“Manca la possibilità di agire in maniera preventiva contro il terrorismo”
La polizia potrà prendere misure preventive contro una persona potenzialmente pericolosa solo come ultima risorsa, dicono i sostenitori della nuova legge contro il terrorismo. La deputata liberale radicale Jacqueline de Quattro sostiene la nuova base giuridica, che sarà sottoposta a votazione popolare il 13 giugno.
Arresti domiciliari, obbligo di presentarsi a un’autorità, divieto di lasciare il territorio o di contattare determinate persone. La nuova legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT) fornisce alle forze dell’ordine ulteriori mezzi per intraprendere azioni preventive contro individui considerati pericolosi, ma che non possono essere oggetto di un procedimento penale.
Adottata dal Consiglio federale e dal Parlamento, la nuova legge è stata attaccata da un referendum. La Gioventù socialista, i giovani Verdi e Verdi liberali, il Partito Pirata e altre organizzazioni sono riusciti a raccogliere 140’000 firme contro questa base legale, che sarà sottoposta al popolo il 13 giugno. I suoi detrattori temono che aprirà la strada a detenzioni arbitrarie.
Membro della Commissione della politica di sicurezza della camera bassa, Jacqueline de Quattro ha sostenuto la legge durante i dibattiti parlamentari. La deputata del Partito liberale radicale (PLR/destra) ritiene che la legge sia necessaria per proteggere la popolazione. L’anno scorso, in Svizzera ci sono stati due attacchi di matrice jihadista: un accoltellamento fatale nella città di Morges, nel Canton Vaud, e un attacco con coltello nella città di Lugano in Ticino.
SWI swissinfo.ch: La nuova legge antiterrorismo avrebbe potuto evitare gli attacchi di Morges e Lugano?
Jacqueline de Quattro: Forse. Se contestualizziamo questi due attacchi, vediamo due cose. In primo luogo, l’estremismo di sinistra, di destra, nazionalista o religioso sta prendendo piede ovunque e purtroppo anche in Svizzera. Questo crea un terreno fertile per la radicalizzazione. In secondo luogo, gli autori erano già noti ai servizi segreti o alla polizia. Tuttavia, non si poteva intervenire prima che entrassero in azione. Attualmente manca la possibilità di agire preventivamente contro il terrorismo.
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Inoltre, questo tipo di misure, ad esempio i divieti di contatto o di lasciare il Paese, esistono già e hanno dimostrato la loro validità, in particolare nel campo dell’hooliganismo e della violenza domestica.
Il comitato referendario sostiene che la vaga formulazione della legge “può trasformare qualsiasi cittadino in una minaccia terroristica”. La popolazione svizzera deve preoccuparsi?
No, non deve preoccuparsi perché l’attività terroristica è chiaramente definita nella legislazione. Secondo la legge federale sulle attività informative, si tratta di “azioni tendenti a influenzare o a modificare l’ordinamento dello Stato, che si intendono attuare o favorire commettendo o minacciando di commettere gravi reati o propagando paura e timore”. La legge concerne quindi persone per le quali abbiamo indicazioni concrete e attuali sulla possibilità che commettano un atto terroristico.
La nuova legge è però stata fortemente criticata a livello internazionale. Il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, per esempio, ha evidenziato il “rischio di interferenze eccessive e arbitrarie nei diritti umani”. La Svizzera non dovrebbe tener conto di queste critiche?
Ne abbiamo tenuto conto stabilendo dei paletti. È possibile mettere qualcuno agli arresti domiciliari solo come ultima risorsa, cioè se tutte le altre misure sono fallite o non sono state rispettate. Inoltre, ci devono essere indicazioni concrete e attuali che la persona rappresenta una minaccia per la vita o l’integrità fisica di altri. Non basta avere dei vaghi dubbi. Non si può semplicemente dire: “Mi sembra che questa persona abbia un aspetto spaventoso, meglio tenerla d’occhio”.
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Una delle principali critiche dei suoi avversari è la mancanza di controllo giudiziario sulle misure di polizia. Non sarebbe necessario il controllo sistematico da parte di un giudice per prendere tali misure?
Un arresto domiciliare deve sempre essere approvato dal tribunale dei provvedimenti coercitivi. Le altre misure, come l’obbligo di partecipare a un colloquio socioeducativo, non sono misure coercitive e quindi non richiedono l’approvazione di un tribunale. Tuttavia, il Tribunale amministrativo federale può verificare la legalità di ogni misura ordinata.
“Sono i giovani minori a essere più a rischio di radicalizzazione e ad avere maggiori probabilità di passare all’azione.”
Jacqueline de Quattro, deputata liberale radicale
La legge include clausole che permettono di agire contro i minori. Non si tratta di una violazione dei diritti dei bambini?
Il Consiglio federale ha effettuato delle verifiche. Ci è stato assicurato che la Convenzione sui diritti dell’infanzia e la Corte europea dei diritti umani non proibiscono di adottare misure preventive di polizia nei confronti di bambini e adolescenti. Al contrario, la protezione della sicurezza nazionale è menzionata come una ragione legittima per limitare i diritti dei minori.
Le misure più leggere possono essere applicate a partire dai 12 anni, ma gli arresti domiciliari si applicano solo ai giovani a partire dai 15 anni. Sono infatti i giovani minori a essere più a rischio di radicalizzazione e ad avere maggiori probabilità di passare all’azione. Meno di un anno fa, un quattordicenne aveva preparato degli esplosivi per commettere un atto terroristico. [La ministra di giustizia e polizia Karin Keller-Sutter aveva menzionato il caso durante i dibattiti parlamentari, ndr]. Siamo riusciti in extremis a impedirgli di passare all’azione. Questi giovani devono essere protetti da loro stessi.
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Traduzione dal francese: Luigi Jorio
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