aveva lanciato il referendum contro l’estensione della norma antirazzismo alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale.
A detta di Moser, l’esito di questo voto non va interpretato come un lasciapassare per ulteriori aperture social-liberali. Il suo partito intende battersi attivamente anche in futuro contro il “matrimonio per tutti” e contro l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali.
Secondo il collega di partito, Marc Früh, il risultato di questa domenica costituisce una “vittoria straordinaria” per un piccolo partito come il suo. Durante la campagna per il voto è stato però difficile comunicare alla gente il nocciolo della questione, ossia la difesa della libertà di espressione. Molti hanno temuto di dover prendere posizione contro gli omosessuali in generale.
Dichiarazioni o atti pubblici
In futuro saranno quindi vietati atti pubblici o dichiarazioni che ledono la dignità umana di una persona o di un gruppo di persone in relazione al loro orientamento sessuale, che creano in tal modo un clima di odio e mettono in pericolo la convivenza pacifica nella società. È punibile anche chi rifiuta a qualcuno un servizio destinato al pubblico a causa del suo orientamento sessuale.
La norma penale non si applica tuttavia a dichiarazioni o atti nell’ambito della cerchia familiare o degli amici. Non concerne neppure a dibattiti obiettivi in pubblico, che restano permessi.
Attualmente, l’autore di un’infrazione della norma antirazzismo rischia fino a tre anni di detenzione. Visto che questo tipo di reato è perseguito d’ufficio, le autorità dovranno intervenire quando vengono a conoscenza di atti di odio e discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Alle associazioni viene negato il diritto di essere parte in causa e di avvalersi dei mezzi di ricorso.
Attacco alla libertà di espressione
La modifica di legge approvata dal parlamento era combattuta da un referendum lanciato dall’UDF, un piccolo partito ultraconservatore che fonda le sue posizioni politiche su principi biblici. L’UDF, che aveva già combattuto nel 2004 l’unione domestica registrata di coppie omosessuali, era riuscita a raccogliere quasi da sola le 50 mila firme necessarie per il referendum.
Tra i maggiori partiti, solo l’Unione democratica di centro (UDC) si è schierata dalla parte dell’UDF. Le due formazioni politiche di destra hanno dato battaglia contro quella che definiscono una “legge museruola”, che costituirebbe una censura della libertà di espressione e di coscienza. Ai loro occhi, il Codice penale offre già una solida base legale per difendere qualsiasi cittadino in caso di ingiurie, minacce e calunnie.
Durante la campagna in vista della votazione, due comitatiCollegamento esterno sono scesi in campo per lottare contro il nuovo articolo di legge. Il primo era composto soprattutto di membri dell’UDF e dell’UDC. Il secondo era formato da persone LGBTIQ che dicono di volere gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini, ma non un trattamento speciale.
Va però notato che le organizzazioni LGBTIQ hanno sostenuto la proposta di modifica del Codice penale approvata dal parlamento. I loro membri si sono riuniti in un comitatoCollegamento esterno, che si batte per garantire una maggiore protezione di lesbiche, gay e bisessuali contro l’odio, la denigrazione e la discriminazione. Questo comitato era sostenuto da rappresentanti della maggior parte dei partiti politici nazionali.
La norma penale antirazzismo
L’articolo 261bisCollegamento esterno del Codice penale svizzero – la cosiddetta norma antirazzismo – è entrato in vigore il 1º gennaio 1995. È stato adottato dopo l’adesione della Svizzera alla Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 21 dicembre 1965.
In base a questo articolo è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria chiunque discrimina o discredita pubblicamente una persona o un gruppo di persone per la loro razza, etnia o religione. In futuro tale norma varrà anche per l’orientamento sessuale.
Sono punibili allo stesso modo coloro che incitano pubblicamente all’odio o propagano un’ideologia intesa a discreditare o calunniare sistematicamente persone o gruppi di persone per la loro razza, etnia o religione. Anche qui si aggiungerà in futuro l’orientamento sessuale.
L’articolo si applica parimenti a coloro che disconoscono, minimizzano o cercano di giustificare il genocidio o altri crimini contro l’umanità.
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