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Il futuro dei media pubblici svizzeri in questione

Una fattura della Billag
Ogni economia domestica in Svizzera deve pagare il canone radiotelevisivo annuale. Keystone

Gli svizzeri decidono domenica se continuare a pagare un canone per finanziare i media di servizio pubblico. Se l'iniziativa popolare "No Billag", che chiede di abolirlo, fosse accettata, ci sarebbe un vero e proprio terremoto nel mondo mediatico elvetico.

Attualmente ogni economia domestica paga 451 franchi all’anno per il canone di radio e tv. Questo scenderà a 365 franchi a partire dal 1° gennaio 2019. A partire da tale data, le aziende pagheranno un canone radiotelevisivo calcolato in base al loro giro d’affari. Esso andrà da 365 franchi all’anno per un fatturato annuo di 500’000 franchi a 35’590 franchi per un fatturato a partire da un miliardo di franchi.

swissinfo.ch SWI swissinfo.ch è un’unità aziendale della SSR. È finanziata per la metà tramite il canone radiotelevisivo “Billag” e per l’altra metà con un contributo della Confederazione, stanziato dal parlamento federale.

Gli introiti del canone sono utilizzati principalmente per finanziare le attività della Società svizzera di radiotelevisione (SSR). Una piccola parte serve anche a sostenere stazioni radiofoniche e televisive private che forniscono prestazioni di servizio pubblico.

Pagare quello che si consuma

L’iniziativa “No Billag” – dal nome della società che riscuote il canone per conto della Confederazione – è stata lanciata dalle sezioni giovanili dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) e del Partito liberale radicale (PLR, destra). Essa chiede che la Confederazione non riscuota più alcun canone a partire dal 1° gennaio 2019. Essa vieta inoltre alla Confederazione di finanziare programmi radiofonici e televisivi in tempo di pace.

Per i fautori dell’iniziativa, il sistema del canone radiotelevisivo è ormai superato. Nell’era dello streaming e dei social network, gli individui devono poter scegliere liberamente ciò che consumano e non più pagare una tassa obbligatoria per finanziare dei programmi che probabilmente non guardano o non ascoltano.

Secondo i sostenitori dell’iniziativa, la loro proposta non significherebbe la morte del servizio pubblico. Quest’ultimo potrebbe essere finanziato mediante la pubblicità e gli abbonamenti. Con l’abolizione del canone, il mercato audiovisivo diventerebbe più libero e competitivo, ciò che andrebbe a beneficio del pubblico, sostengono.

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Fine del servizio pubblico

Totalmente diverse, le previsioni degli oppositori. A loro avviso, se fosse accettata, l’iniziativa segnerebbe la fine dell’audiovisivo svizzero, poiché, eccezion fatta forse per Zurigo, un media non potrebbe sopravvivere senza aiuti statali in un mercato così piccolo e frammentato come quello svizzero.

Gli oppositori ritengono inoltre che la fine del canone radiotelevisivo segnerebbe la fine di una certa idea di una Svizzera multiculturale. Senza aiuti statali, probabilmente non ci sarebbe più copertura mediatica nelle aree periferiche o in quelle delle lingue minoritarie. L’abolizione del canone rappresenterebbe inoltre un duro colpo anche per il mondo culturale svizzero, soprattutto per il cinema.

“Last but not least”, gli avversari dell’iniziativa “No Billag” evidenziano anche un argomento economico. Con circa seimila dipendenti, la SSR è uno dei più grandi datori di lavoro del paese. La scomparsa di questa azienda provocherebbe quindi anche un terremoto economico.

Secondo i risultati dell’ultimo sondaggio condotto dall’istituto gfs.bern per conto della SSR, gli argomenti degli oppositori dell’iniziativa sembrano aver convinto la maggioranza dell’elettorato. Il 65% degli intervistati ha detto che metterà un No nell’urna.

Il dibattito sul finanziamento dei media di servizio pubblico ha luogo in diversi altri paesi europei. Il voto e la campagna sull’iniziativa “No Billag” sono quindi seguiti con interesse anche fuori dai confini elvetici.

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“Stranezza” tipicamente svizzera

Il popolo svizzero domenica è chiamato a pronunciarsi su un altro tema che desta attenzione all’estero. Ma in questo caso, la curiosità è legata al fatto che si tratta di una “stranezza”, praticamente possibile solo nella Confederazione.

Gli svizzeri sono sicuramente gli unici al mondo chiamati a scadenze regolari alle urne per decidere se rinnovare il diritto alla Confederazione di prelevare l’imposta federale diretta (IFD) e l’imposta sul valore aggiunto (IVA). Un diritto peraltro ancora a tempo determinato: per altri 15 anni. Se il popolo rifiutasse, lo Stato federale sarebbe improvvisamente privato dei due terzi degli introiti fiscali e non sarebbe più in grado di assolvere la maggior parte dei suoi compiti.

Ma questo scenario catastrofico è puramente ipotetico. Nessun partito rappresentato nel parlamento federale, infatti, raccomanda all’elettorato di rifiutare il Nuovo regime finanziario 2021. In entrambe le Camere federali era stato approvato senza nemmeno un voto contrario. E le inchieste demoscopiche della vigilia fanno presagire che supererà agevolmente l’esame delle urne. Nell’ultimo sondaggio condotto dall’istituto gfs.bern per conto della SSR, i Sì erano infatti saldamente in vantaggio, con il 74%.

Nei Cantoni

In concomitanza con le votazioni federali, in 14 cantoni e in molti comuni domenica i cittadini sono chiamati alle urne per decidere anche su temi di carattere regionale o locale. Alcuni di essi suscitano interesse a livello nazionale.

Nei cantoni di Svitto e di Friburgo i cittadini si pronunciano su due iniziative cantonali che esigono maggiore trasparenza sul finanziamento dei partiti politici. Un’iniziativa popolare analoga è stata depositata anche a livello federale. Il voto nei due cantoni sarà quindi un po’ un banco di prova per tutta la Svizzera.

Nei cantoni di Berna e di Zurigo l’elettorato vota su due iniziative che combattono il Piano di studio della scuola dell’obbligo, comune per i cantoni della Svizzera tedesca (Lehrplan 21). Esse chiedono di sottoporre i programmi scolastici al voto del parlamento cantonale, con la possibilità di impugnare il referendum e quindi portarli in votazione popolare. Iniziative simili sono già state sottoposte al voto in cinque cantoni. Tutte sono state respinte.

Nel cantone di Vaud i cittadini votano su un’iniziativa che chiede di istituire un’assicurazione obbligatoria per le cure odontoiatriche. In Svizzera le cure dentarie non sono rimborsate dall’assicurazione sanitaria di base. Ciò pone problemi finanziari alle fasce meno abbienti della popolazione.

Nella città di Ginevra i votanti esprimono il loro parere sull’iniziativa “Per delle Feste di Ginevra più brevi e conviviali”. Sostenuta solo da “Insieme a sinistra”, essa chiede di limitare ad un massimo di una settimana questa manifestazione, nota a livello internazionale, soprattutto nei paesi del Golfo. Gli obiettivi sono: comprimere i costi, ridurre i disagi provocati alla cittadinanza e coinvolgere maggiormente quest’ultima.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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