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Secco no degli svizzeri all’aumento delle pensioni

La democrazia diretta elvetica non allarga i cordoni della borsa per le pensioni: i votanti hanno rifiutato fermamente la proposta della sinistra di aumentare le rendite di vecchiaia AVS versate dallo Stato. Keystone

Unici al mondo a poter decidere se aumentare le pensioni versate dallo Stato, gli svizzeri oggi si sono fermamente opposti. Il 59,4% dei votanti ha bocciato l’iniziativa popolare "AVSplus" che proponeva un rincaro del 10% delle rendite di vecchiaia. Il paese esce però spaccato: il no è prevalso grazie alla maggioranza tedescofona, mentre i cantoni latini hanno votato sì.

L’iniziativa popolare “AVSplus: per un’AVS forteCollegamento esterno” era stata lanciata dall’Unione sindacale svizzera (USS) con l’obiettivo di compensare da una parte l’erosione delle rendite dell’Assicurazione vecchiaia (AVSCollegamento esterno) rispetto all’evoluzione dei salari e dall’altra parte il calo delle rendite della previdenza professionale (PP).

Trattandosi di una modifica costituzionale, per essere adottata necessitava il doppio sì del popolo e dei cantoni. Dalle urne è invece uscita una doppia maggioranza di no. 

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Frattura tra tedescofoni e latini

AVSplus in breve

Depositata nel dicembre 2013 con quasi 112mila firme valide, raccolte in meno di un anno, l’iniziativa “AVSplus: per un’AVS forte” proponeva un supplemento del 10% di tutte le rendite di vecchiaia. Questo avrebbe dovuto essere versato al più tardi dal 2018.

Attualmente la rendita individuale minima di vecchiaia (senza lacune di contribuzione) è di 1’175 franchi al mese, la massima è il doppio, ossia 2’350 franchi mensili, la rendita massima di una coppia è di 3’525 franchi al mese. Il supplemento sarebbe dunque oscillato tra un minimo di franchi 117.50 e un massimo di 352.50.

Governo e parlamento raccomandavano di bocciare l’iniziativa. La Camera del popolo l’aveva rifiutata con 139 voti contro 53 e un’astensione, la Camera dei Cantoni con 33 voti contro 9 e un’astensione. A favore si erano espressi i Gruppi socialisti e verdi, mentre tutti gli altri partiti l’avevano combattuta.

Benché numericamente il risultato sia chiaro, la Svizzera è tuttavia uscita dalla votazione divisa a livello linguistico-culturale, come già successo altre volte in passato su temi sociali: i cantoni tedescofoni hanno votato compatti contro l’iniziativa “AVSplus”, mentre quelli latini hanno votato a favore. Nei cantoni bilingui – Vallese, Friburgo e Berna –  e nei trilingui Grigioni hanno prevalso i no.

Uno strappo che potrebbe rivelarsi particolarmente difficile da ricucire, dato che proprio domani la Camera del popolo inizia a discutere il piano “Previdenza per la vecchiaia 2020Collegamento esterno“. Sul vasto progetto di riforme rischiano di scontrarsi nuovamente non solo le diverse ideologie politiche, ma anche le diverse sensibilità linguistico-culturali.

Per una riforma globale

In pratica la maggioranza dei votanti ha avallato la strategia governativa di elaborare il progetto di riforma “Previdenza 2020”, per garantire il finanziamento delle rendite nei prossimi anni, quando andrà in pensione la generazione del baby-boom.

Infatti, l’argomento che più ha convinto l’elettorato elvetico, secondo quanto emerso dai sondaggi realizzati dal gfs.bernCollegamento esterno, è proprio quello su cui ha battuto il chiodo sin dall’inizio il governo federale e che è stato condiviso dagli oppositori all’iniziativa: non si deve intervenire isolatamente sull’importo delle rendite AVS, ma occorre una coerente riforma globale del sistema pensionistico, per far fronte alle sfide legate all’invecchiamento della popolazione.

Il piano di riforma comprende una serie di modifiche che toccano sia l’AVS, sia la previdenza professionale, vale a dire il primo e il secondo dei cosiddetti tre pilastri su cui è basata la previdenza vecchiaia svizzera.

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Ingiusto e costoso

Su una maggioranza dell’elettorato ha fatto presa anche un altro argomento degli oppositori: la cosiddetta “distribuzione a pioggia” prevista dall’iniziativa sarebbe ingiusta, poiché così anche chi non ne avrebbe bisogno riceverebbe l’aumento della rendita di vecchiaia.

La metà degli intervistati crede d’altra parte che il costo dell’iniziativa – circa 4 miliardi di franchi all’anno dal 2018, che crescerebbero fino a 5,5 miliardi nel 2030 – non sia finanziabile. Non hanno invece convinto i calcoli dei promotori dell’iniziativa, secondo i quali per coprire questi costi basterebbe aumentare la trattenuta sugli stipendi per l’AVS di 0,8 punti percentuali – a carico per metà ciascuno tra salariati e datori di lavoro – e di un punto percentuale l’imposta sul valore aggiunto (IVA).

