La controffensiva della Cina al Consiglio dei diritti umani
La Cina è stata al centro della sessione principale del Consiglio dei diritti umani a Ginevra. L'approccio "costruttivo e reciprocamente benefico" difeso da Pechino già l'anno scorso si è tradotto in una strenua e ripetuta difesa della sua politica nello Xinjiang. Le denunce delle violazioni commesse nei confronti delle minoranze musulmane nella regione autonoma sarebbero solo bugie, secondo la Cina.
È con l’insieme di Stati che tentano di mettere a tacere le critiche nelle sedi internazionali che i rappresentanti del governo cinese sono sbarcati a Ginevra per la 40esimaCollegamento esterno sessione del Consiglio dei diritti umani (UNHRCCollegamento esterno).
Mobilitazione dei paesi amici per vantare i meriti di Pechino, pressioni sugli altri diplomatici affinché non partecipino a riunioni in cui si criticano le gravi violazioni delle libertà e dei diritti umani in Cina, interventi di ONG agli ordini di Pechino e persino un’esposizione sul formidabile sviluppo dei diritti fondamentali nello Xinjiang organizzata dalla missione cinese a Ginevra e dalla China Society For Human RightsCollegamento esterno in un locale nei pressi della sala dell’UNHRC.
“Seguo i lavori delle istanze onusiane che si occupano di diritti umani dal 1980. Qui al Palazzo delle Nazioni non ho mai visto una tale forza di dissuasione dispiegata da uno Stato per soffocare le critiche”, osserva Adrien Claude Zoller, direttore di Ginevra per i diritti umaniCollegamento esterno, una ONG attiva nella formazione della società civile.
Stessa constatazione per John FisherCollegamento esterno, rappresentante a Ginevra di Human Rights Watch: “All’UNHRC non ho mai visto una pressione così forte e intimidazioni del genere su diplomatici e ONG da parte di un governo”. Un’attitudine denunciata dall’organizzazione a difesa dei diritti umani già nel 2017.
Agitazione cinese
Adrien Claude Zoller ritiene che l’azione della Cina a Ginevra sia stata eccessiva, ciò che ha minato la sua credibilità. L’agitazione della delegazione cinese, afferma, era dovuta al timore che all’UNHRC fosse presentata una risoluzione per la creazione di una commissione d’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang.
In effetti, è quanto chiedeva un’ampia coalizione di ONG prima della sessione dell’UNHRC, durante la quale il governo cinese era anche chiamato ad esprimersi sulle raccomandazioni formulate dagli Stati durante il suo terzo Esame periodico universaleCollegamento esterno affrontato lo scorso mese di novembre.
A questo proposito, il viceministro degli affari esteri della Repubblica popolare di Cina, Le Yucheng, aveva definito menzognere le informazioni che denunciavano l’esistenza di campi d’internamento nello Xinjiang, dove sarebbero detenuti un milione di kazaki, turkmeni e uiguri di religione musulmana, ovvero le minoranze etniche che vivono nella regione autonoma. Il viceministro aveva invocato gli attacchi terroristici commessi nella regione in passato: “Abbiamo dovuto adottare delle misure col sostegno della popolazione, in particolare la creazione di centri di formazione che non sono affatto dei campi di internamento”.
Benvenuti nello Xinjiang
Argomentazioni Collegamento esternoribadite durante la sessione a Ginevra ogni qualvolta che la Cina era chiamata in causa a proposito dello Xinjiang. E questo sin dall’inizio della sessione. Durante il suo discorsoCollegamento esterno, l’Alta Commissaria ONU per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha precisato di essere in discussione con il governo cinese per permettere “una valutazione indipendente delle accuse di sparizioni forzate e di detenzioni arbitrarie, in particolare nella regione autonoma uigura dello Xinjiang”.
Respingendo le accuse, la delegazione cinese ha invitato “chiunque desideri visitare lo Xinjiang a farlo, purché dia prova di onestà e di rispetto della sovranità della Cina”.
#SwitzerlandCollegamento esterno concerned over #HumanRightsCollegamento esterno situations in #VenezuelaCollegamento esterno (arrests during #protestsCollegamento esterno), #ChinaCollegamento esterno (so called “re-education camps” in #XinjiangCollegamento esterno), #TurkmenistanCollegamento esterno (#enforcedCollegamento esterno disappearances) and #SudanCollegamento esterno (arrests of #protestersCollegamento esterno). Full statement: https://t.co/4nhUUFhpTFCollegamento esterno #HRC40Collegamento esterno pic.twitter.com/vWCVlKxXa0Collegamento esterno
— SwitzerlandUN (@swiss_un) March 12, 2019Collegamento esterno
Una timida apertura accolta dalla missione svizzera all’ONU: “La Svizzera saluta la disponibilità della Cina ad acconsentire parzialmente l’accesso ai centri di rieducazione nello Xinjiang ad alcuni diplomatici e giornalisti. La Cina dovrebbe anche accordare un accesso senza impedimenti all’Alto Commissario e alle procedure speciali per condurre un’inchiesta indipendente”.
Risultato: nessuna risoluzione sulla Cina è stata depositata all’UNHRC. A nome dell’Organizzazione della cooperazione islamica, il Pakistan ha persino lodato la Cina per l’assistenza fornita ai suoi cittadini musulmani.
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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