Zeid Ra’ad Al Hussein: “Il compito dell’ONU non è di simpatizzare con gli Stati membri”
Ogni Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani apporta la propria esperienza e personalità. Zeid Ra'ad Al Hussein, che ha ricoperto la carica dal 2014 al 2018, non fa eccezione.
A differenza di uno dei suoi predecessori, Louise Arbour, che non preconizzava le condanne pubbliche delle violazioni dei diritti umani – “un grido nel vuoto”, secondo lei – Zeid Ra’ad al-Hussein era noto per la sua schiettezza. “Il compito dell’ONU non è di simpatizzare con gli Stati membri”, afferma. Per essere presi sul serio, sostiene, i funzionari e le funzionarie delle Nazioni Unite non devono avere peli sulla lingua.
Dalla Giordania a New York passando per la Jugoslavia
Zeid Ra’ad al-Hussein riconosce che, essendo cresciuto in un ambiente privilegiato in Giordania (è membro della famiglia reale giordana), non era destinato a una carriera nel campo dei diritti umani. “No, ero troppo immaturo e delinquente per pensare a idee nobili e profonde”, ammette.
Ma lavorare con la forza di protezione delle Nazioni Unite durante la guerra nell’ex Jugoslavia lo ha reso consapevole della brutalità di cui sono capaci gli esseri umani. Si è reso anche conto della natura spesso imperfetta della diplomazia delle Nazioni Unite. A suo avviso, è quando l’organizzazione si mostra troppo timida che le cose vanno male. “La mia esperienza nell’ex Jugoslavia mi ha insegnato che quando l’ONU pensa che la sua missione sia quella di farsi degli amici, produce risultati catastrofici”, afferma.
Ha quindi esitato quando gli è stato offerto il posto di Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani? Oggi ammette che non voleva necessariamente l’incarico. La sua intenzione era di lasciare l’ONU, ma di rimanere a New York. Invece è rimasto all’ONU e ha lasciato New York per Ginevra.
Per tutto il 2023, SWI swissinfo.ch ha celebrato il 75° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, un insieme di principi rivoluzionari e anche – curiosamente – il documento più tradotto al mondo. L’attuale Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, descrive la Dichiarazione come “un documento trasformativo… in risposta agli eventi catastrofici della Seconda guerra mondiale”.
SWI swissinfo.ch ha intervistato tutti gli ex Alti Commissari delle Nazioni Unite per i diritti umani (una carica talvolta considerata la più difficile dell’ONU) per conoscere le loro esperienze, i loro successi e le difficoltà incontrate.
Titoli a effetto
Con Zeid Ra’ad al-Hussein al timone, i giornalisti potevano aspettarsi di scrivere titoli a effetto. Nel 2014, nel suo primo discorso al Consiglio dei diritti umani di Ginevra, Zeid Ra’ad al-Hussein, il primo musulmano a ricoprire la carica, ha condannato senza riserve lo Stato Islamico, definendolo una “casa di sangue”.
A volte ha anche gettato uno sguardo critico su alcune delle più antiche democrazie del mondo, quando molte di esse sembravano vacillare, tendendo verso un populismo il cui messaggio era spesso razzista.
In un discorso del 2016 all’Aia, ha condannato i “demagoghi nazionalisti” come l’olandese Geert Wilders, la francese Marine Le Pen e il britannico Nigel Farage, accusandoli di creare un clima “carico di odio”.
E quando il candidato alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump si è detto favorevole alla tortura dei sospetti terroristi durante la campagna elettorale del 2016, Zeid Ra’ad al-Hussein ha dichiarato che la sua elezione sarebbe stata “pericolosa”.
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Qualche rimpianto?
Si è pentito di alcune delle sue dichiarazioni che hanno fatto notizia? A quanto pare no; ancora oggi ride in modo contagioso al ricordo del clamore suscitato dalle sue affermazioni su Donald Trump. Tuttavia, sottolinea, durante il suo mandato è stato fatto ogni sorta di altro lavoro, dalla Siria al Myanmar e al Venezuela.
Zeid Ra’ad al-Hussein ha una visione seducente delle Nazioni Unite. Secondo lui, l’organizzazione potrebbe esercitare un potere molto maggiore se la sua dirigenza avesse il coraggio di difendere i valori, i diritti fondamentali e il multilateralismo.
A chi teme che la sua visione sia irrealistica, Zeid Ra’ad al-Hussein risponde che nel momento in cui la Dichiarazione universale dei diritti umani celebra il suo 75° anniversario, l’obiettivo di base dell’ONU rimane, per certi aspetti, piuttosto modesto.
“Il nostro scopo è creare esseri umani migliori. È quello che cerchiamo di fare con i diritti umani, migliorare noi stessi e il nostro comportamento. Far sentire la nostra voce e usare mezzi non violenti per protestare contro condizioni fondamentalmente ingiuste e inique. Chi può contestarlo?”
Traduzione di Luigi Jorio
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