Solo su una minoranza ha attecchito l’argomento dei fautori dell’iniziativa, secondo cui l’aumento proposto sarebbe stato indispensabile per contrastare il continuo peggioramento delle rendite delle casse pensioni e dunque far sì che queste ultime insieme l’AVS consentano di mantenere in modo adeguato il tenore di vita abituale, come sancito dalla Costituzione federale.

Non lasciarsi tentare da estremismi

Uscito vincitore dall’esame delle urne, il ministro socialista Alain Berset, che combatteva l’iniziativa sostenuta dal suo partito, ha interpretato il risultato come la volontà popolare di “privilegiare la giusta via di mezzo”.

Un popolo svizzero consapevole delle sfide che attendono l’AVS e l’insieme del sistema pensionistico a breve termine e che vuole delle soluzioni equilibrate, ha sottolineato il ministro della socialità, mettendo in guardia contro le misure estreme.

Berset ha quindi esortato il parlamento a tenerlo ben presente nelle decisioni relative al piano di riforma “Previdenza 2020”, ricordando i falliti tentativi di riforma delle pensioni negli ultimi 20 anni. Solo soluzioni moderate otterranno le maggioranze necessarie in parlamento e alle urne, ha avvertito.

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Una lunga partita alle Camere

Fervente oppositore dell’iniziativa “AVSplus”, il capogruppo liberale radicale alle Camere federali Ignazio Cassis, che presiede la Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale, legge nel risultato odierno “la maturità” dei cittadini svizzeri i quali hanno capito che non vi sono soluzioni semplicistiche nell’affrontare l’enorme sfida demografica.

Secondo il deputato ticinese, la buona strada per affrontare il problema della previdenza è quella seguita attualmente dal parlamento. Ma gli svizzeri dovranno dar prova di pazienza, perché “vi sarà una grande partita di ping pong fra le Camere”.

Persa una battaglia, ma non la guerra

Una partita accesa che la sinistra è ben determinata a giocare fino in fondo, nonostante la battuta d’arresto odierna. Per il presidente dell’Unione sindacale svizzera e senatore socialista Paul Rechsteiner, il sostegno avuto nella Svizzera latina e il circa 40% di sì rappresentano un monito al parlamento: “tagli delle pensioni non entrano in linea di conto”.

Se la Camera del popolo, nel dibattito che comincerà domani sulla riforma della previdenza, abolirà l’aumento di 70 franchi dell’AVS introdotto dalla Camera dei Cantoni, l’USS “si opporrà con tutti i mezzi”.

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Premesse sfavorevoli

Se all’estero, dove risiede quasi un terzo degli attuali beneficiari di rendite di vecchiaia elvetiche, il secco rifiuto può forse apparire sorprendente, in Svizzera era atteso. Il risultato è in linea con i pronostici dell’istituto gfs.bern, che aveva condotto i sondaggi sugli intenti di voto, per conto della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR.

D’altronde anche gli schieramenti in campo nella campagna che ha preceduto il voto prefiguravano remote probabilità di successo per l’iniziativa. SostenutaCollegamento esterno dalle organizzazioni dei salariati e dai partiti di sinistra rosso-verdi, essa era invece combattutaCollegamento esterno dalle organizzazioni padronali e dai partiti di destra e di centro. In sintesi si era di fronte a un classico schema di antagonismo tra destra e sinistra, dal quale solitamente quest’ultima esce sconfitta.

Quella su “AVSplus” è la settima bocciatura popolare negli ultimi tre anni di un’iniziativa lanciata dai sindacati o dai socialisti. E non è l’unico smacco subito nelle votazioni federali odierne dalla sinistra, che anzi è stata sconfessata dai votanti su tutti i tre temi sottoposti al verdetto popolare.

“Previdenza 2020”

Invecchiamento della popolazione, riduzione del rapporto tra il numero di attivi e quello di pensionati e calo dei rendimenti degli investimenti mettono a dura prova anche il sistema pensionistico svizzero.

Il governo ha dunque elaborato un lungo catalogo di misure con l’obiettivo di garantire la sua sostenibilità finanziaria negli anni a venire, quando andrà in pensione la generazione del baby-boom, cercando al contempo di mantenere il livello delle rendite.

Il piano di riforma “Previdenza per la vecchiaia 2020” comprende modifiche di 15 leggi e della Costituzione. Il Consiglio degli Stati ha discusso il progetto nel settembre dell’anno scorso, apportandovi dei cambiamenti.

Il Consiglio nazionale se ne occupa ora: la sua commissione preparatoria fa molte proposte diverse dalla Camera dei cantoni. All’interno della stessa commissione sono inoltre state presentate ben 39 proposte di minoranze.

I dibattiti si preannunciano accesi. Appianare le divergenze tra le due Camere sarà una missione difficile. Alla fine il parlamento dovrà fare i conti con l’elettorato. E la benedizione popolare è tutt’altro che scontata.

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