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La Svizzera cerca di riprendere piede a Damasco

Due bambini con la mamma seduti per terra in un angolo stanno mangiando, mettendo il cibo in bocca con le mani.
Una donna e due figli mangiano cavolfiore in una scuola abbandonata di Hamoria, nella Ghuta orientale, il 23 dicembre 2017. Keystone/EPA/Mohammed Badra

Con la recente apertura di un "ufficio umanitario" a Damasco, il ministero degli affari esteri ha posto la prima pietra per una rappresentanza diplomatica svizzera nella capitale siriana, secondo Hasni Abidi, specialista della regione, installato a Ginevra. Come altre cancellerie occidentali, Berna ha chiuso l'ambasciata nel 2012, all'inizio della guerra civile.

L’obiettivo dell’ufficio elvetico è di “migliorare l’accesso alle persone in difficoltà, accompagnare più efficacemente i progetti e ottimizzarne il coordinamento”, indica il ministero (DFAE) in una notaCollegamento esterno.

Attualmente l’ufficio “è installato in un albergo, come è consuetudine per altri attori e organizzazioni umanitarie a Damasco. La scelta di spazi adeguati per il medio e lungo periodo è ancora al vaglio”, ha precisato a swissinfo.ch il portavoce del DFAE George Farago.

“Solo una persona, il capo dell’ufficio umanitario, è attualmente sul campo. Egli è membro del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSACollegamento esterno) e ha una lunga esperienza di cooperazione internazionale in contesti difficili. Ha ricevuto le necessarie autorizzazioni e garanzie per svolgere il suo lavoro. Come tutti i collaboratori del DFAE all’estero, gode dell’immunità e dei privilegi diplomatici, anche se non è un dipendente del ministero. Inizialmente, si occuperà dell’assunzione del personale locale”, ha aggiunto il portavoce.

Dichiarazione maldestra?

In un’intervista rilasciata alla radio pubblica svizzera tedesca SRF, il delegato del governo elvetico all’aiuto umanitario, Manuel Bessler, che ha negoziato l’apertura di questo ufficio dal 2015, ha puntualizzato che “non si tratta di una rappresentanza politica o diplomatica”.

Tuttavia, nella stessa intervista, ha anche detto: “Ora abbiamo finalmente occhi e orecchie a Damasco. L’obiettivo è di attuare l’aiuto con le nostre organizzazioni partner [a cominciare dal Comitato internazionale della Croce Rossa, NdR]. Dobbiamo anche assicurarci che il denaro vada dove abbiamo concordato”.

Occhi e orecchie? L’espressione ha fatto sobbalzare Damasco, secondo Hasni AbidiCollegamento esterno, direttore esterno del Centro di studi e ricerche sul mondo arabo e mediterraneo (CERMAM) dell’università di Ginevra. “La formulazione è maldestra. È stata percepita malamente e fraintesa a Damasco [come una velleità di spionaggio, NdR]. Questo rischia di complicare il ritorno a Damasco”.

George Farago smentisce. “Non abbiamo alcun indizio in questo senso”, sottolinea il portavoce del DFAE.

Comunque sia, secondo Hasni Abidi, le difficoltà per il capo dell’ufficio umanitario sono ben lungi dall’essere state spazzate via. “Data la situazione molto instabile e la sfiducia delle autorità siriane, non ci si devono attendere risultati miracolosi nell’obiettivo perseguito, ossia il controllo dell’aiuto fornito dalla Svizzera”.

Un’iniziativa umanitaria e politica

Ciò nonostante, questo primo passo è importante sia per Berna che per Damasco. “Il ritorno della Svizzera, che ospita a Ginevra i negoziati ONU sulla Siria, è tutt’altro che un dettaglio trascurabile. È inoltre un elemento importante per Damasco, che consolida così il regime, poiché l’apertura di questo ufficio significa che si è disposti a trattare con il governo siriano. Questo non è necessariamente il punto di vista della Svizzera, ma poco importa: questa è la percezione delle autorità siriane”.

Il mandato puramente umanitario di questo ufficio non esclude dunque la dimensione diplomatica e politica dell’iniziativa svizzera, rileva Hasni Abidi. “Ufficialmente, questo ufficio non è una rappresentanza diplomatica. Ma non è una ONG che apre un ufficio a Damasco. Inoltre, l’aiuto umanitario richiede negoziati e dialogo con gli attori del conflitto, e questo a margine dell’azione umanitaria stessa. L’ufficio, di fatto, è una rappresentanza diplomatica, anche se in forma di bozza, e significa un ritorno politico della Svizzera a Damasco”.

Di fatto, in particolare in Siria, l’azione umanitaria è una questione altamente politica e militare. Soprattutto per Damasco, ma anche per i gruppi armati che si oppongono al regime di Bashar al-Assad. Cosa che le organizzazioni umanitarie hanno regolarmente denunciato.

L’ufficio svizzero di Damasco può dunque agevolare l’azione degli operatori umanitari che sono ancora ostacolati, come testimonia la drammatica situazione degli abitanti del Ghuta orientale, territorio nelle mani dei ribelli anti-Assad alla periferia di Damasco, assediata e bombardata dalle forze governative da oltre quattro anni.

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La Svizzera non è l’unico paese occidentale presente a Damasco. La Repubblica ceca ha sempre mantenuto la propria ambasciata, a differenza di altri Stati membri dell’Unione europea e della Svizzera.

“Ma la Svizzera non ha lo stesso profilo degli Stati dell’UE. Vuole approfittare del suo capitale di neutralità, benché Berna sia stata criticata dalle autorità siriane per aver chiesto davanti al Consiglio dei diritti umani che Bashar al-Assad sia processato per i crimini di massa commessi dal suo regime”, osserva Hasni Abidi.

Riprendere piede nei negoziati

Con questo ufficio, Berna pone una pietra miliare per il futuro. “La Svizzera vuole partecipare ai futuri negoziati con Damasco. Berna sa che l’aiuto umanitario può essere una leva molto importante per partecipare ai futuri negoziati. L’istituzione di questo ufficio sarà un test seguito attentamente. Se l’esperienza avrà successo, farà storia”, dice lo specialista del mondo arabo.

Seppur in secondo piano, la Svizzera è attiva nei laboriosi negoziati di pace sulla Siria, condotti a Ginevra sotto l’egida dell’ONU. Questo canale è stato di fatto emarginato dalla Russia, che trae vantaggio dagli errori diplomatici degli Stati Uniti nella regione e dalla diffidenza e persino dal rifiuto, da parte del presidente americano Donald Trump, dei negoziati multilaterali condotti in seno all’ONU. È “un atteggiamento molto dannoso per la Svizzera e per Ginevra in quanto piazza internazionale”, afferma Hasni Abidi.

(Traduzione dal francese)

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